Recensione libri

Recensione: “Proprio come te” di Nick Hornby

Titolo: Proprio come te
Autore: Nick Hornby
Editore: Guanda
Genere: Narrativa
Prezzo Cartaceo: € 17,10
Prezzo Ebook: €  10,99

Data di pubblicazione: 17 Settembre 2020

Lucy è un’insegnante di lettere, quarantaduenne, con due figli e un ex marito che con molta difficoltà cerca di essere almeno un padre decente. L’amica Emma le invidia la sua condizione di single, che – immagina – le consentirà ben presto di fare sesso con una persona con cui non l’ha mai fatto prima, e si impegna instancabilmente nel darle consigli non richiesti. Ma Lucy non è pronta per una nuova storia, o forse non ha nessuna voglia di cominciarne una con un uomo che, sulla carta, sarebbe perfetto per lei: divorziato, bianco, colto, di mezza età. Passa senza convinzione da un deprimente appuntamento al buio a una cena con uno scrittore un po’ troppo pieno di sé. Finché nella sua vita entra Joseph. È il ragazzo che lavora al banco della macelleria, ma fa anche il babysitter e l’allenatore di calcio. Però il suo sogno è diventare deejay. È troppo giovane per Lucy. È di colore. Ah, e forse voterà a favore della Brexit. Insomma, Joseph e Lucy non potrebbero essere più diversi, quindi tra loro non funzionerà mai. O invece sì?
Sullo sfondo di una storia d’amore piena di colpi di scena, arricchita da personaggi irresistibili perché incredibilmente veri, c’è la Londra divisa dalla scelta sull’Europa, che sembra spaccare il mondo in due: in famiglia, sul lavoro e in tutte le relazioni. Nick Hornby ci racconta, con la sua ironia sempre carica di profondità, che c’è un modo per vivere nelle differenze, per superare i pregiudizi, in amore come in politica. E che per fare un pezzo di strada insieme forse non è necessario, e nemmeno desiderabile, trovare qualcuno che sia proprio come te.

Quando ho voltato l’ultima pagina di questo romanzo ho provato una profonda soddisfazione letteraria, ma allo stesso temo anche un certo senso di inappagamento. Avete presente quel mix difficile da spiegare che a volte accompagna la visione di un film d’essay, in cui si riconosce la mano esperta del regista ma che risulta talmente lontano dai canoni tradizionali da lasciarci smarriti?

«E qualcuno, tipo, ha disapprovato?»
«Sì. Suo nonno.»
«Era razzista?»
«No. Era vegano. Non gli piaceva che lavorassi qui.»
«Sul serio?»
«No. Era razzista.»
«Okay. Ma io sto parlando, come dire, delle persone della tua comunità.»
La sua comunità. Lui voleva che la sua comunità fosse il posto in cui viveva, una comunità in cui rientravano anziane donne bianche, giovani musulmani, ragazzini lituani, ragazze di razza mista, genitori asiatici, tassisti ebrei. Ma non era mai stato così.

Lo stile di Hornby si ama o si odia: la scrittura sagace, ricca di metafore ruvide, affermazioni sottili e graffianti, ma soprattutto i dialoghi intelligenti, scattanti, vivi.

Il suo modo di raccontare è completamente fuori dai cliché, è geniale nel presentarci aneddoti e dettagli che trasmettono significati potenti (penso, ad esempio, a quante minuzie ha infilato in un appuntamento al buio di Lucy, per darci la sensazione che tutto fosse sbagliato, o a come è riuscito a esprimere l’attaccamento tra i protagonisti senza usare la parola amore).

«Sono affezionato sul serio ai ragazzi» disse Joseph. «E alla loro mamma.»
«Mi fa piacere. Anche noi siamo affezionati a te. Adesso devo solo inventarmi dei posti in cui andare.»
Nessuno aveva pronunciato le parole «Ti amo», notò Lucy, eppure ognuno dei due aveva trovato un modo di dire all’altro che era amato. Sembrava il momento giusto per finire.

Vedo Hornby come una sorta di scrittore verista: fa calare il lettore nella quotidianità dei personaggi, lo fa passeggiare nel loro ambiente, ascoltare i rumori di fondo. Poche le descrizioni o le interferenze emotive; entriamo in contatto con quello che pensano in modo asciutto, diretto, attraverso dialoghi serrati o commenti affilati. È in questo modo che percepiamo dubbi, sicurezze, aspettative, frustrazioni e perfino amore.

La scelta stessa degli episodi e dei personaggi da mostrare, che dà lo stesso risalto a quelli importanti come a quelli secondari (le chiacchiere dal macellaio, ad esempio) ricorda una telecamera a raso terra che cammina tra la gente e ascolta ciò che dicono e riprende quello che incontra, lasciando a noi il compito di montare le sequenze e farci un’opinione in merito. questo accade anche con le emozioni: vengono lasciate cadere davanti al nostro naso, sta a noi afferrarle, farle nostre, interpretarle, assaporarle.

«Mi dispiace.»
«Tu non sei il loro padre.»
«Lo so. Però.»
«Non lo sei. Niente però.»
«Allora che cosa sono?»
«Non sei neanche il loro patrigno. Sei una via di mezzo tra un fratellastro e uno zio acquisito. In entrambi i casi, non c’è parentela.»
Forse no, ma lui diventava più imparentato ogni giorno.

Hornby fa collidere Lucy e Joseph, due persone drammaticamente diverse. Lei è una quarantenne, separata con due figli. È un’insegnante e vive nel contesto piccolo borghese di Londra, con amicizie intellettuali e politicamente interessate. Joseph proviene dai quartieri popolari, poco più che ventenne e di colore, con grandi sogni ma tanti lavori precari.

Più che l’attrazione, la narrazione si diverte a sottolineare quei piccoli dettagli vivi, reali, quotidiani che stridono nel loro rapporto (ad esempio, lui non sa preoccuparsi del futuro, mentre lei teme di invecchiare ed è fin troppo consapevole che lui un giorno vorrà dei figli e avrà bisogno di una donna capace di darglieli).

La differenza di età, che solitamente nei romanzi rosa viene minimizzata e pare solo un pregiudizio da superare, qui emerge in tutta la sua realistica scabrosità. Emergono le idiosincrasie, quelle piccole cose difficili da conciliare, seppur superabili, come ballare in modo diverso, non frequentare la stessa gente, parlare di politica o essere ancora troppo acerbi per interessarsene.

«Hai detto la stessa cosa sulla Brexit, e non è successo niente.»
«La Brexit non c’è stata, ecco perché. E non ci sarà per un altro paio d’anni.»
«Esatto.»
«Cioè?»
«È la stessa cosa. Io non smetto di fare qualcosa perché ci aspetta un futuro terribile, in cui saremo tutti disoccupati e io non vedrò l’ora di fare figli con una donna più giovane. Che cosa dovrei fare tra adesso e allora?»
«Cercare una donna più giovane.»
«Ho ventidue anni. Qualunque donna più giovane io trovi adesso, non sarà la donna più giovane con cui avrò dei figli.» […] «Potete prendere delle decisioni insieme.»
«Senti, io non so molto di molte cose. Però i giovani se ne fregano di pensare al domani. Fumo. Pensioni. Cibo spazzatura. Tutto quanto. Vuoi stare con uno più giovane di te? Allora devi accettare questo fatto.»
Sembrava un consiglio appropriato per quei momenti. Lucy avrebbe cercato di ricordarsene.

Lo spaccato sociale acquisisce ancora più rilevanza dato che la storia si svolge in un momento storico molto particolare per gli inglesi, quello del referendum sulla Brexit. Nessuna spiegazione o giudizio, come ho anticipato: Hornby riesce a farci ascoltare le voci dei favorevoli e dei contrari permettendoci di avere un’idea di come possa essere stato possibile un risultato ritenuto imprevedibile dal resto d’Europa.

«Un momento» disse Cassie. «Lei passerebbe da un poster all’altro così?»
«Non me ne frega un cazzo, chiaro?»
«Non sa come voterà?»
«Io voto per andarcene. Troppa burocrazia. Troppi albanesi.»
«L’Albania non è nell’Unione Europea.»
«E allora chi c’è?»
«Spagna, Francia, Polonia, Irlanda, Germania, Italia… Vuole che glieli elenchi tutti?»
«Allora troppi polacchi.»
«Quindi perché metterebbe in vetrina un poster che dice il contrario?»
«Se tu sostieni che è meglio per gli affari, perché non dovrei?»
«Perché non è quello in cui crede.»
«Senti. Io non sopporto il fegato, però lo vendo, e voglio che lo comprino tutti. Che differenza c’è?»
«Il fegato non è una filosofia personale.»
«Per me sì.»
«Non amare il fegato è una filosofia personale?»
«Direi di sì. Ma io sono in primo luogo un uomo d’affari, e in secondo luogo un filosofo.»
In secondo luogo? pensò Joseph. Era una classifica decisamente generosa. Mark era più un ballerino classico che un filosofo. Ed era alto due metri, pesava cento chili e aveva più di cinquant’anni.

Concludendo, trovo che sia un libro interessante, di qualità, che contiene messaggi e approfondimenti di ampio respiro, confezionato in modo intelligente e istruttivo, specie per un aspirante scrittore.

All’inizio il sesso era felice, ma non buono, nel vecchio senso da Cosmopolitan. Joseph era troppo impaziente, e lei troppo legata a precedenti abitudini e procedure. Lei non fingeva che fosse successo qualcosa se non era successo, e alla fine Joseph volle sapere se ci fosse il modo di farlo succedere. Imparò rapidamente, e nel giro di pochi giorni o notti o incontri entrarono nell’Età dell’Oro.

«Ma è sufficiente?» continuava a chiedersi Lucy.

«Sufficiente per che cosa?» si rispondeva. La risposta arrivava sempre in fretta, come se lei volesse cancellare tutti i dubbi. Era felice, viveva in una bolla, e l’unico motivo per farla scoppiare era che le bolle non sono la vita reale. Ma le bolle rendevano la vita sopportabile, e il trucco era di gonfiarne il più possibile.

Review Overview

Articoli Correlati

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio