E SE NELLA SCICLI DELLE SERIE TV CI FOSSE IL MORTO VERO?
Nell’estremo sud-est della Sicilia, in una Scicli cosmopolita, teatro di note serie tv e film internazionali, accadono delitti veri.
A occuparsene, tra il maschilismo dilagante e la fatica di districarsi tra le troupe che assediano la città, è la commissaria Maria Gelata, donna di grande intuito, una vita privata fallimentare, un segreto ben celato nel curriculum e una passione sconfinata per la mitologia greca, che per lei è in grado di risolvere qualunque crimine.
Il nuovo caso che si trova di fronte è più complicato di altri: il morto è un noto psicoterapeuta newyorkese tornato alle origini sciclitane, Salvo Diodato, deceduto in circostanze poco chiare. A piangerlo, o a provare sollievo, le sue pazienti: una pubblicitaria americana teorica degli amori infelici, una docente di lingua inglese che colleziona farabutti, una cuoca immolata sull’altare della figlia adolescente, una manager coach divisa tra Hong Kong e Marzarellì. E, naturalmente, tutti gli sciclitani, tra cui Guglielmo, chef del ristorante più in voga del momento, Ignazio, meccanico con salotto, e Nino, pescatore innamorato.
Sarà un’indagine dai continui colpi di scena, ree confesse e falsi indizi che porterà la commissaria Gelata a capire che a volte la verità è meglio che resti sepolta.
Roberta Corradin ci conduce in un viaggio giallo che, come la Sicilia, è profumo, sapore, leggenda, mito, e molto di più.
Ci troviamo a Scicli, una Scicli alla ribalta. Da quando hanno girato Montalbano la cittadina è diventata location ambita per registi di film e telefilm, tanto da aver meritato il nome di Scinecittà. Come se non bastasse, investitori oltreoceano hanno iniziato ad acquistare fondi e immobili, molti seguendo l’esempio dello psicoterapeuta Salvo Diodato per trasferirvisi, altri perché al momento fa molto “chic”.
Oma, artista indo-svizzero, durante una festa paragona Scicli alla New Delhi degli anni ’60: tutto è in fermento e, tutto può accadere.
Salvo Diodato si è trasferito da New York per seguire una sua ex paziente di cui si era innamorato: Amanda (a sua volta scappata dal terapeuta perché innamorata senza speranza).
L’affascinante psicologo è una figura assai ambigua, stringe rapporti con le sue pazienti che vanno ben oltre il professionale e usa metodi non molto etici con la complicità di Amanda ed Elena, altra sua paziente (svizzera).
Già così si troverebbe sul limite della legalità, quando poi fa intervenire anche l’amico Laurel, per trarne vantaggio economico, tradendo il segreto professionale, la sua figura si oscura ancora di più.
Maria Gelata, sposata con Laccio, è la commissaria del luogo; per risolvere i suoi casi si rivolge ai miti greci, cercando così di comprendere le dinamiche da un punto di vista un po’ diverso dal solito. Così concentrata nel suo lavoro, ormai non si preoccupa più di cosa fa o non fa il marito, peraltro sono ormai anni che vivono come due sconosciuti, sotto lo stesso tetto.
Laccio, orfano, è scultore, “scopre” i Cristi nei legni locali; da quando Salvo è in città e ha notato al suo collo una catenina identica alla sua, è diventato irrequieto, vorrebbe avvicinarlo, ma non trova mai le parole adatte.
La vicenda prende forma attraverso il punto di vista dei vari personaggi che si aggirano per Scicli, sono veramente tanti e anche le cosiddette comparse il più delle volte trovano un paragrafetto a loro dedicato; descriverli tutti sarebbe oltre che difficile, a mio vedere anche controproducente, ma una cosa è ben chiara: a Scicli tutti, compresa la commissaria, hanno i loro segreti, alcuni hanno anche una doppia vita, e ciò rende la soluzione del delitto complessa.
Tutti hanno solo informazioni parziali e ricomporre l’insieme è quasi impossibile, sia per Maria che per noi lettori.
Diodato viene ritrovato nel suo Defender in fondo al mare e nel suo stomaco viene rinvenuta anche una forte quantità di cianuro.
I sospetti di Maria ricadono da principio sulle sue pazienti, quando però ben tre di esse (Katherine, Xenia e Amanda) confessano il delitto, decide di spostare la sua attenzione sui personaggi maschili che gravitavano intorno allo psicologo.
Nel frattempo Laccio parte per gli Stati Uniti e la notizia viene appresa con sollievo da Maria, almeno avrà più tempo per concentrarsi sulle indagini.
Ma nulla sarà scontato…
Mi sono innamorata del titolo di questo libro, è stato un vero e proprio colpo di fulmine.In queste due semplici parole: Piovono mandorle c’è tutta una poesia.E in effetti le mandorle sono il leitmotiv di questa storia, le troviamo in varie forme: su due scene del crimine, ma ad esse vengono anche affidati momenti di poesia, come quando Maria descrive la raccolta delle mandorle e i suoi guerrieri, con toni elegiaci e agresti, o quando Katherine (insegnante di cucina e paziente di Salvo) descrive la differenza tra granita di mandorle pelate e mandorle “brustolite”:
“… la differenza tra la granita di mandorle bianche spellate e quella di mandorle brustolite è il sesso. Femminile la prima, dolce, liscia, sinuosa, depilata; maschile la seconda, come fragrante di feromoni, rugosa, irsuta, ha fatto della ruvidezza il proprio criterio di bellezza.”
Anche Maria definirà la granita di Mandorle ” brustolite” virile.
Ho trovato sia il linguaggio utilizzato che lo stile del raccontare non molto lineari. Per quanto riguarda il linguaggio, si passa dall’ italiano, inframezzato da termini siciliani, a frasi in inglese e citazioni in francese, senza che il libro possa avere una connotazione specifica, come per esempio, i romanzi di Montalbano, che utilizzano il dialetto per addentrarci nelle realtà del luogo. Il modo di raccontare è un pò confusionario, infatti finito il libro rimangono più domande che risposte e i misteri si infittiscono.
Tutto ciò che alla fine non viene svelato, ed è tanto, non l’ho trovato tuttavia fastidioso, viene lasciato al lettore modo di fare le sue congetture, e molte cose immagino verranno spiegate nella prossima avventura.
A presto allora, commissaria Gelata!