Honor Thomas non ricorda cos’è successo. Sa solo che quell’uomo l’ha salvata durante la sua rovinosa fuga. Un uomo all’apparenza scuro e minaccioso, eppure qualcosa le dice che non le farà del male. Anzi, risveglia in lei un desiderio che non ricordava di avere mai provato. Matt Walker, ex Seal, si è rifugiato sul monte Hood dopo le varie delusioni che hanno costellato la sua vita. Dovrebbe cominciare a lavorare per l’ASI, una delle società di sicurezza più importanti del paese, ma non è ancora pronto. La preoccupazione per il destino di Honor, però, riesce a smuovere il suo orgoglio sopito: è lui il solo che può proteggere quella bellissima donna scampata al pericolo, la cui sorte è indissolubilmente legata a quella della nazione.
“Aveva una gran baraonda in testa, ma non nel cuore. Poco ma sicuro. Lui era quello giusto. Quello che cercava da sempre, anche se non sapeva neppure che lo stesse cercando. Tutti quegli appuntamenti, quelle cene, quei caffè, gli amanti occasionali… Non la meravigliava che non avessero funzionato, che non l’avessero coinvolta.
Aveva sempre aspettato Matt. Aspettato di provare quel senso di protezione, di sentire due cuori fondersi insieme.”
Un auto lanciata in una folle corsa su ripide stradine di montagna, un SUV minaccioso all’inseguimento, una donna spaventata da flashback di catene e prigionia e poi, inevitabilmente, lo slittamento, la caduta e l’esplosione…
Si apre con questo incipit adrenalinico il sesto volume della serie “Men of Midnight”, ancora più d’effetto se paragonato all’atmosfera placida e sonnacchiosa che accompagna l’entrata in scena del nostro eroe, Matt Walker, nuovo membro dell’ASI (almeno sulla carta) ed ex Navy Seal, congedato con disonore per aver fatto la cosa giusta in un mondo, quello della guerra, spesso ingiusto.
Matt infatti si trova nell’isolato rifugio dell’ASI, intento a pescare salmoni, quando la lenza si imbatte in un pesce decisamente umano e femminile!
Inizia così la convivenza tra Hope, dottoressa dalla memoria perduta, e il nostro eroico salvatore, mentre giorno dopo giorno, frammento di memoria dopo frammento, i misteri aumentano e la matassa si dipana anche grazie agli immancabili POV dei cattivi (ben due stavolta) che l’autrice da sempre ci regala. Perché Hope aveva il nome di Matt e le coordinate del rifugio scritte sul braccio? Da chi era tenuta prigioniera? A quale scopo? Ma soprattutto, qual è la nuova minaccia che l’affiatato gruppo dell’ASI dovrà affrontare, dopo aver sventato attacchi biologici, di hacker e le care vecchie bombe (che a quanto pare sono diventate abbastanza noiose e obsolete per la fantasia della Rice!).
Tra vecchi e nuovi membri dell’ASI (e le loro dolci metà, con Felicity sempre in primo piano nonostante nausea e pancino!) ancora una volta l’autrice ci regala un sorprendente intrigo internazionale.
Alcuni collegamenti tra il passato di Matt e la situazione attuale di Hope li ho trovati davvero geniali, perché danno la possibilità alla neo-coppia di affrontare e vendicarsi insieme di un uomo che ha distrutto le loro vite e mirato, per avidità, alla distruzione di tante altre.
Tuttavia, sebbene abbia trovato la parte investigativa che coinvolge strettamente Hope, suo padre e Matt davvero coesa e ben strutturata, la parte che riguarda il mistero da svelare nel suo insieme risulta a tratti inverosimile e debole; chiaramente inventare nuove minacce sempre più pericolose e articolate porta a qualche scivolone. La parte più romance stavolta è inaspettatamente delicata, quasi poetica, con ben poco dell’erotismo e della passione a cui ci ha abituate la Rice, a favore di un maggiore approfondimento psicologico individuale e di coppia. Hope è la classica vittima che si riscatta nel finale, rimpiange la donna e la dottoressa forte e senza paura che era, ma con l’aiuto e l’appoggio di Matt capisce che va bene piangere per gli eventi terribili che ha visto e vissuto, proprio come lui può trovare in lei conforto e comprensione per il passato di guerre e atrocità. I due hanno molto in comune e la loro complicità è palpabile e molto emozionante… anche se un po‘ di pepe in più non avrebbe guastato! Piccola, deliziosa, nota finale, l’happy ending è davvero completo per una volta e chiude il tutto in un clima di gran festa!