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Recensione: “Renegades – Born in the USA” di Barack Obama e Bruce Springsteen

Titolo: Renegades – Born in the USA

Autore: Barack Obama e Bruce Springsteen

Genere: Saggio

Editore: Garzanti

Data di uscita: 26 Ottobre 2021

A partire da un podcast di successo, due vecchi amici si rivelano in una conversazione intima con racconti esclusivi e riflessioni sulla vita, la musica, l’infinito amore per un’America ricca di opportunità e contraddizioni. Un libro con oltre 350 foto, contenuti esclusivi e materiali d’archivio inediti.
“RENEGADES. Born in the USA” è il dialogo sincero e coinvolgente tra il presidente Barack Obama e la leggenda del rock Bruce Springsteen. Ricco di illustrazioni a colori, RENEGADES accoglie fotografie rare ed esclusive dalle raccolte private degli autori e materiali d’archivio inediti, e offre un coinvolgente ritratto di due outsider – un bianco e un nero – alla ricerca di un legame tra il loro bisogno di senso, di verità, di comunità, con la più profonda storia dell’America.

In uno studio di registrazione colmo di chitarre o a bordo di una Corvette, Barack Obama e Bruce Springsteen discutono di paternità e matrimonio, di razza e virilità; del fascino di avere una strada davanti ancora da esplorare ma anche del desiderio di far ritorno a casa; degli eroi del presente e del passato a cui si ispirano; e di musica, tanta musica.
Nel corso del viaggio, svelano la passione nel ripercorrere la storia più grande e più vera dell’America attraverso le loro vite, e immaginano come quel paese e tutto il mondo, oggi così divisi, possono ritrovare al più presto la strada verso una nuova unione.

 

PRESIDENTE OBAMA: Abbiamo anche bevuto qualche bicchiere. E a quel punto mi sono detto: «Be’, non è così timido come pensavo, deve solo sciogliersi un po’».

BRUCE SPRINGSTEEN: Non so se mi spingerei a dire che vale per la maggior parte delle persone che fanno il mio lavoro, ma la timidezza non è insolita tra i musicisti. Chi non la prova, non cerca con tanta urgenza un modo di esprimersi. Il motivo per cui uno si dedica tanto ostinatamente al suo lavoro, cercando di definire un linguaggio e una voce propri, è che non ha ancora avuto una sua voce. E quando uno si rende conto di essere in un qualche senso privo di voce, avverte tutto il dolore di questa mancanza.

Si tratta di una pubblicazione piuttosto fuori dal comune, ottima anche come regalo (visto che si avvicina il Natale), destinata a chi è curioso di conoscere meglio Barack Obama e Bruce Springsteen o sia interessato a dibattiti sulla società moderna (non necessariamente americana) e sui grandi temi della vita, per mostrare il modo in cui queste tematiche hanno avuto impatto sulla loro vita fanno capolino molte note personali e curiosità familiari e intime dei due autori.

Indubbiamente si tratta di persone profonde e sensibili, che per il loro ruolo, l’età, per lo spessore culturale, valoriale e di esperienze, nonché le opportunità di contatto con una stratificazione notevole di persone, classi, generi hanno tanto da insegnare. Le tematiche vanno dalle più ludiche alle più sensibili, e la lettura mi ha lasciato diversi stimoli di riflessione interessanti.

Ma come dici tu, finiamo per lottare contro i nostri fantasmi. Il trucco è che devi trasformare i tuoi fantasmi in antenati. I fantasmi ti perseguitano. Gli antenati camminano al tuo fianco, ti confortano e ti trasmettono quella che sarà la tua visione della vita. Ora mio padre cammina accanto a me come mio antenato. Ma c’è voluto molto tempo perché questo accadesse.

Il libro nasce come trascrizione di podcast pubblicati durante il lockdown ed è strutturato come un copione teatrale, con i dialoghi preceduti dal nome di chi parla. A causa della forma narrativa esclusivamente composta dal parlato si perdono alcune sfumature per capire il tono di voce o per cogliere qualche battuta o le risate conseguenti. Il vantaggio di questa formula è che ci permette di concentrarci solamente sulla sostanza, sui concetti, lasciando ampio spazio alle nostre riflessioni.

Anche se di regola leggo solo ebook, devo dire che stavolta ho trovato questa forma sufficiente ma un po’ limitata: la versione cartacea completa i racconti con elementi richiamati di volta in volta nella discussione, come pagine grafiche, testi musicali, riferimenti visivi e documentali tratti anche dalle collezioni private dei due autori.

Perché, vedi, contrariamente a quanto afferma la canzone di un grande maestro americano, in genere non siamo nati per correre. La maggior parte di noi è nata per correre un po’ e poi tornare a casa.

BRUCE SPRINGSTEEN: Esatto. Trovi la libertà all’interno di una vita fatta di limiti, qualcosa che non credevo possibile fino a quando non l’ho sperimentato su me stesso. Sono più libero ora di quanto pensassi di esserlo un tempo. Quando arrivi al punto in cui vuoi davvero trovare la tua libertà, devi trovare un posto dove restare e lasciare che i vincoli si formino e con il tempo si facciano più saldi.

La cosa che d’impulso mi ha spinta a leggere questo libro è stata la strana accoppiata tra due personaggi famosi apparentemente così lontani: un politico e un rocker così noti e così determinanti nel definire una nuova epoca nei loro rispettivi campi, che hanno lasciato un’impronta non solo sugli Stati Uniti ma su tutto il mondo occidentale, per non dire sul mondo intero.

Ho immaginato Barack Obama e Bruce Springsteen, che scopriamo essere grandi amici, in un ambiente intimo e familiare, come se fossero davanti al fuoco con un bourbon in mano, a chiacchierare del più e del meno, infilando temi talvolta più impegnati, e a raccontarsi spogliandosi di ogni filtro. I toni sono rilassati nonostante le tematiche appassionanti. Sembra di essere seduti accanto a loro, sedotti dalle abilità dialettiche di Obama e dai racconti di vita vissuta di Bruce, dalla loro capacità di inquadrare le problematiche col distacco e l’ampiezza di visione di chi ne ha già viste (ma soprattutto ascoltate) tante.

BRUCE SPRINGSTEEN: Giusto. Siamo stati travolti da un’ondata di informazioni che distorcono la nostra visione della vita, un’ondata che non accenna a ritirarsi. E non lo farà mai. Abbiamo bisogno di capacità interpretative che probabilmente non servivano alle generazioni che ci hanno preceduto. Siamo chiamati a prendere decisioni riguardo a ciò che conta davvero; ciò che è veramente, profondamente prezioso.

PRESIDENTE OBAMA: È proprio questo il punto: ci raccontiamo una storia collettiva che parla dei nostri valori. Come possiamo creare una nuova storia nella quale i valori di cui tu parli nelle tue canzoni e che io ho cercato di esprimere nella mia politica, i valori della famiglia – avere un codice che ci mostri come si vive una vita onesta, una vita generosa, una vita piena, e che tipo di amici siamo e che tipo di vicini siamo per gli altri – diventino ciò che ci definisce come persone nella società?

Non so come, ma credo che in un modo o nell’altro ci riusciremo. Ma sai cosa serve? I bardi e i poeti come te che ci aiutano a reimmetterci sul sentiero della giustizia e dell’amore. E quindi sono grato che tu ci sia, e so che anche molte altre persone lo sono. Devi solo continuare a fare musica, amico.

BRUCE SPRINGSTEEN: Anche a me piace sapere che ci sei.

Come emerge dalla chiacchierata (ma del resto, se ci pensiamo, trasudava già dai testi delle canzoni o da quelli degli interventi politici) entrambi gli uomini hanno potuto raggiungere l’enorme grado di successo grazie alla capacità di ascoltare e (re)interpretare desideri, aspirazioni, delusioni della società in cui sono nati, nelle mille sfaccettature che provano, in queste pagine, a raccontarci.

Nel loro diverso ambito d’azione, entrambi hanno cercato di avvicinare l’America reale a quella dei sogni; di leggere e poi lavorare, ognuno nel suo campo, sulla distanza tra realtà e desiderio. Per fare questo hanno dovuto mettere in campo una grande capacità di autocritica, di vedere quello che manca nella società moderna nonostante i proclami, ma allo stesso tempo hanno dovuto trovare anche una dimensione che andasse oltre la polemica, oltre la ribellione (Bruce era nato proprio su quest’onda) e fosse più costruttiva e propositiva (ricordiamo tutti Obama per il suo “Yes, we can!”).

È difficile capire come ricostruire quella consapevolezza di cui parlavi dell’esistenza di un legame collettivo. L’idea che non esistono né blu né rossi, né bianchi né neri, ma solo l’America. Com’è possibile ricrearla se si ha una cultura frammentata?

Quello che si arriva a comprendere da questa chiacchierata è che quando si parla di ideali, di valori, di porsi come obiettivo una comunità felice in cui tutti abbiano il proprio sostentamento e in cui nessuno sia lasciato indietro, non è molto diverso l’ambito in cui si opera, se come politico o come rocker: entrambi gli autori sono partiti esprimendo ciò che hanno vissuto, dando voce alle loro radici, per poi dare ascolto alla gente, un ascolto che si faceva sempre più ricco e multiforme via via che la loro popolarità li metteva in contatto con un pubblico sempre più vasto. La loro attenzione ha cercato di direzionarsi in modo da essere costruttiva, tutt’altro che popolare o populista, ma nella direzione di integrare le diversità, includente.

BRUCE SPRINGSTEEN: La megalomania che ti porta a credere di avere una voce degna di essere ascoltata dal mondo intero. Al tempo stesso, tuttavia, occorre avere una straordinaria empatia per le altre persone.

PRESIDENTE OBAMA: Non è semplice riuscire a tenere insieme questi due tratti della personalità. È dall’ego che tutto comincia, ma poi, a un certo punto, ti ritrovi a essere un collettore delle speranze e dei sogni delle persone. Diventi semplicemente un canale di trasmissione.

Bruce ha qualche anno in più di Obama e ha vissuto delle battaglie diverse, ad esempio il grande movimento di opposizione alla guerra nel Vietnam, ma nei loro dialoghi ritroviamo molte altre tematiche che, per etnia, storia individuale, ceto sociale, localizzazione geografica, i due uomini hanno sperimentato e interpretato ognuno con proprie chiavi di lettura. Ad esempio la discriminazione (razziale o basata sul ceto sociale), il denaro, la religione o il patriottismo.

BRUCE SPRINGSTEEN: Accadde questo fatto e io cominciai a pensare: «Ok, la pelle. La pelle è il destino». Pensai quale privilegio enorme sia poter dimenticare di vivere in un determinato corpo. I bianchi possono farlo. I neri no.

Ma ci sono anche altri temi trasversali che vanno dal populismo (trumpismo) al concetto di virilità dell’uomo odierno (che fa da contraltare al femminismo), fino alla definizione di “successo personale” e di come questo concetto sia cambiato dagli anni ‘70 a oggi, affinandosi sempre più in una sfumatura individualista e competitiva.

Una discussione però che non è mai prettamente sociologica o idealistica, quanto calata sul loro vissuto personale e su ciò che hanno riscontrato nelle loro esperienze.

Sto pensando: «Ma perché è tanto difficile trattare questo tema? Perché sono… perché non riesco ad andare avanti?». Per parlare di razza, devi parlare delle differenze esistenti tra te e gli altri. Per parlare di razza bisogna essere disposti a parlare, in una certa misura, di decostruire il mito del melting pot, che in fondo non è mai stato qualcosa di reale.

Cosa posso dire in conclusione? È stata una lettura interessante, perché si parla della gente. È incentrato sugli Stati Uniti, ma sappiamo benissimo quanto la cultura americana abbia influenzato quella occidentale degli ultimi 50/70 anni (consumismo di massa, narcisismo, self made man, competizione). Parliamo quindi di una cultura globale che trascende i vari richiami patriottici, valoriali o anche solo musicali su cui si confrontano i due uomini.

Ha suscitato in me delle riflessioni sulla vita e sulla società, e ha solleticato la mia curiosità nell’approfondire le biografie delle due famiglie e la storia musicale di Bruce, per scoprire come un ragazzino orfano di padre che proveniva dalle Hawaii sia riuscito a scalare le vette della politica americana alimentando un coro di speranza e positività e come un rocker che faceva della protesta la sua bandiera sia diventato un padre di famiglia moderato, promotore di una società migliore.

Ma dopo quel momento di iniziale stupore è sempre il tramonto a contare e voi due che vi tenete per mano. Sono le risate delle bambine mentre si rincorrono sulla sabbia. Sono le piccole cose senza prezzo che non hanno niente a che fare con il posto in cui stai.

BRUCE SPRINGSTEEN: Sono questi gli elementi costitutivi della gioia.

PRESIDENTE OBAMA: È questo che ci rende completi. E penso che se lo comunichiamo attraverso la nostra politica, le nostre storie, le nostre canzoni, e ricordiamo a noi stessi che non dobbiamo perdere contatto con ciò che è importante, sarà possibile creare una coalizione per cambiare effettivamente le cose.

 

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