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Recensione: “I testamenti” di Margaret Atwood serie Handmaid’s Tale#2

«Il nostro tempo insieme sta per cominciare, mio lettore. Può darsi che vedrai queste pagine come un fragile scrigno da aprire con la massima cura. Può darsi che le strapperai o le brucerai: con le parole accade spesso». Hai fra le mani un’arma pericolosa, caricata con i segreti di tre donne di Gilead. Stanno rischiando la vita per te. Per tutti noi. Prima di entrare nel loro mondo, forse vorrai armarti anche di questi pensieri: «La conoscenza è potere». «La Storia non si ripete, ma fa rima con sé stessa».

1-Il racconto dell’ancella

2-i testamenti

Col pane facevo sempre degli uomini, mai delle donne, perché una volta cotti li mangiavo, il che mi illudeva di avere sugli uomini un potere speciale. Mi era sempre più chiaro che, a dispetto degli istinti che secondo Zia Vidala avrei risvegliato, non avevo altri poteri su di loro.

I Testamenti è il seguito de Il Racconto dell’Ancella, un libro distopico in cui il governo degli Stati Uniti viene rovesciato con una dittatura teocratica, in cui le donne vengono private dei loro diritti e rese succubi degli uomini.

Gli eventi si collocano 15 anni dopo la conclusione del precedente, e protagoniste sono tre donne le cui storie iniziano separate e si intrecciano successivamente.

La storia ci mostra tre punti di vista differenti, approfondendo la nascita, lo sviluppo e la caduta della società galaadiana. Da un lato troviamo il diario di una fondatrice, zia Lydia: una donna che detiene una buona dose di potere e che nel precedente libro abbiamo stimato dal lato dei cattivi; dall’altro l’intervista a una ragazza, Agnes, nata e cresciuta a Galaad: ingenua e perfettamente inquadrata nei dettami della fede; infine una terza testimonianza, quella di Nicole, cresciuta in Canada con una cultura occidentale, che finalmente ribatte ed esprime a queste donne fanatiche lo stesso pensiero che passa per la mente del lettore.

La narrazione avviene come una sorta di testimonianza, orale o epistolare, direttamente raccontata dai protagonisti e successivamente recuperata da alcuni studiosi (che compaiono solo nel finale, come scusante narrativa per approfondire i richiami storici).

I Testamenti è una storia che ci parla dei grigi. Come in molti libri che approfondiscono periodi storici particolarmente cruenti, sappiamo che quasi mai le cose sono bianche o nere: ci sono, sì, i cattivi, ma ci sono anche tante persone che si comportano in modo negativo, perfino crudele, pur di sopravvivere, cercando di fare il “meno peggio” per piegare le cose in modo che non siano dannose prima di tutto a loro stessi, e poi, se possibile, anche ad altri.

L’ambientazione sociologica e temporale è perfetta, molto suggestiva e asfissiante: le costrizioni, gli obblighi, la pressione, la disuguaglianza, la segregazione, la sottomissione, il trauma del non sapere niente del sesso se non in termini di peccato si sentono e si percepiscono sulla pelle. Grazie al triplice punto di vista, si avverte lo stridere tra la nostra situazione quotidiana di vita e quella narrativa, così simile a quella di altre donne in altre parti nel mondo. Mentre nel primo libro il contrasto tra democrazia e dittatura si avvertiva solo sulla pelle della protagonista, che aveva vissuto sia il prima che il dopo, stavolta la dicotomia emerge dal contrasto tra la morale, le abitudini, i desideri, le opportunità delle tre donne protagoniste.

C’è un buon mix tra azione e situazioni di attesa, vita riflessiva, momenti di pianificazione e strategia. È chiaramente un libro di alto livello, sia dal punto vista della scorrevolezza e della ricchezza lessicale, sia nella capacità di rendere unici e sfaccettati i toni delle testimonianze delle tre protagoniste così culturalmente e anagraficamente diverse tra loro.

Un aspetto che mi ha stupito è stata la totale assenza della figura maschile, se non come soggetto totalmente negativo o pervertito.

Alcuni personaggi secondari fanno parte dell’organizzazione di liberazione delle donne MyDay, ma si tratta solamente di comparse: a differenza de I Racconti dell’Ancella, la sensazione è che agli uomini qui non venga data alcuna possibilità di redenzione rispetto alla cattiveria e alle caratteristiche da predatori e approfittatori che si vuole attribuire loro.

È stata una lettura interessante e meritevole, essendo Galaad un mondo pieno di contrasti e di sfaccettature tutte da scoprire, capace di dare risposta alle vicissitudini per alcuni versi lasciate in sospeso 30 anni fa dal primo romanzo.

Fino a quel momento non avevo mai davvero messo in dubbio la fondatezza e soprattutto la veridicità della teologia di Gilead. Se non avevo raggiunto la perfezione, mi ero convinta che era stata colpa mia. Ma nello scoprire quel che Gilead aveva snaturato, ciò che aveva aggiunto e omesso, temetti di perdere la fede. Se una fede non l’hai mai avuta non capirai che cosa vuole dire. Ti senti come se morisse chi hai di più caro al mondo, come se andasse in fumo ciò che fa di te quella che sei, e tu rimanessi sola come un cane.

 

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