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Recensione: “Toxic” di Lila Nox

Non mi amo.
Non mi desidero.
Torturo il mio corpo perché il dolore è l’unica sensazione che conosco.
Sono sola, anche circondata dalle persone che amo.
Maschero il mio dolore con un bel sorriso stampato in volto e vivo nella speranza di essere, prima o poi, abbastanza forte da combattere contro i miei impulsi, gli stessi che mi spingono a farmi del male.
Poi un giorno ho incontrato Axel.
Quell’uomo sprigiona un mix letale di fascino, mistero e gentilezza.
Ma mi sbagliavo.
Dio, se mi sbagliavo.
Lui non è gentile, non lo è affatto.
Sono stata ingenua.
Avevo dimenticato che il male si insinua spesso nelle creature più belle.
Dovevo essere la sua vittima, e invece ha deciso di ferirmi più della morte stessa.
Vuole tenermi con sé e non ha nessuna intenzione di lasciarmi andare.

«Ciò che è rotto dentro di me può anche essere incollato pezzo dopo pezzo, ma le crepe resteranno per sempre.»
La fronte di Rochelle si increspa. «Penso che la cosa importante sia non rompere di nuovo quel vaso.»
«E se ti dicessi che è liberatorio tenere quel vaso rotto?» le domando socchiudendo gli occhi. «Se ti dicessi che la follia è il mio unico rifugio?»

Avviso subito che, per tutta la prima metà del romanzo, quello che dovete aspettarvi è un contemporary dark: niente romance, niente pietà. È crudo, malato, e sfiderà i vostri limiti morali.
L’alto tasso di erotismo si basa su perversioni caratterizzate da violenza e sesso non consensuale, con scene decisamente forti durante le quali dobbiamo ricordarci che si tratta di finzione narrativa: l’autrice non lo farà per noi.

Axel è un personaggio senza morale e privo di scrupoli, un sadico che non si fa problemi a umiliare, minacciare, piegare, torturare e abusare una ragazza vergine. Alta, quindi, sia la violenza psicologica che quella fisica.
Non ci sono rimorsi, non ci sono dubbi nell’atteggiamento di lui; nessuna sfumatura che possa attenuare la crudezza dei suoi atteggiamenti, nessun trauma passato a giustificare le sue azioni. Si tratta di pura violenza bruta, di un sadico che si approfitta di una persona più fragile.
Tuttavia, a un certo punto della storia scopriremo che anche Rochelle ha un particolare disturbo mentale, che ben si incastra con quello di Axel: **spoiler** è una ragazza che si auto infligge dolore. È un tema difficile, che viene a comporre una psicologia molto particolare in lei, un bisogno masochista che si intreccia in modo perverso al desiderio di lui di godere del dolore che le provoca.
Rochelle risponde al lato dominante di lui, alla manipolazione attraverso cui, con atteggiamenti minacciosi volti a piegare la sua volontà, la riduce a un essere obbediente, impaurito e privo di personalità. Il trauma che subisce a causa delle violenze e delle torture, sommate alla sua psicologia fragile, si intreccia a una sorta di sindrome di Stoccolma, ma non è questo che crea un legame così forte con quello che vuole essere il suo padrone.
Quella sorta di addestramento che l’ha piegata durante la prigionia lascia dei semini, che germogliano successivamente in un senso di bisogno, affondando le radici nelle turbe psichiche alla base del suo autolesionismo, maturando poi in un desiderio ossessivo verso il suo stesso aggressore.

Quello che accade nella seconda metà del romanzo, e che riporta la trama su un genere dark romance, è la presa di coscienza di Rochelle sulla propria natura, l’accettazione di quello che le è successo e la nuova consapevolezza sui suoi desideri deviati.
Il dolore le piace. Lo sapeva già, dato che se lo auto infliggeva, ma dopo che ha lasciato Axel si rende conto che quello che riesce a provocarsi da sola non raggiunge neppure un millesimo di quello che quell’aguzzino le fa provare. Arriva a odiare (e poi ad accettare) il desiderio per il dolore che lui le infligge, l’umiliazione che le fa provare, e per l’adrenalina che lottare con lui produce, le scintille che sfrigolano quando si incontrano.
Una cosa che ho apprezzato particolarmente è il fatto che Axel non cambi caratterizzazione, mantenendo inalterato il suo personaggio oscuro, violento, perverso, sadico e spietato. Cambia però il suo legame con Rochelle. Se prima si preoccupava solo del piacere che gli provocava umiliarla e sottometterla, in seguito diventa consapevole che il gioco può essere consenziente ed è gradito da entrambi. Questo non rende i loro incontri meno selvaggi o più rispettosi. Nessuna delicatezza. Semplicemente i due giocano a carte scoperte.
Iniziano una relazione basata sulle stesse dinamiche di prima: scontro, violenza e sottomissione, ma ora con la consapevolezza che questo piace a entrambi, che tutti e due ne hanno bisogno.
In questo nuovo disegno, Axel ha modo di sentirsi accettato e finisce per svelarsi un po’, abbandonandosi a momenti più intimi, a un certo dialogo, a una sorta di complicità. Per quanto possa sembrare perversa, quella tra Axel il rapitore e Rochelle la verginella diventa una relazione.
Naturalmente, un sicario tutto d’un pezzo come Axel è spaventato da questa nuova vulnerabilità che le emozioni portano: perdere il controllo su se stesso è l’ultima cosa che vuole. Tuttavia, alla dinamica sentimentale se ne affiancherà una ricca d’azione che risveglierà in lui la gelosia e la possessività, e che lo metterà di fronte alla scelta di dover decidere cosa fare con il proprio cuore.

Non sapremo mai se il sentimento di Rochelle è dovuto alla sindrome di Stoccolma oppure no, ma arriveremo a risponderci che non è importante, fintanto che a loro due sta bene questo tipo di relazione malata.

L’unico suggerimento che mi sento di aggiungere, in conclusione, è quello di sospendere i giudizi. Perché ci sono comportamenti davvero inaccettabili da parte di un uomo, e da questi comportamenti non vorremmo mai veder nascere una relazione, non vorremmo mai giustificare qualcosa di violento con nessun tipo di sentimento romantico. Ma non c’è, nella storia, questo tentativo di blandire i gesti ripugnanti, se non una coincidenza davvero unica nel fatto che un sadico e una masochista si siano incontrati.
Neppure Rochelle, nonostante finisca per innamorarsi, si permette mai di giudicare i comportamenti iniziali di Axel. Decide semplicemente di accettare le sue perversioni e quello che di positivo riesce a costruire con lui. Rochelle si concentra sulle sensazioni di benessere, di trovarsi a proprio agio con lui, si sente rassicurata via via che riesce a leggerlo dietro la maschera da uomo di ghiaccio. La complicità, la confidenza, la conoscenza a pelle sono tutto ciò che le importa della loro nuova relazione. E poi, naturalmente, c’è la soddisfazione sessuale dalle tinte perverse: quelle che per altri è un gioco violento un po’ artefatto, tra loro riesce a essere un gioco realistico, perché mescola vera paura, vera adrenalina, vero dolore al piacere.

È senza dubbio un libro crudo, che osa moltissimo e non si è trattenuto, e trovo che meriti tutte le cinque stelle che sto assegnando.

«Puoi venire da me e sederti qui,» dice battendo pigramente una mano sulla sua coscia. «Ma so che non funzionerebbe con te, Rochelle.»
Deglutisco piano. «Cosa funzionerebbe per me?»
Per un solo istante la sua espressione cambia; sembra triste e morbida al tempo stesso. Mi sento sempre più nervosa ed esposta di fronte al suo scrutinio.
Pietrificata dalle parole che sta per pronunciare, lo osservo mettersi in piedi lentamente.
Non ho mai desiderato così tanto sentire le sue mani su di me come in questo momento. I suoi occhi sembrano aver perso quell’aura di freddezza e paiono sinceri. Dura poco, però.
All’improvviso si trasforma di nuovo, come se avesse pigiato il dito su un interruttore, e mi regala un altro assaggio dell’uomo perverso e senza scrupoli.
Tutto con un solo battito di ciglia.
«Scappa, Rochelle. Adesso.»

“La mia fronte si abbandona contro la sua e inalo il suo profumo. Nonostante io abbia cercato di sporcarla, lei ha ancora l’odore dell’innocenza.
E il sapore del peccato.”

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