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Recensione: “La ragazza del Kgb” di Jennie Rooney

Buongiorno Fenici, oggi Lucia ci parla di “La ragazza del Kgb” di Jennie Rooney

È una fredda mattina di gennaio quella in cui vengono a prendere Joan Stanley nella sua piccola casa alla periferia di Londra. Chi l’avrebbe mai detto. Joan è stata una mamma amorevole, una deliziosa nonna, un’amante del giardinaggio, e perfino un’occasionale allieva del corso di pittura con l’acquerello. E poi, quella mattina, qualcuno bussa alla porta. D’altra parte doveva aspettarselo. Perché, anche a ottantacinque anni, al passato non si sfugge…
Cambridge, 1937. Nella cittadina universitaria brulicante di idee, Joan può finalmente respirare a pieni polmoni e studiare come avrebbe sempre voluto. E quando conosce l’affascinante Leo, russo di origine e appassionato di politica, per lei è l’inizio di un viaggio che non avrebbe mai pensato di compiere. Perché Joan Stanley – la deliziosa nonnina inglese – ha un segreto inimmaginabile: è stata per anni una spia britannica del KGB, in grado, grazie agli studi scientifici, inusuali all’epoca per una donna, di conoscere e passare di nascosto informazioni sulla bomba atomica. Eppure, per lei, vincere la guerra ha significato perdere molto, molto altro.
Basato sull’incredibile storia vera di Melita Norwood, la spia inglese di più lungo servizio del KGB scoperta solo nel 1999, La ragazza del KGB è un’indimenticabile storia di spionaggio e amore, ma soprattutto è una storia che ci parla delle scelte che si fanno nella vita, e delle loro inevitabili conseguenze. Da questo romanzo, il film con Judi Dench, presto nelle sale italiane.

Churchill tossisce. «Sa cosa state facendo, professo­re?»

Max si interrompe. Sbarra gli occhi. «Sì, signore. Cer­to che lo so.»

«E pensa mai a come verremo giudicati dalle genera­zioni future?»

«Sì, signore.»

Churchill si rilassa sulla sedia ed estrae una scatola di fiammiferi. Ne tira fuori uno, lo accende, poi pesca un sigaro dalla tasca e avvicina la fiamma a un’estremità. «E la notte riesce a dormire?»

Max gli rivolge un mezzo sorriso. «Non dormo da an­ni» risponde.

«Ah, benvenuto nel club. So bene cosa vuol dire.» Churchill si concentra sul sigaro, se lo infila in bocca e tira avidamente finché non si accende. Max si schiarisce la voce, avendo perso il filo del di­scorso. «Non intendevo spaventarla» prosegue Churchill nel suo modo ben articolato di parlare. «Volevo solo assicu­rarmi che questa cosa non fosse costruita da un mostro. Se mi avesse detto che dorme come un sasso tutte le not­ti senza pensare minimamente al prodotto finale, proba­bilmente sarei tornato a Londra con la sua lettera di di­missioni in tasca.»

Max sorride nervosamente. «Ci sono altre applicazio­ni per questa ricerca» afferma. «Mi piace pensare che porterà del bene nel mondo. Dopo la guerra.»

Un necrologio sul Daily Telegraph, che parla di Sir William Mitchell, deceduto serenamente nel sonno, sta per cambiare la vita di una ottantacinquenne che abita in una piccola villetta in periferia. Joan Stanley non si fa illusioni: alla fine la verità è venuta alla luce, e ora verranno a prendere anche lei. E infatti, poco dopo, alla sua porta bussano due agenti dell’MI5, che la portano a Londra per interrogarla. Non è pentita di ciò che ha fatto, il suo unico rimpianto e che ora Nick, l’amatissimo figlio che ha adottato con il marito, verrà a conoscenza della verità nel peggior modo possibile e la giudicherà. Perché quella donna che dipinge acquerelli e cura il suo giardino è stata parte di un progetto che ha fatto la storia e ha cambiato il volto del mondo. Un’arma che avrebbe solo dovuto servire da deterrente e che, quando è stata usata su Hiroshima, l’ha convinta a prendere una decisione con cui ha dovuto venire a patti per tutto il resto della sua vita.

Attraverso la narrazione di continui flashback, ripercorriamo con Joan la sua vita, la vediamo iscriversi a Cambridge, una delle pochissime donne ammesse, e incontrare Leo e Sonya Galich, due cugini molto affascinanti che simpatizzano per il comunismo. La vedremo partecipare a riunioni politiche, senza mai aderire agli ideali dei suoi amici, ma viverle come un modo per stare vicino al ragazzo di cui si è innamorata, Leo. Se lei, per gran parte della storia, si aspetterà una dichiarazione d’amore, per il lettore appare evidente che i suoi ideali e la politica sono ciò che Leo ama di più. Pur con la sua grande intelligenza, Joan è un’ingenua, specie per quanto riguarda la sua amicizia con Sonya, che lei considera la sua migliore amica, ed è incapace di percepire quello che veramente la giovane russa sente verso di lei. Sonya è una donna passionale, che ha verso il cugino un atteggiamento possessivo che Joan non nota e che la porterà a fidarsi di lei, prendendo una decisione che influirà su tutta la sua vita. L’inizio della guerra vede Leo lontano, al confine, e Joan inserita in un progetto ammantato di segretezza, capeggiato dal professor Max Davis. La simpatia che questi sente verso di lei farà in modo che la giovane si trovi nella condizione di venire a conoscenza di formule e progetti estremamente riservati.

Nonostante si parli di spie, questo non è un libro di azione, anzi, la prima parte è davvero molto lenta e a mio avviso penalizza alquanto la lettura.

Il personaggio di Joan appare lontano dalla scaltra spia che ci aspettiamo: è semplicemente una donna che si è trovata nel posto giusto e nella condizione ideale per copiare documenti che ben pochi avrebbero potuto vedere. Una donna che non è grado di capire quando viene manipolata, che mette la sua fiducia in mano a persone che si riveleranno bugiarde e gelose. Non prende una decisione in base ai suoi ideali politici perché, sulla scia dell’orrore per lo sgancio di quella bomba che non avrebbe mai dovuto essere usata, la sua coscienza le dice che è la cosa giusta da fare. Avendo collaborato al progetto si sente colpevole, e solo più tardi si renderà conto di quali orribili conseguenze il suo gesto abbia portato. Eppure una parte di lei sarà sempre convinta di avere agito nel modo corretto, è una persona che ha tentato di fare del suo meglio, convinta di avere evitato, a torto o a ragione, la morte di molte persone. Non è una donna dal sangue freddo né particolarmente coraggiosa, anzi, al primo accenno di pericolo scappa.

Se il personaggio di Joan non brilla per scaltrezza, quello di Sonya dipinge una donna che persegue i suoi obiettivi e che ha per Leo un insano sentimento. Sarà bravissima a impedire che lui e Joan si avvicinino troppo e quando si accorgerà di non poterlo più fare, preferirà metterlo in una situazione pericolosa pur di non perderlo.

Basato sulla figura veramente esistita di Melita Norwood, questo libro ci racconta i retroscena di una ricerca che ha portato nelle mani dell’uomo una grande forza distruttrice. Uomini spinti a correre una folle corsa per paura che il nemico potesse arrivare prima di loro a dei risultati, e convinti che una volta finita la guerra questa scoperta avrebbe portato dei benefici all’umanità, forse, senza valutare davvero quali sarebbero stati i risultati.

Un libro ben scritto, che racconta la storia di una protagonista che ha preso una decisione seguendo il suo cuore, riuscendo a non farsi scoprire per decenni, non tanto per essere stata brava nel cancellare le tracce, ma solamente perché la sua figura è stata sottovalutata in quanto donna.

 

 

 

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