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Recensione: Memorie di un rettile di Silje O.Ulstein

Titolo: Memorie di un rettile
Autore: Silje O.Ulstein
Genere: Thriller
Editore: Marsilio
Data di uscita 17 Giugno 2021

Liv è una studentessa dall’infanzia travagliata, che annega il proprio disagio in serate a base di alcolici, heavy metal e canne con gli amici più stretti. Trova conforto nella compagnia di Nero, un piccolo di pitone moluro dal quale si sente profondamente attratta e con cui instaura una simbiosi oscura e sempre crescente. Quattordici anni dopo, in una cittadina della costa norvegese, Mariam è in giro a fare acquisti con la figlia Iben quando, dopo un banale litigio, la ragazzina si allontana facendo perdere le proprie tracce. L’ipotesi di una sparizione volontaria si trasforma per Mariam in un angosciante timore, le cui radici affondano in un altro luogo e in un altro tempo. A indagare sul caso c’è Roe Olsvik, un introverso ispettore di polizia con una condotta irreprensibile e una tragedia familiare alle spalle. Il suo comportamento improvvisamente ambiguo, però, inizia ben presto a destare dei sospetti. Che cosa lega Liv a Mariam? Quali sono i fantasmi che affliggono la vita di Roe? E qual è il ruolo di Liv all’interno dell’indagine? I personaggi di questo thriller caleidoscopico nascondono tutti un passato misterioso, qualcosa che li ha segnati e che non li abbandona. Le loro storie, in apparenza così lontane, si riveleranno intimamente legate, in un costante cambio di prospettiva dove niente è ciò che sembra, e nessuno è chi dice di essere.

Liv è una studentessa dall’infanzia travagliata, che annega il proprio disagio in serate a base di alcolici insieme agli amici più stretti, finché trova conforto nella compagnia di Nero, un piccolo di pitone moluro dal quale si sente profondamente attratta e con cui instaura una simbiosi oscura e sempre crescente. Quattordici anni dopo, in una cittadina della costa norvegese, Mariam è in giro a fare acquisti con la figlia Iben quando, in seguito a un banale litigio, la ragazzina si allontana facendo perdere le proprie tracce.

Da qui ha inizio questo thriller, dalle molte sfaccettature, che ho trovato in alcuni punti davvero oscuro e con una protagonista da far accapponare la pelle.

Attraverso continui salti temporali tra passato e presente verremo a conoscenza di personalità in qualche modo legate tra loro, le quali ci raccontano ognuna il proprio punto di vista facendo cambiare al lettore prospettiva sulla vicenda, insinuando dubbi, sospetti, ambiguità e scetticismo, soprattutto nella prima parte, abbastanza contorta e ingarbugliata. Piano piano, però, la matassa si scioglie raccontando una verità ricca di colpi di scena e i personaggi subiscono un’evoluzione che non ti aspetti.

Gli ultimi capitoli mi hanno tenuta col fiato sospeso per una serie di avvenimenti controversi e discutibili: viene messo in rilievo il concetto di maternità e cosa si prova per i propri figli. In fondo, non è detto che si amino incondizionatamente, potrebbero anche volerci anni per poter davvero percepire amore per il proprio, il problema sta nel riuscire ad ammetterlo ed è su questo che si focalizza il romanzo: sulla sincerità nella propria vita, perché vivere nella menzogna può portare a conseguenze inimmaginabili.

I protagonisti sono Nero, il pitone – emblema del cambiamento e dell’evoluzione – e i serpenti, che con la loro muta cambiano periodicamente la pelle, quasi si spogliassero delle loro vite precedenti rinascendo in una nuova, con tutte le potenzialità e scelte che essa comporta.

La storia in sé è godibile, ma ho trovato la scrittura troppo ingarbugliata, troppi personaggi all’inizio sono messi lì, così, ognuno con la propria storia e creano un po’ di confusione, ma è un buon noir, con un intreccio costruito mirabilmente.

 

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