♦ Traduzione a cura di Caterina Bolognesi
Triskell Edizioni, acquistabile qui ♦
Will e Scott, ormai dichiaratamente gay e orgogliosi di esserlo, vivono insieme nella piccola villetta di Scott.
Perciò è tutto perfetto, giusto? Sbagliato…
Scott ha un nuovo partner, un partner maschio, e a Will la cosa non piace per niente. C’è un sadico serial killer in libertà che sta torturando e uccidendo gli uomini della comunità gay, e Will e Scott non hanno alcuna pista da seguire.
E in più, uno dei residenti del Laurel Heights è stato arrestato per omicidio.
Avevo molte aspettative per questo libro, molte, moltissime aspettative…
Will e Scott si amano, è bello vederli insieme, ci sono incomprensioni, gelosia anche, ma tutto molto all’acqua di rose, senza che il lettore tema realmente un’incrinatura nel loro rapporto.
Kelly Dawson era stato la sua spina nel fianco dal momento in cui si era unito al loro dipartimento, un mese prima.[…] La sera precedente era stata l’ultima goccia. Will era tornato a casa dopo aver riaccompagnato Julie, e aveva trovato Kelly e Scott comodamente stravaccati sul loro divano, che si bevevano una birra mentre si guardavano la partita che Scott aveva registrato la sera prima. Non che Will avesse da ridire sulla birra o sulla partita. Erano stati il braccio di Kelly, casualmente gettato sullo schienale del divano dietro a Scott, e il modo in cui gli si era spostato più vicino quando lui era entrato a infastidirlo. Will aveva ignorato il saluto di Scott e aveva marciato fino in camera senza dire una parola.
Li vediamo coinvolti in un caso cruento: un serial killer sadico e psicopatico che terrorizza la comunità gay di White Plains. Un assassino metodico che non fa un solo errore, che non lascia nessuna traccia; nulla di nulla e questo mette decisamente in difficoltà i nostri protagonisti.
Nel mezzo c’è il nuovo partner di Scott, Kelly Dawson, un uomo che fa esplodere la gelosia di Will come una granata con le sue provocazioni, anche se non è mai fastidioso; e infine torniamo al Laurell Heights a causa di una telefonata nel cuore della notte, che farà ripiombare Will e Scott in un incubo che credevano finito.
Le premesse c’erano tutte, la scrittura della Worrall è ineccepibile come al solito (questa donna sa scrivere gente), ma gli elementi messi in campo sono decisamente troppi e rende il tutto sottotono, e le mie aspettative sfortunatamente sono finite in un baratro di delusione e amaro in bocca.
Sì, purtroppo il mio giudizio è drastico, perché credo che un piccolo gioiello come il primo libro della serie poteva rimanere tale: un autoconclusivo sexy e divertente. Invece l’autrice ha voluto strafare. Mi è impossibile non fare confronti tanto è il divario tra i due romanzi, e forse proprio per questo la delusione è maggiore. Non c’è pathos, non c’è tensione tra i protagonisti (gli stessi del primo romanzo), ci sono piccoli espedienti non sfruttati e altre situazioni decisamente assurde e forzate.
Ricapitolando e cercando di non dire troppo: Will e Scott sono messi sotto pressione da un caso dal quale non vengono a capo, emotivamente troppo coinvolti, perché è comunque un crimine dell’odio, e frustrati dal fatto che il killer non faccia un passo falso, nemmeno pagato; ricevono una chiamata nel cuore della notte e un loro amico risulta accusato dell’omicidio di un altro inquilino del Laurel Heights che credevano un amico… colui che abbiamo visto alla fine del primo volume, coinvolto con Jay Randall negli abusi ai danni di Todd.
A questo punto la stabilità emotiva dei protagonisti vacilla più che mai, non riescono a capacitarsi di come non si siano accorti di quanto continuava ad accadere tra quelle mura e se ne incolpano, come se si conoscessero da decenni … il problema è che non è così, si conoscono da pochi mesi. Perché intraprendere questo percorso fatto di sensi di colpa per uomini a cui sono affezionati, ma che in fondo sono degli sconosciuti? Il livello di coinvolgimento è decisamente eccessivo per me.
Tutto il libro è incentrato sul dolore che provano Will e Scott nel comunicare ai parenti delle vittime che un loro caro è stato assassinato; poi di nuovo sul senso di colpa per quel ragazzo abusato del Laurel Heights… insomma sentimenti molto dolorosi che a volte sembrano un po’ esagerati visti il lavoro e l’esperienza dei due protagonisti; anche le scene sensuali sono poche e non entusiasmanti, seppur descritte egregiamente. Mi sono mancati i loro sguardi infuocati, la frenesia sottopelle per poter stare insieme, insomma tutto quello che mi aveva fatto innamorare del primo libro.
All’uomo si spezzò il fiato in gola e Scott deglutì. La diga dietro la quale Jackson aveva cercato di rinchiudere le sue emozioni aveva cominciato a rompersi. Scott l’aveva visto succedere più volte di quante riuscisse a contarne. Il respiro rotto si trasformò in un gemito, il gemito in un singhiozzo e poi il singhiozzo in un pianto che gli spezzò il cuore. L’uomo sembrò ripiegarsi su se stesso di fronte ai suoi occhi, poi scivolò in avanti e cadde in ginocchio davanti al divano.
Scott scivolò a terra e afferrò Jackson prima che sbattesse la testa sul duro pavimento in quercia. Rimase lì, in ginocchio, con la testa dell’uomo più anziano in grembo, desiderando di poter far qualcosa mentre il controllo e il cuore dell’altro andavano finalmente in frantumi. Ma cosa poteva fare? Poteva solo sorreggerlo, carezzandogli gentilmente la schiena e giurando a se stesso di fare di tutto per trovare quel bastardo prima che facesse del male a qualcun altro.
Mi direte: il filone thriller regge? Sì, regge ma fino a un certo punto. Non vi rivelerò assolutamente il finale ma avrebbe potuto essere gestito molto meglio, con dei colpi di genio dei detective e non lasciando tutto in mano all’assassino.
Una cosa che ho trovato assolutamente assurda è un nuovo personaggio gay al distretto, così, senza un background, dal nulla; la parola d’ordine in questo libro è “eccesso” e non in senso positivo purtroppo.
Ho amato invece, o più probabilmente adorato, la partner di Will, Julie, e i momenti divertenti ci sono ancora ma… ma se un personaggio che definire secondario è un eufemismo, mette in ombra i protagonisti, beh, un problema c’è.
Tirando le somme è un libro che premio solo ed esclusivamente perché scritto molto bene, con una storia leggibile e scorrevole, anche se spesso mi sono chiesta il motivo di certe scelte che mi hanno lasciata perplessa; è assolutamente inferiore al primo e con difetti a livello di trama che mi fanno pensare a poche idee da parte dell’autrice. Di sicuro è un libro che non rileggerei, ma che può essere piacevole anche solo per risolvere le questioni lasciate in sospeso nel volume precedente e perché Will e Scott sapranno comunque dimostrarsi quell’amore dolce e totale che mi aveva conquistato così tanto.
AVVERTENZA: le scene violente non sono molte, non disturba assolutamente, ma per i palati più sensibili c’è una scena in particolare in cui si potrebbe storcere il naso.
«Will…»
«No, Scott.» Scott riconobbe il tono nella voce del suo uomo. Non si sarebbe lasciato convincere. «Non sto chiedendo il tuo permesso. Se non catturiamo questo tizio magari non passerò sul tuo cadavere, ma di sicuro ci sarà il cadavere di qualcun altro.» Scosse la testa. «E io non voglio sedermi in un altro salotto mentre qualcuno si vede crollare il mondo addosso.»
«Lo so,» disse Scott, prendendogli la mano e baciandone il palmo. «È solo che non voglio che sia il mio mondo a crollare.»
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