Recensione: Il Santuario della Montagna Silenziosa di Nanami Kamon

Autrice: Nanami Kamon
Genere: horror
Editore: Newton Compton Editori
Data di pubblicazione: 25 aprile 2025
Non sfidarla.
La punizione potrebbe essere terribile.
Alle prese con la stesura del suo ultimo romanzo che stenta a decollare, la scrittrice horror Minami viene contattata da Asako, una vecchia conoscenza in cerca d’aiuto. Da quando hanno visitato un sito abbandonato su una montagna per mettere alla prova il loro coraggio, Asako e i suoi amici stanno vivendo delle strane esperienze. Vedendo l’opportunità di trovare l’ispirazione necessaria per il suo libro, Minami accetta di incontrarli. Sebbene inizialmente scoraggiata, la scrittrice comincia a indagare sulla storia della montagna, anche perché i tormenti e le vicissitudini del gruppo diventano sempre più gravi: le punture d’insetto di uno di loro non fanno che peggiorare, mentre un altro è colpito da un fulminante disturbo della personalità e l’elenco si allunga giorno dopo giorno. Tuttavia, più cose Minami scopre, più una sensazione terrificante la avvolge. E più cerca di prendere le distanze dal caso, più ne viene coinvolta. Cosa vuole la montagna da loro? E come possono liberarsi dalle sue forze apparentemente occulte?
Erano stati avvertiti che la montagna era maledetta, ma ci sono andati lo stesso…
A colpirmi inizialmente è stata la copertina, poi è arrivata la storia che capitolo dopo capitolo mi ha afferrata e non mi ha lasciata andare se non alla fine. Il Torii in copertina delinea e focalizza quella che sarà la narrazione, così come esso è la porta tra il regno degli uomini e quello degli spiriti così il romanzo oscilla tra lo scetticismo e il paranormale.
Kazuno ha fatto della sua passione per la paura la sua professione, essendo una scrittrice sa quanto siano importanti le parole, per questo resta scioccata nello scoprire una email di Yatoshi, una sua vecchia amica con cui aveva perso i contatti ormai da tempo. Dopo una prima risposta evasiva, resta più che stupita nello scoprire un secondo messaggio della ragazza la quale la prega urgentemente di aiutarla a risolvere un problema, un’inquietante prova di coraggio i cui effetti devastanti ricadevano nella vita reale.
La lettura del romanzo scorre rapida grazie alla grande capacità dell’autrice di lasciar immergere il lettore nelle atmosfere di una Tokyo asfissiante e umida in attesa della stagione estiva. I personaggi sono complessi, a partire dalla sua protagonista Kazuno, una donna ricca di contraddizioni la cui passione per le storie di fantasmi si scontra con la profonda religiosità che la caratterizza.
“Non disdegno affatto le avventure di paura. Detesto l’idea di viverle in prima persona ma, sebbene essere consultata al riguardo sia un peso per me, ascoltare qualche autentica testimonianza in materia di fantasmi mi appassiona da sempre.”
La narrazione è una lenta discesa verso la paranoia e il delirio e quella che sembrava una semplice bravata si rivela per quel che è davvero, un’addentrarsi nei meandri di un mondo, quello degli spiriti, che sarebbe dovuto rimanere oscuro ai più. La prova di coraggio ha risvegliato qualcosa che adesso reclama l’attenzione che è sua di diritto.
Il libro è ben scritto, l’utilizzo di termini giapponesi rende la lettura molto più immersiva e il glossario (necessario per una maggiore comprensione del testo stesso) permette un facile accesso alle informazioni. L’unica pecca, se così la posso definire, viene fuori dal modo in cui alcuni paragrafi sono espressi risentendo delle tradizioni nipponiche con usi e costumi molto differenti dai nostri.
Oltre alla questione lessicale denotata da una fedele traduzione dal giapponese, la storia si insinua e costringe ad arrivare alla fine solo per poter scoprire se c’è una soluzione logica a un problema che ha molto poco di razionale. Fino a dove si spingerà Kazuno per avere le risposte che cerca? Riuscirà a capire come sopravvivere se non può più essere sicura neanche di ciò che le sta attorno?
“Quando abbassai il capo, non trovai alcun liquido né i miei piedi erano bagnati. Il sangue mi si gelò nelle vene.” (Tratto dal libro)