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RecensioneMM: “In luce fredda” di Micol Mian e Sabrina Romiti Serie Rosa dei venti #1

Review Overview

Titolo: In luce fredda
Serie: Rosa dei venti #1
Autrici: Micol Mian & Sabrina Romiti
Casa Editrice: Triskell Edizioni
Genere: Contemporaneo
Data di uscita: 29 febbraio 2020

Quando si trasferisce in Massachusetts per studiare Legge, Carlos ha le idee piuttosto chiare sul proprio futuro: sogna un posto in uno studio legale prestigioso, una moglie elegante, una vita che riscatti la sua infanzia povera trascorsa in Arizona. Non prevede certo di innamorarsi di un ragazzino maschio che gli farà mettere in discussione ogni aspetto della sua vita, né che questo ragazzino conviva con segreti dolorosi che renderanno i dubbi sul proprio orientamento sessuale l’ultimo dei loro problemi.
Per Viv il sesso non è qualcosa di intimo, ma una dimensione anonima che cerca più per punirsi che per farsi del bene. Non ha mai neanche pensato alla possibilità di innamorarsi di qualcuno, o che qualcuno possa innamorarsi di lui, finché l’incontro con Carlos non cambia le carte in tavola costringendolo a scelte molto più spaventose di quelle che si è concesso fino a quel momento. Nella vita non esiste nulla di completamente innocuo, però, e anche i desideri più veri nascondono trappole e insidie: l’amore può ferire più a fondo dell’odio, se credi di non meritarlo, ed è fin troppo facile trasformare quel dolore in arma e puntarla contro chi meno lo meriterebbe.
Sullo sfondo di un processo che porta alla luce ricordi difficili e costringe tutti a una scelta di campo, Viv e Carlos dovranno imparare il modo giusto per aprirsi l’uno all’altro, ed entrambi al mondo.

Viv, in tutto ciò, era come un soffio di vento. E ogni volta che incrociava il suo sguardo, Carlos non riusciva a capire se l’incendio sarebbe scoppiato del tutto, devastando il suo mondo, o se quel fuoco avrebbe continuato a bruciare in silenzio, riscaldando parti di lui un tempo fredde e intirizzite, dandogli respiro.
(dal libro)

Vivian e Carlos, due personaggi che sembrano pozze torbide, profondamente imperfetti, incagliati in una realtà e in un passato che li definisce.
Vivian è un disastro che non si sa come aggiustare, un ragazzino androgino spezzato dal suo vissuto; si muove braccato dal senso di colpa, con l’angoscia di non meritare le cose buone. L’istinto lo porta a sabotare ogni promessa di serenità, come un promemoria costante sul fatto che lui non sia nato con lo stesso destino degli altri esseri, bensì per espiare e compensare il dolore che ha colpito il fratello Björn.
Carlos tenta di riscattarsi dai pregiudizi e dai luoghi comuni, eppure non si accorge di inseguire i sogni di altri, di essere imbrigliato in schemi che non gli appartengono, di negare, temere, aborrire il vero se stesso.
I personaggi collaterali (Raven, Jude, Eve, David, Björn…) creano una rete vivida e spessa su cui la storia si adagia e viene plasmata con cura. Una narrazione densa in cui sembra di annaspare come nella melassa, articolata in storie dove ognuno è affaticato dalla propria realtà e dai propri inciampi.
Non è un racconto facile, non è per tutti i palati. La prima cosa che colpisce è lo stile: pastoso, ricercato, avvolgente, ma attorno alle parole si nota la sapienza di ciò che si esprime: sensazioni, percezioni, consapevolezze e sviluppi che non possono essere affrettati. Coscienze. Vite. Scelte. Errori. Imperfezioni.
È una storia toccante, che talvolta fa arrabbiare. Penseremo che Vivian meriti il male che sta facendo a se stesso ma, allo stesso tempo, vorremo stringerlo e confortarlo. Non mancheranno personaggi che lo faranno per noi. In modo impacciato, parziale, distante, cauto, forse perché è l’unico tipo di contatto che è capace di sostenere. Ed è proprio di questo equilibrio (o disequilibrio) che la storia sta cercando di raccontarci fin dall’inizio, del modo in cui Carlos può riuscire ad avvicinare Vivian, a entrare nella sua sfera intima.
Tutto – dialoghi, gesti, sviluppi, amicizie ed errori – esce dai canoni di una storia banale, già sentita, prevedibile. Una lettura che merita davvero.

E anche l’imbarazzo lo abbandonò, insieme al panico, alla smania che lo divorava da giorni e che sembrava placarsi solo a letto. Con un corpo dentro, addosso.
Pelle su pelle, fiato nel fiato.
Dopo si trovarono stesi entrambi sul letto sfatto, i petti ancora ansanti, le schiene bagnate di sudore e i capelli negli occhi; e fu allora, come ogni volta, che Viv sentì tornare il freddo: come dita gelide che scivolavano dentro al suo corpo fino a stringergli lo stomaco in una morsa di ghiaccio, come zampe di ragno che facevano formicolare la pelle, echi che rimbombavano nelle orecchie a tempo con il sangue.
(dal libro)


 

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