Cosa fareste se aveste la possibilità di cambiare un tragico passato? E se per farlo doveste lasciare indietro una parte di voi, sareste comunque disposti ad andare fino in fondo?
Questa è la storia di una ragazza come tante che crede di avere come angelo custode un uomo per nulla comune: River Phoenix, cantante, attore, idolo delle ragazzine, amico di Keanu Reeves e Johnny Depp, morto tragicamente la notte di Halloween del 1993.
Aveva ancora così tanto da vivere e così tanto da comunicare al mondo. Ma se la sua morte prematura si potesse evitare?
Se quella ragazza non si sbagliasse e la sua vita fosse effettivamente legata a quella dell’attore?
Cosa accadrebbe se le fosse data la possibilità di viaggiare nel tempo fino a poche ore prima che avvenisse la tragedia?
Se non vedete l’ora di conoscere le risposte a queste domande, non vi resta che leggere e gustare “Living River”.
Perché la vita, a volte, sa essere piena di sorprese.
La storia ruota intorno ai sentimenti della protagonista nei confronti del cantante/attore River Phoenix. Già, sentimenti. Perché quale ragazza, che sia un’inguaribile fan, non prova emozioni intense verso colui che le regala sogni e batticuori?
Il tutto passa attraverso una data magica: la notte di Halloween. Per tutti è solo la notte delle streghe, in cui ci si maschera e ci si diverte osservando zucche intagliate; per River segna la fine della sua intensissima, ma troppo breve vita; per la protagonista, che ci racconta la storia in prima persona senza svelarci assolutamente niente che non riguardi in qualche modo lei e la sua vita se non rapportata a lui, questa notte rappresenta un momento di lutto. Lei è vissuta con la convinzione che River fosse il suo angelo custode, che le sia stato accanto ogni volta che ne aveva bisogno, proprio lui che era il suo idolo. Ma l’età adulta ti spinge a chiudere nel cassetto anche le convinzioni a cui tieni di più, etichettandole come “assurde” o “impossibili”.
La immaginavo, su quel balcone, con la sua tutta grigia, con la sua sigaretta, a rimuginare sul perché della sua tristezza, su quella sensazione di aver perso qualcuno di caro. E all’improvviso… è proprio il suo telefono super-tecnologico (diciamo che l’ho associato a cose come matematica e scienza, che sono come la terra ferma) che scatena il piccolo incidente che la porta dove non pensiamo sia possibile. É un sogno? È un delirio? Sta succedendo davvero?
Si ritrova proprio faccia a faccia con il suo idolo e reagisce esattamente come reagirebbe chiunque al suo posto. Balbettante. Confusa.
Devo confessare che all’inizio non ho apprezzato moltissimo tutta questa confusione, tutta questa indecisione, ma poi ho metabolizzato impersonandomi nella protagonista e immaginando cosa farei io al suo posto. Be’, probabilmente (leggete: sicuramente) sarei incredibilmente più goffa e, con quelle pantofoline gialle, correrei lontana a nascondermi, cosa che avrebbe voluto fare anche lei.
“Cerco un tavolino piccolo, in un angolo, in penombra, ma questo stupido bar americano è fatto proprio come il tipico bar americano.”
Mi è piaciuta l’idea che ci venga offerta una possibilità di cambiare il passato e che le nostre vite siano interconnesse. Forse, la frase clou del libro è la stessa che possiamo trovare nel sito di Éscrivere, da cui è possibile scaricare gratuitamente il racconto.
“«Ma sì, è fantastico!» ripete in sollucchero. «L’idea che la morte sia solo un passaggio. Che le vite umane siano tutte infinitamente connesse le une alle altre, che ci siano legami lontani e profondi, anche tra sconosciuti. Legami che superano persino il tempo e lo spazio, ti rendi conto? È una cosa fantastica!»”
Il finale aperto mi ha poi lasciato tantissima curiosità, speravo tanto che girando la pagina ci fosse ancora dell’altro, ma potrò solo immaginarlo a modo mio (a meno che l’autrice non ci sorprenda).
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