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Recensione: “Colpa delle fate” di Dora L. Anne

Titolo: Colpa della Fate
Autore: Dora L. Anne
Genere: romance contemporaneo/ forbidden autoconclusivo
Pagine: n°380
Piattaforma: solo Amazon
Prezzo: € 2,99
Data di uscita: 29 giugno

Esiste l’amore senza etichette? Quello che arriva come un tornado, ti schioda da terra e ti rende libero dalle catene?
Adriel, a diciannove anni, non si è mai posta questo problema. Cantare è la sua vita. Poi, di colpo, un incidente cambia tutto. La famiglia e la voce vengono a mancare in un colpo solo. E, come se non bastasse, si ritrova catapultata nelle grinfie di Reed, socio del padre, che viene nominato suo tutore per il tempo necessario a definire la situazione.
Alcune battaglie rendono indistruttibili. Altre invece travolgono tutto, tanto che rimanere in piedi è impossibile.
È così che si sente la nostra protagonista.
Fragile. Sola. Incompresa.
Non è facile decifrare le ragioni del cuore, specialmente quando vent’anni di differenza sembrano troppi. E le malelingue tante.
O forse no? Forse l’amore ha un linguaggio universale per tutti. Basta chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dai sogni.

Ben trovate, Fenici!

Oggi vi parlo dell’ultimo romanzo di Dora L. Anne: Colpa delle fate. Da “pessima” lettrice quale sono, mi ha subito attratto la copertina, così ho immediatamente cercato la trama e, accidenti, ho pensato davvero che fosse un buon romanzo! L’ho letto in circa quattro ore, merito sia della brevità (circa 250 pagine di ebook), sia della scrittura fluida e coinvolgente.

Ma facciamo un passo indietro. Il libro parla della storia d’amore tra Adriel e Reed. Lei è la figlia ventenne di un affermatissimo imprenditore, lui è il quarantenne socio d’affari del padre. Insomma, non proprio una bella premessa. Aggiungete anche un incidente stradale in cui il padre cade in coma e la ragazza si becca una semplice slogatura, e il gioco è fatto! Eh sì, perché il previdente paparino, costantemente in pena per la dolce e ribelle figliola, ha decretato il suo socio Reed come tutore legale della ragazza.

Così, lei si trasferisce da lui, ma ancora non ha fatto i conti con la mania del controllo dell’uomo. Litigano dalla mattina alla sera, eppure, tra uno scontro e l’altro, i due si sentono sempre più vicini e, un po’ alla volta, finiscono con l’innamorarsi.

Ovviamente, la situazione non è semplice: oltre al coma del padre e, successivamente, la sua morte, c’è anche da valutare la questione dell’età e, anche, dell’eredità. Adriel, infatti, oltre a ricevere il 58% delle azioni della società, compiuti i ventuno anni, riceverà anche tutta la fortuna del padre. Non pensate subito male, però! Il bell’imprenditore Reed è già molto ricco di suo ed è più che soddisfatto del suo 30% delle azioni.

Insomma, tra alti e bassi, tira e molla, si giunge al tanto atteso lieto fine.

Ammetto che questo romanzo mi ha lasciata con non pochi dubbi. Primo tra tutti: Adriel ha vent’anni, perché diavolo ha bisogno di un tutore? Credo che questa sia stata un po’ una forzatura da parte dell’autrice, al fine di evitare polemiche e accuse qualora la protagonista fosse risultata minorenne (e ammetto che nemmeno io avrei tanto apprezzato la cosa). Però così è stato davvero strano. Ma vabbè, è un escamotage che può risultare funzionante, se non ci si fossilizza troppo.

Secondo forte enigma lasciatomi dal libro: perché, per una slogatura alla caviglia, una ragazza adulta dovrebbe avere un’infermiera e una sedia a rotelle? Mi è sembrato un tantino esagerato. Ok che sei ricca e puoi permetterti molte cose… ma non sei invalida, per la miseria!!!

Altra cosa che mi ha lasciato con qualche dubbio è la caratterizzazione dei personaggi. I secondari non sono quasi per nulla delineati, mentre i protagonisti… beh, diciamo che non mi hanno entusiasmata più di tanto. Lei è molto egoista ed egocentrica, assolutamente noncurante di chi la circonda; considerando il lutto, direte voi, ci può stare, ma l’ho trovata parecchio disturbante: solo perché soffri, non significa che puoi far del male a chi ti sta intorno e ti vuole bene.

Reed, invece, non mi ha dato affatto l’impressione di un ricco uomo d’affari sulla quarantina; spesso e volentieri era la stessa autrice a ricordarmi la differenza d’età tra i due, altrimenti personalmente non l’avrei minimamente percepita. Sinceramente, non saprei spiegarvene il motivo, più che altro è una sensazione che ho avuto.

La trama, inoltre, risulta alquanto “frettella”, diremmo a Napoli: è troppo rapida, con qualche piccolo buco, argomenti iniziati e mai affrontati e, soprattutto, decisamente sintetica. Ritengo che la storia abbia davvero un ottimo potenziale, ripeto che sinossi e copertina mi hanno letteralmente stregata, purtroppo l’autrice è stata così breve, da lasciarmi con l’amaro in bocca e un senso di insoddisfazione.

La scrittura, come dicevo prima, è fluida e così coinvolgente che trascina in una lettura tutta d’un fiato. Se solo la Anne si fosse presa più “spazio”, sarebbe stata una storia davvero stupenda, ricca di sensazioni ed emozioni che trasportano il lettore dritto nel libro, facendogli provare ogni cosa sulla sua stessa pelle.

Il romanzo è scritto interamente in prima persona, con i pov alternati dei due protagonisti. Nonostante siano presenti scene di sesso, queste sono descritte in modo un po’ fumoso, mai volgare, ma allo stesso tempo molto sensuali; questa è una caratteristica di pochi autori, ma che apprezzo davvero tantissimo: senza scendere nei dettagli, Dora L. Anne riesce a rendere appieno tutto l’erotismo del momento, provocando non pochi batticuori.

Consiglio la lettura a patto di non avere troppe pretese, ma al solo scopo di viversi appieno il momento e le emozioni.

Alla prossima, Fenici!

 

 

 

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