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Recensione: “The Aristocrats” di Daria Torresan & Brunilda Begaj

Ricchi, potenti e di una bellezza quasi eterea, i fratelli Doko sono “I signori dell’est-Europa”. Arroganti, pericolosi e disonesti fino al midollo, non provano pietà, non rispettano le regole e l’unica legge che conoscono è la loro.
La sola parola che conta è la loro.
Tutti li temono, tutti chinano il capo al loro cospetto. Tranne le sorelle Norik, discendenti dirette della donna più autorevole e rispettata nell’Europa orientale, nonostante il passato per nulla glorioso. Il loro cognome è sinonimo di potere e protezione. Per loro la legge è al di sopra di tutto, non giocano sporco, non ne hanno bisogno. Ma il loro rispetto va guadagnato e i Doko l’hanno perduto da tempo.
C’è un confine invalicabile tra le terre degli uni e delle altre.
Due famiglie, due imperi in lotta da sempre per la supremazia. Ma la loro battaglia rischia di portare alla luce troppi segreti. Quanto a lungo possono i protagonisti di questa faida farsi carico dell’antico odio che li separa? Quanto, prima che gli istinti carnali sfocino in una passione travolgente?
Perché davanti a un sentimento come l’amore, il cognome che porti non conta nulla.

Conoscete tutte il celebre dramma di “Romeo e Giulietta”? Ecco, tenetelo bene a mente, perché “The Aristocrats” è una sorta di rivisitazione di questa famosissima opera di Shakespeare.

Due famiglie mafiose albanesi: i Doko e le Norik. Rozaf, un temutissimo patriarca da una parte e Kendra, una forte e potente matriarca dall’altra. Tre figli: Rezart, Roel e Ramil. Tre figlie: Keleste, Kristel e Kleisa. Tutti perennemente in guerra per il predominio sul territorio, ma che, per una strana e fortuita coincidenza, si ritrovano ad essere amanti clandestini e sventurati. Intrighi, segreti, sensi di colpa, tutto questo e altro ancora convoglieranno in un finale tragico dal lieto fine minimalista.

In questo libro, non vi è un vero e proprio protagonista, si tratta di un romanzo corale che mette tutti sullo stesso piano senza, purtroppo, essere in grado di valorizzare e delineare le varie figure. I personaggi risultano vuoti e inconsistenti, le loro storie abbozzate e senza alcun approfondimento, dovendo ognuna dare spazio alle altre. Sarebbe stato meglio se l’attenzione fosse stata rivolta ad una singola coppia così da permettere di sviluppare appieno sia le dinamiche relazionali, sia le caratteristiche dei personaggi.

Ad esempio, avrei voluto che venisse dato più spazio a Kristel, di cui non sappiamo molto, a parte l’insofferenza verso la sorella Kleisa. È un personaggio lasciato in secondo piano, tirato fuori nella sua veste di avvocato di famiglia solo nei momenti necessari al proseguimento della storia.

Anche di Kendra, la matriarca della famiglia Norik, sappiamo ben poco: gestisce un giro di prostituzione ed è nota a tutti come la Regina dell’Est-Europa, ma non si sa quasi nulla di come abbia ottenuto tale appellativo. A mio parere, un titolo così altisonante avrebbe meritato qualche attenzione in più nella narrazione, anche per mantenere alta l’attenzione del lettore.

Tra le protagoniste femminili c’è Kleisa, la piccola di casa, a cui è riservato maggior spazio nel racconto. Inizialmente viene presentata come una giovane tutta pepe, ma dopo un’unica notte passata con uno sconosciuto, per ben sette anni non volge neanche lo sguardo ad altri uomini, in ricordo di quel singolo momento. Dal canto suo, lo sconosciuto di cui non vi svelerò il nome, ricerca costantemente Kleisa nelle altre donne con cui va a letto. Insomma, nessuna novità all’orizzonte.

L’ultima delle Norik è Keleste, la primogenita. Da lei mi aspettavo veramente tanto e devo ammettere che è stata l’unica a non avermi delusa. È, a mio giudizio, il personaggio maggiormente sviluppato, con una personalità ben definita; inoltre, grazie ai suoi scontri con Roel Doko, possiamo gustare scene davvero interessanti, tra dialoghi taglienti e momenti piccanti.

L’unico personaggio, però, che mi è veramente piaciuto, è stato il più piccolo dei Doko, Ramil: uno stronzo vero e proprio e non un agnello travestito da lupo, come spesso sono i protagonisti maschili di questo genere. Fedele al ruolo dall’inizio alla fine, ha seguito un suo filo logico, senza finti buonismi.

Il libro si presenta come un mafia romance, ma questo aspetto è affrontato molto poco, a parte per qualche accenno qua e là al traffico illegale di armi e droga gestito dal clan Doko. Viste le tematiche sociali toccate dal romanzo, ho iniziato a sperare, purtroppo invano, che fossero state leggermente più approfondite.

Il racconto segue i diversi point of view dei protagonisti e i capitoli seguono questa scelta, essendo stati scritti delle volte in terza persona e altre in prima. Purtroppo, però, questi non seguono uno schema preciso e la cosa ha leggermente spezzato la fluidità della lettura.

Devo ammettere che aspettavo quest’uscita con trepidazione; avevo seguito le varie e brevi anticipazioni e le premesse c’erano tutte: battute taglienti, faide familiari, scontri, passione.

L’ho letto tutto d’un fiato, la scrittura è molto scorrevole e abbastanza buona, nulla di troppo complesso, e gli sviluppi non sempre sono scontati e prevedibili.

Una volta concluso, però, la prima immagine che mi è balenata davanti è stata un enorme… ciotola di insalata di riso, giuro! Avete presente le insalatone “svuota frigo”, condite con tutto ciò che avete a disposizione? Ecco, il libro sembra proprio una di quelle. Provate a immaginare tutti gli elementi sorpresa che si possono trovare in un romance, ogni tipo di cliché ed ogni elemento caratterizzante del genere. Ecco, qui ci sono: una certa suspense, l’evoluzione e i cambi di rotta dei personaggi (soprattutto quelli “cattivi”) ed i finali a effetto sorpresa, ma non sempre a lieto fine. Ovviamente, il tutto è ben condito con interminabili e minuziose scene di sesso d’ogni tipo, descritte in ogni minimo sospiro, ma a mio avviso sono state un po’ troppe.

Tutto sommato si potrebbe definire una storia completa e abbastanza interessante, ma purtroppo non ne sono rimasta particolarmente colpita.

In quanto a stile e scrittura, ho molto apprezzato le due autrici e anche l’idea originale era molto intrigante, ma, personalmente, trovo non sia stata sviluppata al massimo del suo potenziale.

Raccomando la lettura ai veri amanti del genere.

 

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