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Recensione: Il canto di Medusa di Claire Heywood

 

Titolo: Il canto di Medusa

Autrice: Claire Heywood

Editore: Newton Compton Editori

Genere: Retelling

Target:+14

Data di uscita: 2 maggio 2023

Il romanzo di un tragico delitto
Danae è fuggita a causa di una profezia: il figlio che porta in grembo, Perseo, provocherà un giorno la morte del padre, il re di Argo. Sola, incinta e lontana da casa, la principessa dovrà costruirsi una nuova vita in un modesto villaggio di pescatori.
Medusa, reclusa nelle profondità dei boschi insieme a un gruppo di donne note come Gorgoni, da sempre evita ogni contatto con il mondo esterno. Ma la sua solitudine è destinata a terminare il giorno in cui incontra nella foresta un uomo ferito: Perseo. Quando una tempesta di sabbia minaccia di distruggere il suo popolo, una tribù nomade del deserto, Andromeda sa che gli dèi esigono un sacrificio per placare la loro ira. È pronta a tutto, ma a scombinare i suoi piani arriva il giovane Perseo. La leggenda del grande eroe è una stella in ascesa nel firmamento, ma ci sono ombre che si nascondono dietro la sua abbagliante fama. Ossessionato dalla conquista della gloria, Perseo porterà violenza e distruzione nella vita di tre donne.
Dall’autrice del bestseller Le figlie di Sparta
Finalmente la verità nascosta dietro il mito greco

 

«Ti ho salvata», continuò Perseo con un filo di voce. «Non ti ho mai maltrattata. Ti ho tenuta al sicuro». «Ero al sicuro prima di incontrarti».

Straordinaria questa rilettura del mito greco di Perseo narrato dal punto di vista delle protagoniste femminili incontrate durante le sue avventure, in una rivisitazione storicamente realistica e credibile che lascia intuire che la leggenda che vede l’intervento degli dèi sia nata durante i vari passaggi del suo tramandarsi nei secoli.

Il romanzo tratta la storia di Danae (la madre di Perseo), Medusa e Andromeda, per concludersi in un ultimo atto che le porta tutte a compimento.

 

«Resterai qui finché il tuo grembo non genererà più frutti, finché non sarà rinsecchito e il sangue di donna prosciugato». E fu allora che tradì le sue vere paure. Suo padre non temeva lei, ma il suo corpo: la vita che poteva portare, la morte. La sua penetrabilità, quella fecondità così fatale. Non che fosse una minaccia nuova. L’aveva combattuta per tutta la sua vita. L’oracolo non aveva fatto che accrescerla, parlando di rischi ancora maggiori. In quel momento, Danae si rese conto che era finita.

La vita di Danae è davvero toccante. Una ragazza ingenua e sognatrice su cui il padre ha pieni poteri, perfino quello di rinchiuderla per la paura che possa accoppiarsi e dare alla luce un erede che finirà, secondo l’oracolo, per ucciderlo. Ironico che questi timori siano sorti prima ancora che Danae sapesse cosa sia l’attrazione o l’amore, e che proprio la ricerca di consolazione per la cattiveria e follia del padre abbia generato la reazione che tanto l’uomo voleva evitare. Fugge, alla fine, incinta e ripudiata, e cresce suo figlio da ragazza madre, sola, destreggiandosi meglio che può.

 

Non poteva negargli anche quello, dopo averlo già privato di tanto altro. Cos’era un po’ di sangue, se serviva a guadagnare consenso, orgoglio, e tutte quelle cose che lei non poteva dargli? Continuava a ripetersi questo mentre guardava il viso sorridente di Perseo. Ma in cuor suo sapeva che il prezzo da pagare era molto più alto. La sua innocenza.

 

Danae è la metafora di un genitore con un lato materno protettivo e soffocante le cui cure amorevoli non sono bilanciate da alcun lato paterno volto a stimolare l’autonomia. Perseo è la sua unica famiglia e Danae instaura con lui un legame simbiotico nel tentativo di tenerlo al sicuro e trasmettergli valori positivi di gentilezza, empatia, rispetto, affinché diventi un uomo diverso da quelli che l’hanno cacciata. Ma le buone intenzioni finiscono più che altro per “castrare” il ragazzo, che, troppo attaccato al cordone ombelicale, non ha occasione per dimostrare di essere cresciuto e che, senza una figura di riferimento maschile, matura una visione distorta del significato di virilità e di cosa serve per dimostrare di essere un “vero uomo”. Sono i desideri naturali di un adolescente che brama di spiccare il volo a dare inizio al viaggio di Perseo, una volta che Danae capisce che ha bisogno di fare le proprie esperienze.

La prima parte è un retelling che descrive il dolore del distacco vissuto dalle madri di adolescenti, un conflitto senza luogo e senza tempo.

 

«E siete solo donne?». Lei annuì. «E chi vi protegge?» «Ci proteggiamo da sole». «E chi sposate?» «Non ci sposiamo». Perseo rimase meditabondo per qualche momento. Poi si sporse verso di lei, la voce ridotta a un bisbiglio. «E come fate ad avere bambini?». Medusa lo vide posare lo sguardo su Halla, che spazzava il pavimento della grotta con la bambina legata al petto. «Ogni giorno il mondo dà alla luce una donna oltraggiata»

 

Ho adorato la storia di Medusa. Immagino non sia stato facile ridimensionare gli elementi fantastici che la caratterizzano nella mitologia, ad esempio la testa di serpenti, ma l’esito è riuscitissimo. In questa rilettura Medusa è una donna coraggiosa fuggita da una società maschilista e discriminatoria. Fa parte della tribù delle Gorgoni, una comunità tutta al femminile che dà rifugio a donne vittime di violenza, abusi o emarginate a causa di convenzioni sociali antiquate e ingiuste. Una ragazza convinta del proprio ruolo e della propria battaglia, ma allo stesso tempo tentata dal fascino dell’amore, di cui rimane vittima. Ha combattuto in ogni modo la brutalità dei cosiddetti “uomini veri”, e il Perseo che incontra potrebbe essere il bravo ragazzo di cui ha bisogno, quello ingenuo e amorevole che Danae ha educato. Se non fosse per il desiderio di essere accettato dagli adulti e dal suo grande orgoglio.

 

Ma tutt’ora c’era una parte di lei, sotto le cicatrici e la corona scintillante, che si sentiva sfregiata. «Corruttrice», l’avevano definita, come se fosse un veleno. Ma se lei era il veleno, allora lui era stato il serpente. Eppure non l’avevano punito. Non l’avevano rasato, umiliato, distrutto. L’avevano fatto solo a lei.

 

Una gran bella riflessione sul concetto di virilità e sui valori maschili a cui i ragazzi si ispirano nel loro percorso di crescita. Significati così diversi e contrapposti quelli che danno uomini e donne: Perseo che non vede l’ora di essere accettato per l’uomo che deve dimostrare di essere, e Medusa che invece lo apprezza proprio perché non lo è.

Medusa e le Gorgoni ci fanno sentire il loro passato doloroso che deriva da una società maschilista e prevaricatrice, ma scorre vivido il senso di orgoglio e indipendenza che le unisce. Il modo in cui si supportano a vicenda raccoglie la consapevolezza della solidarietà femminile di fronte a un disagio che dalla notte dei tempi non ha mai abbandonato le donne.

 

Non tristezza. Rabbia. Una rabbia accecante per la vita che le aveva rubato. Perseo non le aveva portato via soltanto la sua casa, la sua famiglia. Le aveva portato via il suo potere. Il futuro che si era costruita con le sue mani, il marito che aveva scelto da sola, la libertà per cui aveva tanto lavorato. Aveva spazzato via tutto brandendo quella spada.

 

La terza protagonista è Andromeda, una principessa libica di colore che ho trovato perfetta come immagine del “girl power”. Sa quello che vuole, ha il coraggio per ottenerlo, ma soprattutto vuole avere una voce ed essere ascoltata: è convinta di avere la forza e il diritto di farlo, non accetterà mai di sottomettersi, nonostante le avversità. 

Andromeda viene strappata dalla sua tribù e dal suo promesso sposo da Perseo, che non capisce o non vuole capire il suo no. Con pazienza, arguzia e abilità nel manipolare le persone riesce col tempo a riprendere il controllo della sua vita e a fare in modo di ritrovare una posizione di influenza, in modo da riuscire a farsi ascoltare. È una donna che dietro le quinte tira le fila delle gesta del marito potente, che sa quando e a chi può mostrare il proprio potere, e quando e a chi, invece, mostrare la facciata di ochetta sciocca.

 

No, se voleva sopravvivere, doveva scoprire che cosa desiderava davvero Perseo. Dare prova di sé, forse. Essere lodato e rispettato, questo era certo. E voleva lei, anche. Ne aveva percepito il desiderio la prima volta che l’aveva toccata, aveva sentito che voleva possederla. Ma ora che lo sentiva piagnucolare al buio, capì che ciò che desiderava davvero, che bramava con tutto sé stesso, era sentirsi voluto a sua volta.

 

Una piccola nota sull’ambientazione: il viaggio di Perseo attraversa alcune isole greche, la Libia, l’Egitto. Il modo in cui l’autrice ci fa entrare nella quotidianità di un popolo antico, anzi, diversi popoli incapaci di capirsi, è semplicemente tridimensionale. È capace di farci passeggiare tra gli odori e i rituali di un popolo nomade nel deserto o nella cucina di un villaggio di pescatori che non ha mai assaggiato carne; ci trasmette il fascino esercitato da un tempio semplice ma nel quale era vietato entrare, o di farci percepire la distanza fisica, linguistica, culturale, religiosa tra le provenienze dei protagonisti. Per alcune ore riusciamo a immergerci in un tempo antico e in un luogo assolutamente esotico.

 

«È questo che rende uomini?», chiese. «Abbattere i più deboli?». Danae vide lo sguardo di Perseo posarsi brevemente su Acrisio, le gambe anziane piegate contro la ghiaia, la veste sottile scossa dai brividi. «Questo farebbe di te un eroe?».

 

Ammetto che il viaggio dell’eroe di Perseo, in questa rilettura in  chiave decisamente insolita e stravolgente mi ha sorpresa davvero moltissimo. Perseo è un bravo ragazzo che crescendo, nel tentativo di dimostrare qualcosa a se stesso e agli altri uomini adulti, assume atteggiamenti sempre più disturbati e psicopatici. L’autrice ha totalmente rovesciato l’immagine di questo personaggio, che letto attraverso il punto di vista delle sue vittime femminili risulta per essere un anti-eroe per eccellenza. Un modo brutale per mostrarci quanto è vero che la storia la scrivono i vincitori. Perché la leggenda di un uomo narrato da altri uomini è passata attraverso i secoli con messaggi di virilità e di eroismo che leggono un solo punto di vista.

 

Aveva impedito che il figlio si macchiasse di un altro crimine, ma non poteva cancellare il male che aveva già commesso. Le colpe di cui si era macchiato lo seguivano ovunque andasse, suggellate da quella puzza intollerabile, da quel trofeo da cui non si separava mai e che pesava terribilmente nella sua sacca. Sarebbero state sempre una parte di lui, e Danae lo sapeva. Nessuna parola dolce poteva cambiare questo.

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