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Recensione: “L’amore e altre parole” di Christina Lauren

Care Fenici, oggi Dharma ci parla di “L’amore e altre parole” di Christina Lauren

Macy Sorensen ha ventotto anni ed è una donna ambiziosa quanto abitudinaria. Lavora sodo come tirocinante in pediatria e sta per sposare un uomo più grande di lei, separato e finanziariamente stabile. Ma quando si imbatte in Elliot Petropoulos, il primo e unico amore della sua vita, le sue certezze iniziano a vacillare. Un tempo Elliot aveva rappresentato tutto il suo mondo: prima il migliore amico con cui condividere libri, parole preferite, delusioni e scanzonati pomeriggi estivi, poi l’uomo che, dopo la morte di sua madre, aveva convinto il suo cuore ad aprirsi di nuovo, per spezzarlo la notte stessa in cui le aveva dichiarato il proprio amore. Undici anni dopo, Macy è una donna riservata, che tiene le persone a distanza e si dedica anima e corpo alla professione, ma il caso per lei ha in serbo altro, e rimette Elliot sul suo cammino… Ormai estranei l’uno all’altra, con i ricordi oscurati dalla sofferenza per ciò che è successo molti anni prima, entrambi hanno la possibilità di riscoprire le emozioni travolgenti del primo amore, quello che non si dimentica mai, a patto però di superare il passato e andare oltre sé stessi…

Signore e Signori devo confessarvi che scrivere questa recensione mi ha messa decisamente in difficoltà. Non perché questo libro sia scritto male, assolutamente non lo è, ma non è davvero il mio genere. Dopo avere sbirciato in giro le entusiastiche recensioni altrui, mi vedo costretta ad ammettere che non sempre un buon libro può piacere a tutti: il gusto personale gioca un ruolo fondamentale e in alcuni casi può arrivare a creare imbarazzanti divari tra un parere e l’altro in merito alla medesima lettura.

Alla soglia dei quaranta fuggo come la peste i libri in cui i protagonisti sono troppo giovani per bere alcolici ma questa volta sono incappata in una di quelle storie che, pur venendo definita come un Contemporary Romance è a tutti gli effetti la storia di due ragazzini che si conoscono alla soglia della propria adolescenza e dell’amore che li lega attraverso gli anni a dispetto della lontananza, del tempo e degli ostacoli ma soprattutto dell’incapacità di comunicare della giovane e traumatizzata protagonista. I protagonisti inoltre rimangono sostanzialmente dei ragazzini immaturi anche con il trascorrere del tempo e li ritroviamo, quasi immutati, a trent’anni. Decisamente NON il mio genere.

Trovo molto romantico, ma fondamentalmente troppo fiabesco, questo legame che scocca magicamente tra i due da bambini e, che come fossero due “eletti”, li unisce e li lega dapprima come migliori amici e poi come coppia. Il libro racconta in contemporanea due diversi piani temporali. Nel primo, quello presente, c’è una Macy al limite dell’asocialità patologica che incontra nuovamente il suo Elliot. Lui per quasi tutto il libro non farà altro che gravitarle intorno e trattarla come un artificiere maneggia una pericolosissima bomba innescata. Nel secondo piano temporale l’autrice ci illustra passo dopo passo il loro passato, dal loro primo incontro ancora bambini fino a arrivare lentamente al nocciolo della questione ossia perché non stanno più insieme. Per quale dannatissima ragione non si sono più nemmeno parlati per oltre una decade?

Sì perché i due amanti predestinati non si sono più visti per ben undici anni, durante i quali non si sa bene cosa abbiano fatto delle loro vite. Si presuppone che siano cresciuti ma da quello che si può vedere continuano indefessamente a comportarsi come due ragazzini zucconi, non dialogano, non si chiariscono, nulla di nulla, fanno semplicemente finta che vada tutto bene, sospirano e si struggono pensando e ripensando a quello che è successo: la cosa oscura che li ha divisi. Quale che sia il mistero, non ci viene svelato se non alla fine ma anche quando capiamo finalmente che cosa sia successo, la situazione tra loro non migliora in maniera percettibile.

La Macy del presente non riesce in nessun modo a esternare il tumulto di emozioni che la agitano nel profondo, mentre Elliot pare sempre più uno zerbino in attesa che lei smetta di batterlo e lo rimetta al suo posto. Ovviamente sempre a patto che lei scelga lui, visto che l’indecisa Macy al momento ha una relazione con un uomo bello, ricco e assolutamente apatico che sembra realizzarsi appieno facendo il padre e l’artista. Unico uomo al mondo che alla presenza di un rivale, non fa assolutamente nulla di nulla per marcare il territorio.

Ciò che maggiormente mi ha fatta riflettere in merito al mio voto, è il fatto che trascorrere tutto il tempo della lettura a dare mentalmente della cretina alla protagonista e dello zerbino al suo principe designato con un unico palpito di empatia suscitato dalla bistrattata ex, Rachel, evidenzia l’ovvio e cioè che qualche aspetto del romanzo non sia stato in sintonia con le mie corde inficiando il piacere della lettura. Peccato.

C’erano davvero così tanti spunti interessanti… una bimba, orfana di madre cui è rimasto solo un padre così chiuso nel proprio dolore da essere quasi incapace di amare, che incontra sul proprio cammino un’ingombrante e chiassosa famiglia greca composta solo da figli maschi. Immaginate una mamma chioccia, di quelle che troverebbero un pertugio nel loro grande cuore per qualsiasi essere vivente, incontrare una bambina orfana e sparuta che vive proprio accanto a loro e il legame che potrebbe nascere tra le due; le molteplici strade che questo incontro potrebbero aprire in merito all’evoluzione della piccola Macy… invece anche questo aspetto, così pregno di emozioni e possibili contenuti da elaborare, si risolve con poche parole, semplici rimandi al fatto che Macy a casa Petropoulos “si senta in famiglia”… inevitabile delusione da parte mia e relativa esclamazione: “tutto qui?”. Quanto potenziale ridotto in poche righe.

A rischio di cadere nel cliché, tutto risulta eccessivamente prevedibile, eppure le cose si complicano e solo qualche cenno, anche se superficiale, permette al lettore di subodorare la complessità dei pensieri, di immedesimarsi con i personaggi e nella storia in generale. A titolo di esempio può risultare vincente l’idea di voler creare un alone di mistero intorno al “fattaccio”, quello che scopriremo solo sul finire del libro, ma ci sono state tante, troppe, occasioni sprecate per giungere alla rivelazione.

La storia è bella e originale ma non è riuscita ad avvincermi, a coinvolgermi emotivamente. Non sono riuscita a comprendere Macy, la sua continua fuga, il suo essere incapace di affrontare il mondo. Avrebbe potuto essere un bellissimo romanzo sul lutto e la perdita ma, ancora una volta, l’argomento è stato semplicemente sfiorato e davvero per nulla approfondito. Anche la conclusione, a conti fatti, sembra sbrigativa: tutto quel tempo a descrivere le difficoltà di Macy nel gestire le relazioni, i suoi timori, le sue fissazioni poi in una sorta di benigna epifania, tutto si risolve come per magia. Davvero troppo inverosimile, talmente irreale da essere quasi ridicolo.

La mia è una recensione controcorrente, me ne rendo conto, forse questo è uno di quei libri per la cui lettura occorre avere ancora quelle magiche lenti rosa che ti permettono di credere all’amore delle fiabe, in cui tutto magicamente accade e anche le peggiori criticità alla fine si risolvono con arcobaleni e cuoricini. Molto probabilmente le mie lenti rosa glitterate oramai sono irrimediabilmente compromesse dalle esperienze della vita ma non sono riuscita a credere alla loro storia, non sono riuscita ad amarli, lei nemmeno mi è simpatica, una sorta di Meredith Gray davvero poco caratterizzata. Ribadisco il mio rammarico per l’occasione sprecata, la storia è originale, anche se decisamente inverosimile, scritta bene, ma ho percepito più trasporto per i paesaggi che per i personaggi.

Personalmente questa esperienza è paragonabile a quando il ragazzo della tua amica ti combina un’uscita con un suo amico, magari non uno bello come Brad Pitt in Vento di Passioni, o non tenebroso come Kal Drogo, ma una persona normalissima, carina. Sulla carta sembra tutto perfetto ma a fine cena, anche se avete passato momenti piacevoli, sapete benissimo che non gli darete il vostro numero e che molto probabilmente, ve lo scorderete nel giro di due giorni.

In conclusione, non posso dire né che sia un libro da leggere assolutamente né che non lo sia. Molte persone infatti lo hanno adorato, e non mi sento nemmeno di affermare che non mi sia piaciuto in toto; diciamo solo che se dovessi scegliere i libri da portare con me su un’isola deserta questo non si muoverebbe dalla libreria.

 

 

 

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