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Recensione: The Sheik. Il Fascino Della Bestia di E. M. Hull

Titolo:  The Sheik. Il Fascino Della Bestia 
Autore:  E. M. Hull
Editore: Cignonero
Genere: Dark Romance
Pagine: 318
Data di uscita: 26 Settembre 2019

1919.

Una spedizione in solitaria nel deserto: è così che Diana Mayo, giovane aristocratica inglese, ha intenzione di festeggiare il suo ventunesimo compleanno. A nulla valgono le proteste di suo fratello Aubrey e lo sconcerto dell’opinione pubblica. Diana è arrogante e volitiva, cresciuta come un ragazzo, interessata solo allo sport e ai viaggi, e convinta di essere invincibile e intoccabile. Ma non sa che tra le dune sconfinate e le pianure sabbiose, c’è un uomo che la conosce e che prepara la sua trappola. E le sue intenzioni non sono onorevoli.
Ahmed Ben Hassan è lo sceicco di una potente e selvaggia tribù del deserto. È bello, ricco e colto, straordinariamente crudele e molto incline a soddisfare ogni capriccio. E non prova alcuna pietà per quella giovane viziata e ribelle, che crede di avere il mondo in pugno. Il suo obiettivo è farla sua, domarla, renderla schiava. Ma Diana è un osso duro, Diana non vuole piegarsi, e l’odio che brucia nei suoi occhi è un incentivo alla vendetta. Perché Diana è inglese e Ahmed Ben Hassan ha più di un motivo per odiarla, ma non riesce a capire cosa sia quella strana sensazione che lo spinge a desiderarla più di ogni altra cosa al mondo. Non sa cosa sia, sa solo che non vuole provarla.
Perché nel deserto non c’è spazio per l’amore.

«Le belle donne, madame» disse lentamente, «hanno la sfortuna di portare a galla ciò che di più bestiale e vile esista nel carattere degli uomini. Nessun uomo sa mai quale indegno atto può compiere sotto l’influsso di una tentazione.»

«Ed è sempre la donna a pagare!»

Nonostante la grande fama che lo precede (The Sheik è una riedizione di un romanzo del 1919, da cui è stato tratto un film interpretato da Valentino), non è un libro che consiglierei, se non agli appassionati di letteratura storica.

Si tratta di un romanzo che si inserisce nella narrativa d’avventura di inizio secolo (sulla stessa scia di Salgari, per capirci) e di questo genere mantiene le caratteristiche: un buon ritmo narrativo nonostante la trama smunta, una discreta ambientazione dai tocchi esotici e affascinanti, un pizzico di mistero (giusto una punta) per rendere pepata la narrazione.

Purtroppo, però, per essere considerato un romance, e in particolare un dark, manca tutto il resto. Se le caratterizzazioni dei personaggi sono decise e, per quanto riguarda quella femminile perfino anticonformiste, purtroppo la stessa cura non è stata riservata all’approfondimento psicologico, cosa che rende la trama del tutto irrealistica.

Negli storici non è raro trovare confusione tra attrazione e amore, in particolare per il fatto che in questo genere letterario i personaggi non hanno l’opportunità di conoscersi con calma, e tendono a fare dichiarazioni d’amore e proposte di matrimonio non appena trovano un altro personaggio che li attrae particolarmente. Questo è un aspetto comprensibile, mentre non lo è *spoiler* che una donna si innamori del suo stupratore senza che venga presa in considerazione la sindrome di Stoccolma, una dinamica Dom/sub o comunque di manipolazione dell’autostima, oppure una reazione come puro istinto di sopravvivenza o di adattamento.

È vero che nei dark romance a volte accade che una vittima finisca per innamorarsi di un uomo violento, stupratore, tormentato e malato, ma è anche vero che in questo genere letterario vengono esplorati a fondo i sentimenti personali di ognuno dei personaggi. Questo permette di mostrare i risvolti dell’animo che possono giustificare o attenuare, in qualche modo, gli atteggiamenti negativi, e si riesce a donare una certa umanità al carnefice di turno. Spesso, inoltre, quando accade che la vittima si accorge di essersi innamorata, esplodono i conflitti interiori, il senso di colpa per un comportamento contro-intuitivo e che razionalmente una donna che ha subito delle violenze sessuali non può assolutamente accettare a cuor leggero.

In The Sheik non troviamo nulla di tutto questo: si glissa sulle scene di violenza, cosa che rende il romanzo più accettabile (certamente questo è un limite dovuto all’epoca della pubblicazione), e che priva il carnefice della patina crudele di cui altrimenti verrebbe ricoperta la sua immagine. L’innamoramento accade da un giorno all’altro, nel giro di tre righe, dopo quattro mesi in cui la vittima è stata stuprata e umiliata ogni singolo giorno.

Non passando attraverso i suoi sentimenti, si lascia intendere che la violenza non si porti dietro tutta una serie di emozioni odiose e annichilenti, finendo per sottovalutare il senso di umiliazione, insicurezza, sottomissione, e di crollo dell’autostima che una serie ripetuta di stupri porta con sé.

Dare per scontata la violenza, senza raccontarla neppure in un gesto, lascia il rapporto tra il rapitore e la donna abusata solo sul piano di una lesione di intimità, sull’aspetto della sottrazione delle libertà, e priva di solidità e di basi psicologiche questo rapporto che si vuole in seguito far diventare romantico, portando questa relazione al livello della mera narrazione fantasiosa.

Il cuore prese a batterle furiosamente. Perché non rabbrividiva a contatto col suo corpo? Che cosa era successo? La consapevolezza fu come un lampo: capì che lo amava. Lo amava da tempo, anche quando aveva creduto di odiarlo, anche mentre aveva cercato di fuggire da lui. (…) Ma ora sapeva cosa voleva dire provare amore: ed era un sentimento di una potenza ineguagliabile. Il suo cuore ora era schiavo di quell’uomo spietato, così diverso da tutti gli uomini che aveva conosciuto, un selvaggio che non conosceva alcuna legge se non quella dei suoi desideri, che l’aveva rapita per soddisfare un capriccio passeggero, che l’aveva trattata con malvagia crudeltà.

Questa scarsità di approfondimento emotivo si manifesta anche in altre sfaccettature: ad esempio manca la sensazione dell’intimità tra i due personaggi dovuta alla vicinanza forzata e prolungata, così come il senso di libertà trovato dalla protagonista vivendo nel deserto nonostante la segregazione (sensazione che ho immaginato l’autore trasmettere).

A ogni modo, al di là dei miei dubbi sullo stile che certamente è lontano dai gusti contemporanei, più di tutto trovo odioso che sia stato riproposto un romanzo in cui uno stupratore impenitente viene premiato con l’amore della vittima: non ne sentivo la mancanza.

 

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