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Recensione: London Blood di Giulia Nebbia

TITOLO:London Blood

AUTORE: Giulia Nebbia

EDITORE: Semlibri 

GENERE: Thriller 

Il passato di Gillian Moore, ventiduenne italoinglese, torna ogni notte nei suoi incubi. Sono trascorsi dieci anni dalla tragedia che ha sconvolto la sua famiglia, il suicidio della madre. In seguito, il padre Henry l’ha spedita contro la sua volontà a studiare in Italia, distruggendo così il loro legame. Gillian ha cercato con tutte le sue forze di seppellire nelle profondità del suo animo il senso di colpa per la morte della madre, i conflitti con il padre e le sue stesse tendenze sociopatiche, ma negli anni tutto questo l’ha portata a isolarsi. Non ha una vita sentimentale e trascorre le sue giornate tra studio e lavoro. Il passato riemerge ancora una volta quando riceve uno strano messaggio audio da quel padre tanto assente. La sua voce è flebile e allarmata. Gillian capisce che è successo qualcosa di grave e parte per Londra. Aiutata da Michael, ispettore di Scotland Yard, ex delinquente ed ex allievo di arti marziali di Henry, scopre che suo padre è stato rapito da un serial killer. Sullo sfondo di una Londra insanguinata da una serie di efferati omicidi, quando le indagini ufficiali non riescono a svelare l’identità di un assassino che non lascia tracce, Gillian capisce di essere non solo l’unica in grado di fermarne la furia omicida, ma anche l’ultima speranza per suo padre…

 

London Blood mi ha un po’ deluso, i thriller per me devono essere come una bomba a orologeria sul punto di esplodere. Invece qui c’è stata calma piatta ed è pure abbastanza prevedibile: la protagonista è afflitta da un passato doloroso, che cerca di dimenticare ad ogni costo. 

Ma partiamo dall’inizio: Roma, Gillian Moore, ventiduenne secchiona e con zero vita sociale, lavora in un museo con passione e dedizione, cercando di scansare il figlio del mecenate che l’ha assunta. Una sera il suo datore di lavoro la invita alla festa nella sua villa perché ha bisogno della sua competenza e qui viene aggredita dal ragazzo.

Gillian, però, sa il fatto suo, suo padre l’ha addestrata bene e riesce a respingerlo.

La sua difesa, purtroppo, stava per sfociare in un’aggressione, ma la ragazza, per fortuna, riesce a fermarsi in tempo. Lei sa che c’è qualcosa che non va nel suo comportamento: è come se avesse un mostro dentro che cerca di venire fuori, facendole compiere atti imperdonabili. 

Quando sta per tornare a casa nota un messaggio in segreteria dal padre che non vede e sente da dieci anni, da quando ha perso la sua amata madre, ma  è disturbato, non si capisce bene, come se il padre facesse fatica a parlare e Gillian capisce che deve recarsi a Londra, subito. 

Lì l’aspetteranno brutte sorprese, scomode verità e un serial killer che semina il terrore in città e ha rapito suo padre. 

Come dicevo le premesse per un buon thriller ci sarebbero state tutte, se la storia non fosse virata verso la commedia romantica con i personaggi che ammiccano e si innamorano tempo una pagina, dimenticandosi della caccia al cattivo.

Il libro è scritto in terza persona, non si sofferma molto sulle descrizioni, ma più sui dialoghi dei personaggi. 

Nonostante tutto, London Blood è una storia che tratta temi anche importanti come l’accettazione di se stessi, il rapporto genitori-figli e l’aiutare i giovani cresciuti in ambienti difficili a costruirsi un futuro migliore.

È un romanzo con una protagonista che è una macchina da guerra, troppo stereotipata secondo me, una specie di Terminator femminile: non dorme quasi mai, soffre in silenzio, si butta a capofitto nel pericolo, non ha paura di nulla, combatte contro tutti e tutto e quando rimane ferita non fa una piega. 

È un thriller che si legge bene, ma ha una narrazione all’inizio un po’ lenta, che poi migliora nella seconda parte, grazie a qualche colpo di scena, ma che non mi ha entusiasmato molto, perché, come già detto, mi aspettavo di più. 

Lo consiglio a chi vuole leggere una storia di sangue e d’amore.

 

 

 

 

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