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Recensione: “Tributo di dolore” di Maurice Fay * Serie L’ultimo Dragar #2

 

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Molto prima di essere un Dragar, chi era Radan?
E come è iniziata la sua storia con Alistair?

In un viaggio a ritroso nel tempo troveremo un giovane Radan che vive di espedienti, ai margini della società.
Un giorno si ritrova davanti tre bizzarri uomini vestiti di nero e ne deruba uno, non sapendo che proprio questo cambierà il suo destino. Perché uno di loro lo inseguirà per riprendersi i soldi.
È Alistair, che nel rincorrerlo prova a infrangere il suo Scudo Mentale e non ci riesce, capendo così che davanti non ha un semplice e banale ladruncolo, ma molto di più.
E inevitabilmente, tra i due scatta qualcosa, un’attrazione che non credevano possibile e che inizia a intrecciare le loro vite sullo sfondo di una città sconvolta da misteriose sparizioni.
Radan si sente feccia, non all’altezza di qualcuno di così perfetto come Alistair. E Alistair è appena uscito da una storia d’amore passionale e coinvolgente, che l’ha lasciato con la consapevolezza di essere tutt’altro che perfetto. Ed è proprio attraverso gli occhi di Radan che lo vedono così puro e perfetto che Alistair comincia a vacillare, diviso fra l’attrazione per il suo ex e l’innegabile fascino di Radan.

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Solitamente scrivo la recensione di un romanzo non appena ho terminato l’ultima pagina, questa volta ho dovuto attendere un po’ di ore. Perché? Per sbollire la rabbia! Non ho accettato la fine e di conseguenza ho dovuto metabolizzarla.
Partiamo dal principio.

Scambio Equivalente, il primo capitolo della saga, terminava con un orribile cliffhanger: Radan e Liam erano arrivati al castello di Zulnadar, ma un grosso ostacolo si era manifestato dinanzi al loro cammino. Mi aspettavo dunque che l’autore riprendesse esattamente da dove aveva interrotto la narrazione. Così non è stato e, anche se arrabbiata, ho iniziato la lettura consapevole del fatto che il protagonista, come da sinossi, è il giovane Radan, o meglio, il ragazzo che era, prima di diventare l’ultimo maestro Dragar.

Il giovane è un ladruncolo che vive di espedienti, mangia quando riesce a racimolare qualche moneta  e vive in una soffitta fatiscente. È completamente diverso dall’uomo che abbiamo conosciuto: non crede minimamente in sé, è convinto che la sua vita di stenti non possa cambiare in alcun modo. È stato davvero strano leggere quelle pagine, capire e accompagnare Radan lungo il percorso che lo ha portato a diventare il guerriero forte, tenace e impavido che abbiamo amato, e, in alcuni casi, odiato nel romanzo antecedente.

Un giorno però incontra Alistair, un giovanissimo mago che padroneggia perfettamente tutte le arti magiche. Quest’ultimo è attratto da lui dal primo momento in cui il suo sguardo incontra quello di Radan, ma non è un interesse sessuale o sentimentale, almeno non all’inizio, bensì  ammirazione. Non riesce infatti a penetrare il suo Scudo Mentale, e, considerando il fatto che lui è uno dei maestri più bravi, questo può significare solo una cosa: Radan ha in sé delle doti e delle abilità fuori dal comune. Lo convince quindi a partecipare alle selezioni per gli allievi della scuola Dragar ma, pur passando brillantemente la prova a cui viene sottoposto, gli altri maestri non vogliono dargli una possibilità per via degli espedienti con cui si procura da vivere.

Alistair non lo accetta. Sente che Radan è diverso, e, parlando con lui, non solo si accorge di quanto in realtà valga, ma fa di tutto per far sì che il futuro di un giovane così promettente possa cambiare. Ho amato particolarmente il modo con il quale il maestro tenta con ogni mezzo a sua disposizione di rendere meno bieca la vita di Radan, soprattutto in virtù del fatto che lo fa senza chiedere nulla in cambio, semplicemente ed esclusivamente per pura bontà d’animo. Con il passare del tempo sente di provare dei sentimenti per lui, ma è combattuto: il suo ultimo amore, Haxoran, gli è molto vicino, sia a livello emotivo che intimo, e nonostante si sforzi di stargli lontano non vi riesce, mentre Radan è come un bicchiere di acqua fresca in una giornata afosa d’estate: semplice, fresca ed essenziale per poter sopravvivere.

“Ora sono diviso a metà. Spaccato fra il mio corpo che vuole Haxoran, e il mio cuore che vuole Radan. E non so quale parte vincerà sull’altra”.

Dal canto suo, Radan non riesce proprio a capire come un damerino del genere possa piacergli, un uomo così perbene, un mago che insegna ai suoi allievi che il tributo di dolore che la magia richiede, non deve necessariamente venire dal sacrificio di altri esseri viventi, ma deve essere fatto in prima persona, perché niente può giustificare il dolore che si reca agli altri.

Ma al cuor non si comanda e … e poi un piffero! In un momento di bisogno Radan dimostra il suo coraggio e basta. Non si dice più nulla. Caro autore, hai ragione, hai scritto un fantasy, però mi hai fatto stare male nel primo capitolo perché soffrivo per l’amore perduto da Radan e poi non mi dici nulla al riguardo? Non mi dici come è nata la scintilla?
Credete che mi sia dimenticata di Liam? Non è così, viene nominato poco, solo nell’epilogo e non posso proprio dirvi il motivo del suo ritorno nel romanzo, questo non è luogo per rivelare tutta la storia , dovrete leggerlo, se vi fa piacere, e scoprirlo da soli.

Ora, però, mi rivolgo a te, caro autore, non pensare di passarla liscia. Nei ringraziamenti hai scritto che probabilmente ti avremmo odiato per aver terminato il romanzo con l’ennesimo cliffhanger. Odiare è una parola grossa che non rientra nel mio vocabolario, però sì, sono arrabbiata. Non si conclude una serie con un espediente così, non si fa, proprio no!
Una piccola nota a favore dell’autore, nel precedente libro avevo riscontrato refusi importanti, in questo invece sono assenti, la scrittura è fluente e coinvolgente.

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Recensione a cura di: Mytra

Editing a cura di: MagaMagò

 

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