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Recensione :” La spinta” di Ashley Audrain

Titolo: La Spinta

Autore: Ashley Audrain

Editore: Rizzoli

Genere: Thriller psicologico

È la vigilia di Natale e Blythe è seduta in macchina a spiare la nuova vita di suo marito. Attraverso la finestra di una casa estranea osserva la scena di una famiglia perfetta, le candele accese, i gesti premurosi. E poi c’è Violet, la sua enigmatica figlia, che dall’altra parte del vetro, a sua volta, la sta fissando immobile. Negli anni, Blythe si era chiesta se fosse stata la sua stessa infanzia fatta di vuoti e solitudini a impedirle di essere una buona madre, o se invece qualcosa di incomprensibile e guasto si nascondesse dietro le durezze e lo sguardo ribelle di Violet. Quando ne parlava con Fox, il marito, lui tagliava corto, tutto era come doveva essere, diceva. Era cominciata così, o forse era cominciata molto prima, quando era stata lei la bambina di casa. Blythe ora è pronta a raccontare la sua parte di verità, e la sua voce ci guida dentro una storia in cui il rapporto tra una madre e una figlia precipita in una voragine di emozioni, a volte inevitabili, altre persino selvagge. Un tour de force che pagina dopo pagina stilla tutto quel che c’è da sapere quando una famiglia, per preservare la sacralità della forma, tace. Viscerale, onesto fino alla brutalità, “La spinta” è un viaggio ipnotico e necessario nella psiche di una donna a cui nessuno è disposto a credere.

 

 

Care fenici, rieccoci qui a parlare di un libro che ho appena finito: La Spinta, la prima opera di Ashley Audrain, è un Thriller psicologico in cui la protagonista racconta se stessa e gli eventi della sua vita e della sua famiglia. Son stata, come al solito, rapita dal titolo e dalla premessa: quando al genere thriller si accosta la parola psicologico per me è fatta, devo leggerlo.

È la Vigilia di Natale e Blythe è parcheggiata dinanzi a una casa, dove vive una famiglia perfetta, quella del suo ex marito, e l’unica ad averla notata è Violet, sua figlia, la quale immobile la fissa dalla finestra. E, da questo momento, inizia il racconto in prima persona della nostra protagonista, Blythe è una donna che ha un vissuto molto particolare e, in questa lunga lettera/confessione, parla al suo ex della loro storia dall’inizio fino a quell’istante e rivela ciò che pensa della loro figlia, strana, scostante e fredda. Lei crede che la ragazzina sia nata cattiva. Fox, il suo ex marito, invece crede che sia tutta una sua impressione e che il suo essere prevenuta abbia distrutto il loro rapporto sin dalla sua nascita. Ma sarà davvero colpa di Blythe? Forse non sa come essere una madre, considerando che la sua, di mamma, e sua nonna a sua volta non erano esattamente un grande esempio di maternità. O forse ciò che pensa di Violet è vero? Avremo modo di farci un’idea sia su tutta la storia di questa strana famiglia che delle due generazioni precedenti e non solo, scopriremo anche cosa ha portato queste donne a essere quel che poi son diventate.

Blythe è una donna innamorata di suo marito, è felice e si sente completa. Tutto va alla perfezione fino a quando non rimane incinta e nasce Violet. In un batter d’occhio cambia totalmente: è stanca, nervosa, non sa come rapportarsi con sua figlia, è pentita di aver scelto di concepirla, forse aveva ragione sua madre Cecilia che, prima di abbandonarla, le disse che le donne della sua famiglia non erano fatte per essere madri. La frustrazione della donna aumenta quando vede delle cose alquanto strane e scioccanti riguardo la bambina.

Violet, una bimba chiusa, fredda e totalmente distaccata dalla madre, è una piccola calcolatrice che sa fingere con il suo adorato padre e quando invece mostrare tutto l’odio che prova verso sua mamma.

Fox, dal canto suo, è un uomo che oserei dire menefreghista, sembra il marito e il padre dell’anno, ma mentre quest’ultima parte è forse vera, la prima no di certo. È totalmente ignaro di ciò che gli sta accadendo attorno, probabilmente volendo a tutti i costi vedere una famiglia perfetta e felice, anche se non lo è per niente. Ma facendo questo, ignora e incolpa sua moglie, privando, molto probabilmente, sua figlia dell’aiuto di cui avrebbe bisogno.

Questo è un libro difficile e tosto in alcune parti e potrei definirlo in qualche modo politically incorrect, perché mette a nudo le difficoltà dell’essere madre e di avere tutto il peso che tipicamente molte donne hanno una volta nato il bambino. La stanchezza che si accumula giorno dopo giorno, notte dopo notte, in bianco. Farsi in due per riuscire a conciliare tutto, casa, lavoro, bambini e rimanere una moglie presente e desiderabile, non è cosa da poco. Credo che tante donne si siano ritrovate nella situazione di pensare e chiedersi almeno una volta “ma chi me lo ha fatto fare?”, ma in poche lo ammetteranno, perché è un pensiero inaccettabile per la società.

Questo romanzo però va oltre il semplice porsi quella domanda in un momento di esasperazione, scava nella psiche di una donna debole, che non ha avuto alcun aiuto e alcun esempio di vita, che abitualmente proviene dai propri genitori. Spesso Blythe ha dei pensieri o fa delle azioni che ti fan chiudere il libro per un po’ perché, io da mamma quale sono, li ho ritenuti difficili da leggere ed elaborare. Ma, per quanto sia crudo in alcuni passaggi, è una realtà esistente, che vogliamo ignorare perché non ci appartiene, ma pur sempre una realtà.

Il libro è ben scritto, scorrevole e, nonostante i temi affrontati, ti porta a volerlo finire a tutti i costi, per comprendere appieno cosa sia accaduto e se la protagonista aveva ragione o meno.

Lo consiglio assolutamente ma, considerando quanto ho già detto, non credo possa essere adatto a chiunque, potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno.

 

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