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Recensione: Una trappola d’aria di Giuseppe Festa

TITOLO: Una trappola d’aria

AUTORE: Giuseppe Festa

EDITORE: Longanesi

GENERE: Thriller

DATA DI PUBBLICAZIONE: 20 Gennaio 2022

Isole Lofoten, Norvegia, 1995. Marcus Morgen ha una pistola in mano. È ora di farla finita. In fondo, che cosa gli è rimasto? Ha perso sua madre troppo presto. Ha perso l’amore della sua vita. Ha perso una gamba e nello stesso incidente ha perso anche il suo amato lavoro di ispettore della polizia criminale di Oslo. Lì, in quell’arcipelago remoto, tra montagne antiche e fiordi artici, Marcus non ha nessun obiettivo, nessuna piccola speranza che lo convinca a vivere un solo giorno in più. Sta per premere il grilletto quando Ailo, collega e amico, irrompe in casa sua: c’è stato un omicidio e le modalità con cui è stato commesso sono tanto inusuali quanto crudeli.
La mente brillante di Marcus si rimette in moto. E presto l’intuito gli suggerisce che quella morte non è un caso isolato. Che quella è soltanto la prima vittima.
Ma non appena la sua ipotesi trova conferma e nelle isole avvengono nuovi omicidi, comprende di dover dare la caccia non a un semplice assassino seriale, bensì a un autentico enigma vivente. Un latore di morte che sembra emanazione della natura selvaggia. E che giustizia chi la ferisce.
Per identificare e fermare quelle mani assassine, Marcus ha bisogno di qualcuno che conosca l’arcipelago alla perfezione: Valentina Santi, ricercatrice italiana esperta di animali marini che si trova sulle Lofoten per studiare le balene. Tuttavia, per porre fine alla scia di sangue, non basta seguire degli indizi. Marcus e Valentina devono fare i conti con il proprio passato e soprattutto con quello di un assassino che è stato anche una vittima, un predestinato del male.

Devo fare una premessa: Una trappola d’aria non mi ha entusiasmato molto.

Nonostante la storia sia ben scritta e ricca di descrizioni che danno l’idea di trovarsi in quei luoghi, i personaggi pur avendo una loro caratterizzazione, mancano a mio avviso, di quel pathos che gli avrebbe dato una connotazione diversa.

Isole Lofoten, 1995. L’ispettore Marcus Morgen sta per suicidarsi, ormai ha perso tutto nella vita: la madre, la compagna, la gamba in uno scontro a fuoco e il lavoro. Si sente sfinito e pronto alla fine, ma una chiamata da parte del suo collega e amico Ailo, che lo avvisa di un cadavere ritrovato su una barca, lo fa desistere e si reca sul luogo del delitto.

Da qui una serie di omicidi sconvolge la tranquillità dell’isola, facendo emergere il sospetto di un serial killer che uccide seguendo un preciso schema: punisce chi uccide gli animali e lo fa esattamente allo stesso modo, un baleniere arpionato, un cacciatore con un richiamo ficcato in gola, un bracconiere con la faccia in una tagliola. Un vendicatore insomma!

Le indagini faranno emergere una storia che ha radici profonde, una brutta vicenda successa a una famiglia del posto. Ci sono due piani temporali: uno nel passato, che attraverso un diario racconta le vicende dei diversi parenti e uno nel presente che viene raccontato dai vari protagonisti della storia.

L’ispettore Morgen è ben caratterizzato, un uomo pieno di ombre, di paure, un personaggio scisso a metà per il quale il lavoro viene prima di tutto. Ma io l’ho trovato piatto, noioso e in alcuni punti addirittura statico, con poche sfumature.

Una cosa che ho apprezzato sono le descrizioni dei paesaggi: così vivide e dettagliate che danno l’impressione di visitare davvero quei luoghi.

L’epilogo, a mio modesto parere, è prevedibile e facilmente intuibile ma rimane un thriller ben scritto.

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