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Recensione: “Vorrei che fosse già domani” di Miriam Candurro e Massimo Cacciapuoti

Buongiorno Fenici, oggi Nayeli ci parla di “Vorrei che fosse già domani” di Miriam Candurro e Massimo Cacciapuoti

Una storia sulla sincerità dell’amicizia. L’amicizia che, quando arriva, sconvolge tutta la nostra vita. E ci regala una nuova prospettiva su noi stessi e sul nostro posto nel mondo.

Era come se l’anima di Paolo, sciogliendosi in mille gocce, le fosse piovuta nel cuore. Era sempre stato quello il posto di Paolo, il suo cuore, da sempre, già da prima che s’incontrassero. Da prima del big bang. Da prima del mondo. Da prima di tutto.

Al liceo è giorno di manifestazione. Nei corridoi deserti, Paolo cerca agitato tra i suoi post-it quello su cui ha annotato le coordinate per arrivare in classe. Ormai non può più farne a meno. Perché da quando, tre anni prima, un brutto incidente gli ha fatto perdere il senso dell’orientamento, la sua vita è diventata un insieme di istruzioni numeriche, che gli permettono di confondersi tra gli altri, di sembrare uno come tanti. Ma all’improvviso, in un momento di distrazione, il suo sguardo incrocia due profondi occhi verdi. Quelli dell’esuberante Cristina che, dopo settimane di assenza, si è decisa a darla vinta a sua madre e a rientrare a scuola, anche se non ne ha alcuna voglia. Il loro incontro dura un attimo. Ma quell’attimo indimenticabile è sufficiente a cambiare ogni cosa. A poco a poco, tra bigliettini scambiati di nascosto sotto il banco e pomeriggi passati sui libri, Cristina, mossa da una curiosità che non riesce neanche a spiegarsi, rompe il guscio dentro al quale Paolo si è rinchiuso. Gli fa capire che l’invisibilità non è la soluzione a tutti i problemi. E Paolo, finalmente pronto a lasciarsi andare di nuovo, convince Cristina a non rinunciare alla propria unicità. Insieme sentono di poter superare ogni ostacolo ed essere sé stessi di fronte al mondo, che fa sempre un po’ paura. Per questo vorrebbero che il tempo a loro disposizione non finisse mai e che fosse sempre domani, per iniziare ogni giornata mano nella mano. Ma il passato torna a far visita a Paolo e lo costringe a prendere una delle decisioni più difficili. Perché non c’è legame più forte di quello che si conquista ogni giorno. Un legame che niente può spezzare. Nemmeno un tempo che sembra infinito.

Vorrei che fosse già domani nasce dalla straordinaria collaborazione tra Miriam Candurro e Massimo Cacciapuoti. Le loro voci si fondono per esplorare con tatto e sensibilità il fragile mondo dell’adolescenza, fatto di contraddizioni e istanti perfetti. E ci insegnano che non esistono ostacoli insuperabili. Esiste solo la voglia di vivere, che ci permette di imboccare la strada giusta per la felicità.

Vorrei che fosse già domani è una storia di adolescenti incentrata su aspetti come   l’assoluto bisogno di essere adeguati e di appartenere al gruppo – e se così non può essere, allora è meglio la morte sociale – ma anche della difficoltà di crescere, delle paure e del rapporto con i genitori che da un giorno all’altro si fa difficile. È il racconto di una fase di passaggio unica in ognuno di noi, che in questi due ragazzi somma aspetti fisiologici naturali e vicissitudini individuali che rendono il tutto un po’ più faticoso.

«Non so mai cosa ti passa per la testa, non mi parli più».

Era vero, ma solo in parte. La verità è che lui l’aveva abituata male sua madre. Le aveva raccontato sempre troppo. E adesso che qualcosa era cambiato in lui, che un sottile senso di imbarazzo avvolgeva i suoi pensieri come una ragnatela, istintivamente aveva fatto un passo indietro.

Ma è anche la storia di due esseri sensibili e determinati che si riconoscono, che osano un saluto, un gesto, e che prendono via via più confidenza, che si trovano bene insieme. Di un’amicizia che nasce dal niente, su premesse improbabili e di due vite che cominciano a risplendere.

Il suo sguardo gli aveva maledettamente scavato nelle profondità dell’anima. E a furia di scavare, aveva aperto un varco da cui era tornato a galla il Paolo di una volta. Accidenti, aveva dimenticato quanto fosse forte, tre anni prima, la voglia di spaccare il mondo che gli friggeva tra le dita.

[…] All’improvviso lei, la più grande sfigata dai tempi dell’homo sapiens sapiens, l’essere più inutile da quando Epicuro aveva formulato il concetto di utile (questa l’aveva rubata alla prof di filosofia!), sentiva che la vita le stava affidando un compito importante. E quel compito si chiamava Paolo, la sua felicità. La ricerca del suo equilibrio.

A differenza delle trame che trattano di personaggi adulti (che di solito cercano l’amore “eterno”), le storie per adolescenti hanno ben chiaro che quello è solo un punto di partenza, dato che i ragazzi hanno tutta la vita davanti. E anche se la loro attenzione, il loro mondo, le loro emozioni e le loro speranze sono tutte incentrate sul qui e subito, in queste storie ritroviamo sempre una scelta che riguarda il loro futuro, la necessità di dare una prospettiva spaziale o temporale a questa giovane vita, alla loro giovane infatuazione. Scelta affatto facile, perché se nei romanzi per adulti è chiaro che la scelta sia sempre “cogli l’amore quando lo trovi”, nei ragazzi è sempre faticoso scegliere per la rinuncia a un futuro, al proprio benessere e alla realizzazione personale.

Ho trovato questo romanzo molto delicato, piacevolmente introspettivo, anche al costo di una partenza un po’ lenta. L’eccitazione per le piccole cose tipica di chi le vive per la prima, indimenticabile volta e la gradualità della relazione, descritta dai primi momenti di approccio e nel naturale sviluppo, sono credibili e dolcissime.

Rimase impietrito. Quel diminutivo, Cris, lo inquietava più di tutto. Annullava in un solo colpo qualsiasi tipo e forma di distanza fra loro; li predisponeva a un livello di intimità che superava i limiti di controllo consentiti. Come bere dallo stesso bicchiere, mangiare con la stessa forchetta, magari imboccandosi, mostrarsi nudi.

Ho apprezzato anche la presenza ingombrante dei genitori, in particolare le madri, e una sottile critica ai padri assenti o troppo deboli in quel ruolo fondamentale durante l’adolescenza. E ho apprezzato anche i richiami alla disabilità che, per quanto lieve, per Paolo pare una distanza insormontabile rispetto ai coetanei, così come lo scompenso di Cristina di fronte a fatti che, pur non essendo tragici, l’hanno fatta crescere troppo in fretta.

Lo sguardo che Sic le aveva lanciato alla fine dell’interrogazione di chimica non era uno sguardo semplice. Di quelli che dici «mi ha guardato e basta». No. Era pieno di roba, il suo sguardo, come i suoi occhi erano pieni di cose. Cose profonde, che prendono alla bocca dello stomaco, che accendono fanali nella notte e fanno battere forte il cuore. Che chiedono aiuto senza avere il coraggio di chiedere aiuto.

In merito allo stile, non mi ha convinta l’utilizzo dei punti di vista alternati, dato che nel testo vengono utilizzati con una certa fluidità – senza nuocere alla comprensione – e l’impiego dei corsivi come pensieri. Piccolezze comunque che non nuocciono alla lettura.

Si sollevò istintivamente sulle punte, sporgendosi piano verso di lui per baciarlo sulla guancia. Non c’era niente di male, in fondo. Era così che si salutavano quelli della sua classe e tutti quelli della loro età. Tranne lei e Paolo, ovviamente, perché Paolo non faceva niente di quello che facevano gli altri. Ma lui era un caso a parte. Non faceva testo.

Cristina avvertì la necessità di quel gesto, che li avrebbe riavvicinati definitivamente. Anche per sapere di che sostanza era fatto. Se davvero era come tutti gli altri esseri umani del mondo o se era diverso, se era fatto di pelle, muscoli, ossa. Se il suo corpo era caldo, se respirava.

È un libro sfaccettato e ben scritto, che consiglio per tutte le età.

 

 

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