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Recensione: “Preghiera per un amico” di John Irving

Care Fenici, per voi oggi un grande classico letto da La Min: “Preghiera per un amico” di John Irving

Un giorno qualunque dell’estate 1953, con una palla lanciata durante una partita di baseball, Owen Meany uccide per sbaglio l’adorata madre del suo più caro compagno di giochi, John Wheelwright. Un’amicizia, quella tra i due ragazzi, singolare e resa speciale dall’unicità di Owen, che, incredibilmente minuto e dotato di un’eterea vocetta nasale, catalizza le attenzioni di chiunque lo incontri. Acuto e introspettivo, polemico e riflessivo, filosofo e fervido credente, è lui che, dopo la prematura scomparsa della madre di John, veglia sull’amico, inducendolo a terminare gli studi e a sfuggire all’arruolamento per il Vietnam. Owen Meany diviene così il ritratto di una creatura eccezionale, toccante, comica e al contempo fatale.

Avete presente quando un libro vi colpisce così tanto che potreste sottolineare ogni riga, vorreste dire tutto quello che vi ha trasmesso ma sembra che le parole non rendano a sufficienza l’idea che volete comunicare? Ecco un caso esemplare, vorrei che il mio cuore parlasse per me.

Oggi vi parlo di un libro molto particolare che viene proposto nelle scuole come lettura formativa ed è annoverato tra i ‘1001 libri da leggere’ ovvero, quei libri che per gli argomenti trattati, lo stile impeccabile e ciò che sono in grado di lasciare nel lettore devono, ad un certo punto della vita di ognuno di noi, essere letti. Preghiera per un amico è un libro molto intenso che cela significati profondi e mistici anche dietro agli aneddoti apparentemente più semplici. Non è stata la mia prima lettura di Irving ma il destino ha voluto che finisse nelle mie mani adesso, non un momento prima. Non posso dire come avrei accolto questo romanzo da adolescente o comunque in giovane età, sono però in grado di affermare che leggerlo in questi giorni, in questa fase della mia vita che è insieme un giro di boa e una prova da sostenere e cercare di superare, potrebbe definirsi il momento perfetto, per me. In realtà penso che romanzi simili possano essere letti più volte nel corso della vita ed essere assimilati diversamente perché il soggetto, il lettore, evolve nell’incedere della vita, accumula un bagaglio di esperienze che in qualche modo lo cambiano. Il testo resta il medesimo, siamo noi ad essere cambiati e ne assorbiamo nuovi aspetti, scopriamo particolari che ci erano sfuggiti o, forse, non era tempo di accoglierli prima. Mi viene in mente il piccolo principe, tutt’altro genere ovviamente, ma lo cito perché l’esempio calza: una lettura che si può ripetere nel tempo e, tuttavia, sorprenderci, affascinarci e donarci significati profondi, arricchendoci.

Preghiera per un amico è un romanzo narrato in prima persona da quello che si dovrebbe intendere il protagonista, John. Egli racconta in prima persona gli avvenimenti della sua vita tornando con la mente al passato, nei primi anni ’50 del novecento, con salti temporali in cui, ormai adulto, raccoglie le idee e riflette sugli eventi trascorsi. Irving attraverso una scrittura impeccabile che riesce ad appassionare nonostante l’argomento non sia propriamente leggero, ha la grande capacità di saper descrivere situazioni e personaggi con pochissimi termini, essenziali ma talmente calzanti, così magistralmente disposti da rendere fluido e armonico un testo che somiglia più ad una biografia che ad un romanzo. Una proprietà di termini che mi ha affascinata e resa più ricca.

Il romanzo è ambientato in America dagli anni’50 in poi. Parliamo di un Paese in grande fermento, ancorato al passato, alle tradizioni e decisamente poco inclusivo eppure pregno di ideali. Prossimo agli scandali politici che ne definiranno l’epoca e agli interventi militari in Vietnam, uno spaccato della storia di questo Paese con note nemmeno troppo celate da parte dell’autore, volte a criticare molti aspetti dell’America, espresse attraverso la voce di due personaggi in particolare ma anche attraverso l’uso di dati statistici passati sotto forma di conversazioni, dibattiti e veri scontri verbali sino all’utilizzo dei media.

Tutto viene narrato attraverso il punto di vista di una persona e si noterà come l’autore accentui la descrizione di determinati particolari preferendoli ad altri per meglio legarli all’età in cui quell’avvenimento viene vissuto, talvolta quello stesso episodio ricomparirà attraverso la memoria di John e vedrete che, così come egli è diventato uomo, altrettanto si evolverà il linguaggio come pure l’accuratezza dei particolari. È stato come vivere quegli anni e crescere con i protagonisti, un po’ come mi era successo con Forrest Gump. Attraverso una prosa semplice ma insieme ricercata ed evocativa, Irving ci accompagna lungo un periodo storico molto complesso della storia americana e riesce a farcelo percepire attraverso gli occhi di un bambino, poi un ragazzino, un adolescente e via così lungo la strada della vita. Personalmente mi ritengo una persona credente, ho fede e mi piace affrontare letture che affrontano queste tematiche: qui naturalmente il dibattito tra le varie Chiese è immenso e le sottili differenze di ogni credo non semplici da individuare. Ci sono critiche nemmeno poco velate verso la chiesa cattolica ed un’improbabile partenogenesi che è forse l’unica sbavatura di tutto il romanzo. Però una cosa posso affermarla senza indugio: è un romanzo che muove emozioni, che scuote i pensieri e li obbliga a mettersi in movimento per elaborare, accettare, a volte commuoversi e altre, sorridere: non può lasciarvi indifferenti.

Non è semplice parlare di un romanzo così particolare, ogni personaggio e la sua storia paiono intrecciati e perfettamente predisposti secondo un disegno superiore che vuole accompagnare il lettore verso una rivelazione. Molti personaggi mi sono rimasti impressi, alcuni in maniera negativa come il preside White o gli assurdi genitori di Owen altri mi sono entrati nel cuore come Tabby, la mamma di John che accoglie Owen nel suo cuore come fosse anch’esso figlio suo. Bellissima, solare, impossibile non amarla; ho ammirato la tenacia con cui desidera e cresce suo figlio, nato da padre ignoto (di più non posso dire) i segreti svelati gradualmente che la rendono ancora più umana e cara. Più di tutti ho ammirato Dan Needham, il patrigno di John. Un uomo che ha amato profondamente Tabby, ha saputo aspettare per poterla sposare e scopriremo anche perché e poi dopo appena un anno di matrimonio, la perde e resta solo. Non si risposerà mai più e per tutta la sua vita sarà padre di John, confidente, supporto emotivo punto di riferimento e per quel che mi riguarda una vera figura di riferimento sia affettiva che concreta. La delicatezza con cui lo accompagna durante i primi giorni dopo la perdita della mamma, la saggezza dei suoi consigli e la tenacia con cui lotterà al fianco suo e di Owen lo rendono uno dei miei personaggi preferiti in assoluto. Ultima nota prima di dedicarmi davvero a colui che è il protagonista di questo romanzo, riguarda la cugina di John, Hester. Strampalata, arrabbiata, politicamente impegnata e profondamente innamorata di Owen, Hester è un personaggio particolarissimo che si impara ad amare con il tempo ma che personalmente mi ha commossa molto per tutti i segreti che custodisce, per aver lottato a suo modo, sin che le è stato possibile, perché è una donna che ama oltre la consuetudine e gli schemi sociali.

Detto ciò, ci sarebbero molti personaggi da menzionare, come ho anticipato, ognuno ha un suo destino che si interseca in qualche modo con quello degli altri ma la particolarità di questo romanzo è che colui che narra e dovrebbe essere il protagonista, in realtà non lo è. No, il vero protagonista è Owen Meany, non la sua amicizia con John ma proprio lui come soggetto: Owen: Ten. Paul O. Meany, Jr.

Un personaggio particolarissimo con una evidente disabilità e una profondità di sentimenti, emozioni e intelletto da rasentare il genio. È anche un po’ folle, certo, e risulta assurdo con le sue affermazioni sempre piccate, decise e pregne di sapere. Owen sa tutto, prevede, ipotizza, pianifica e soprattutto è il miglior amico di John anche se è al contempo l’artefice della morte dell’adorata mamma Tabby. Una colpa che si porterà dentro per sempre. Owen protegge e affianca Jhon per tutto il loro percorso di vita insieme, ha un senso dell’amicizia che commuove, lo sprona a migliorare ad essere coraggioso, pensa in funzione del bene del suo amico gli insegna a non aver paura ma soprattutto ad avere fede.

“Quando fu tanto buio che non riuscivamo più a vedere il canestro, non vedevamo neanche più la Maddalena. A Owen piaceva continuare a esercitarsi finché la statua non si perdeva nell’oscurità. Allora si piazzava sotto il cesto, con me, e mi chiedeva: «RIESCI A VEDERLA?».

«No, non più» rispondevo io.

«NON RIESCI A VEDERLA, PERÒ SAI CHE È ANCORA LÀ, VERO?» diceva.

«Certo che è ancora là!» ribattevo io.

E lui: «NE SEI SICURO?».

«S’intende che ne sono sicuro!»

«PERÒ NON RIESCI A VEDERLA» diceva lui – per stuzzicarmi. «COME FAI A SAPERE CHE C’È SE NON LA VEDI?»

«Perché lo so che è là – perché so che non può essersi mossa – lo so e basta!» ribattevo io.”

[…]

“«MA NON LA VEDI – POTRESTI SBAGLIARTI» fece lui.

«No! Non mi sbaglio. È là, lo so che c’è!» gli gridai.

«SEI ASSOLUTAMENTE CERTO CHE VI SIA, PUR NON RIUSCENDO A VEDERLA?» mi chiese.

«Sì!» urlai.

«BENE, ADESSO SAI COME LA PENSO, RIGUARDO A DIO» concluse Owen Meany. «non riesco a vederlo, ma sono assolutamente certo che c’è!»”

Owen Meany sa molte cose e si pone molte domande: la vita gli riserverà sin dal principio tante prove da superare, prima fra tutte quella vocina assurda che non cambierà mai e che gli costerà scherno e imbarazzo; il suo corpo che sembra una miniatura, le orecchie quasi traslucide. Quando Irvin ci porterà a capire il perché di quella voce ‘fessa’ saremo già tutti troppo innamorati di Owen per non commuoverci. Ma più di tutto Owen è certo, in modo assoluto, della data della sua morte e che John sarà lì accanto a lui. Un sogno lo rincorre da anni e lui, nel tentativo di interpretarlo si convince che morirà in Vietnam al servizio del Paese, da eroe. Perché questo è il disegno che Dio ha previsto per lui. Mi è impossibile raccontarvi altro per evitare di scoprire un particolare o più, che andrebbero ad inficiare il profondo piacere di sentire l’emozione dentro che tutto avvolge e permea il cuore di malinconia, sorpresa, affetto per questo bambino che vediamo crescere e compiere delle scelte anche molto drastiche, sempre sostenuto da una fede incrollabile e senza mai venir meno al rispetto per sé stesso e coloro che ama.

Owen insegnerà molte cose a John lungo la loro vita e amicizia insieme ma una più di tutte spiccherà tra le altre, l’apertura di un cuore all’altro. Un’amicizia che attraverso il quotidiano diviene unione di due spiriti e che in effetti li porta ad un livello di conoscenza reciproca tale che non sarà più possibile per loro separarsi. Owen lo proteggerà e custodirà per tutta la vita ed oltre; John crescerà accanto a lui, spiritualmente e mai potrà smettere di pregare per il suo amico, colui che gli ha insegnato a credere.

“NON AVER PAURA” mi rincuorò Owen. “PUOI FARE TUTTO QUELLO CHE VUOI, SE SEI CONVINTO DI POTERLO FARE”

Le lenti dei suoi occhialoni erano terse. I suoi occhi erano chiarissimi.

“TI VOGLIO BENE” mi disse Owen. “NON TI SUCCEDERA’ NIENTE DI MALE – FIDATI DI ME”.

Davvero questo romanzo bisogna leggerlo, almeno una volta nella vita.

Un libro che ti entra nel cuore è un dono, sempre.

 

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