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Recensione: “Le ombre del cigno” di Mary Lin

“Ho imparato a non accontentarmi e, se dovessi cadere, semplicemente mi rialzerò. La vita non va sprecata a fissare un pavimento.”

Maya ha giurato a se stessa che sarebbe stata libera.
Nessun limite, nessun legame.
Una vita senza rimpianti e alle sue condizioni.

Almeno fino a quando gli occhi di uno sconosciuto non la riportano al passato, scavandole dentro e facendole provare emozioni che non sentiva da tempo.
Lui la attrae. La confonde. E Maya lo desidera intensamente.

“I capelli neri gli ricadono sugli occhi, che vorrei liberare per scrutare al loro interno e riempirmi dell’emozione che mi provocano: quella di risentire al mio fianco un amico perso.”

Ma dal passato riaffiora anche una minaccia.
Braccata, Maya compirà scelte destinate a cambiarle il corso della vita e che la condurranno in un viaggio verso una meta ignota.

Lui è enigmatico, scostante, pericoloso.
Lei non poteva saperlo, ma era già sua

Fonte della trama: Amazon

Ciao Fenici, oggi voglio parlarvi di un libro che mi ha colpito molto “Le ombre del cigno” di Mary Lin, nonostante il dark non sia il mio genere preferito, ne ho comunque letti diversi, alcuni belli, altri meno, in grado comunque di trasmetterti qualcosa, ma qui siamo oltre.

Questa è la prima volta che ho pianto per un Dark, la prima volta che ho anelato l’happy ending, la prima volta che ho provato dolore!

Maya la protagonista femminile non è la classica sottomessa, lei è una guerriera, una che non molla, da ragazzina ricca e viziata con la sua costellazione preferita disegnata sul soffitto della camera, quella del cigno, è passata all’essere povera e braccata, ma non si è mai rassegnata né data per vinta, ha affrontato tutte le sofferenze della vita: imparare a sopravvivere senza niente dormendo per strada, soffrendo la fame, la sete e anche il freddo, fino ad avere una vita più o meno normale; tanto da riuscire a trovare un lavoro come cameriera e affittare un appartamento.

Nonostante questo, non può scacciare il passato e dimenticare quegli occhi azzurri come il cielo, quel ragazzo che è stato il centro del suo mondo: Akim.

Quell’Akim che, dalla sparizione del suo cigno è diventato un’altra persona, il giorno in cui l’ha persa – e non perché è sparita – lui è morto e rinato con un nuovo nome: Samael.

Un nome che gli calza a pennello considerando il suo lavoro, si passa dagli omicidi al rapimento di donne per metterle sulla strada e a tante altre cosucce altrettanto tenere.

«Sono diventato così perché è l’unico modo per fermare quel dolore: permettere alla rabbia di fare ciò che desidera. Lasciar scorrere l’odio che mi spinge a distruggere. Urlare fino a farmi collassare le vene e a non sentire nient’altro che la mia voce»

Akim e Maya non sono due persone innocenti, entrambi provenienti dalla Bulgaria, entrambi figli di Boss della mafia del luogo, là, dove la ragazza ignorava tutto ciò, mentre lui ne era perfettamente a conoscenza.

Il padre di Maya ha commesso un errore e certa gente non perdona, quindi con la figlia scappa in Francia, dove lei è costretta ad assistere all’inettitudine e alle perversioni di quell’uomo, un genitore presente ma assente, tutto fino al compimento dei diciotto anni, quando con le poche cose che possiede parte per la Germania.

Un nuovo inizio, in cerca di un futuro e di un modo per ritornare in Bulgaria con lo scopo di riabbracciare la madre, non ha mai creduto alle parole di colui che le ha dato il cognome, non può essere morta.

Sembra andare tutto bene, fino a quando uno sconosciuto dagli occhi azzurro cielo e pieno di tatuaggi, perfino sulle dita delle mani non entra nel locale in cui lavora, ma non può essere il suo Akim, lui è morto. Nella stessa sera incontra Mikael, altra presenza costante della sua infanzia.

E da qui tutto cambia, scopre quello che c’è da sapere della sua vecchia vita, di chi è figlia in realtà, di cosa è capitato a sua madre e tutto diviene un caleidoscopio di sentimenti: odio, amore, dolore e tradimento.

La caccia è di nuovo aperta e lei è la preda, non solo dei Signori della Mafia Bulgara, ma di lui, di quell’uomo in grado di spezzarla sia con le parole che con i gesti.

Non si può apprezzare tutto quello che questo Demonio dagli occhi chiari le farà subire, ma per la prima volta sono riuscita a capire le motivazioni che stavano alla base, non mi sento di condannarlo, come non giudico lei per le sue azioni. Sono due persone devastate da un passato che non si può cancellare.

Questo libro è forte, riesce a schiacciarti con le emozioni, rabbia e comprensione si scontrano, e non riesci a smettere, anche la suspense che permea ogni pagina, non capire dove si andrà a parare, di chi ti puoi fidare, di chi è buono o cattivo, non lascia spazio per chiudere il reader, anche se sono le 3 di notte e devi alzarti 4 ore dopo.

Lo so mi ripeto, ma il fatto di riuscire a empatizzare con la vittima e il carnefice mi ha veramente spiazzato, soprattutto quando questi due ruoli si invertono in modo repentino, chi dei due è lo stronzo e chi il santo? Non c’è una risposta, a modo loro sono entrambe le cose.

Ma in questo libro c’è molto di più di una tragica e malata storia d’amore, ci sono vendette, omicidi, battaglie all’ultimo sangue e tanti personaggi secondari che in alcuni momenti non lo sembrano affatto.

Le ombre del Cigno è un libro cruento, di forte impatto, ma scritto talmente bene che non si può non amare, esistono libri che prendono e pretendono di avere un posto nel tuo cuore, beh questo sicuramente con me è riuscito nell’intento.

Vorrei complimentarmi con la Lin per quello che è riuscita a creare, una storia unica, originale e perfetta, che per gli amanti del genere è sicuramente da non perdere!

E soprattutto ringrazio Maya per le varie perle di saggezza elargite durante la storia, tra le quale una mi ha colpito in particolar modo, cosa folle, visto che è un cliché ma così vero che mi ha lasciato senza parole.

«In fin dei conti … non è dalla sofferenza e dalla cenere che nascono le storie migliori?»

Cosa sarebbe stata la loro vita, se quegli eventi non si fossero manifestati, se quel padre vigliacco durante la fuga non si fosse trovato di fronte la figlia e quindi costretto a portarsela dietro? Forse Samael sarebbe rimasto il dolce Akim e Maya non sarebbe diventata la persona che è, ma … ci saremmo persi questa storia bellissima e sarebbe stato un “peccato capitale”.

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