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Recensione “Irresistibile” di Rachel Gibson (serie Chinook #1)

A causa di un’infanzia infelice, Georgeanne Howard ha cercato la protezione di un marito ricco molto più vecchio di lei. Ma al momento delle nozze si rende conto di non poter sposare un uomo che non ama, così lo abbandona all’altare e per fuggire chiede l’aiuto di uno degli invitati, John Kowalsky, superstar dell’hockey. E troppo tardi questi si accorge di aver dato un passaggio proprio alla promessa sposa del proprietario della sua squadra. Ora vuole liberarsene, ma non prima di aver sfogato l’improvvisa passione che li sta travolgendo. Sette anni più tardi, John incontra di nuovo Georgeanne a una cena di beneficienza, scoprendo che da quella lontana notte è nata una figlia. Determinato a divenire parte della loro vita, dovrà però affrontare il boss e mettere a rischio la propria carriera.

Questo libro mi è piaciuto. Perché inizio così? Perché inevitabilmente, trattandosi di uno sport romance, parte subito il paragone con la famosa serie dei Chicago Stars della Phillips. Avendo amato tutta la serie SEP, non avrei potuto non apprezzare questa lettura.

Ora però andiamo con ordine, così capirete meglio la mia affermazione iniziale.

Il libro, primo volume della serie “Chinook”, si apre con un prologo datato 1976, che ci mostra una Georgeanne alle elementari con problemi a contare e una maestra che definire inadatta all’insegnamento, significherebbe solo farle un complimento. Un giorno Georgeanne torna a casa e trova la nonna a parlare con un tipo che viene presentato solo come: “il dottore dalle orecchie a sventola, che le aveva imposto quegli stupidi test.”

La piccola origlia la conversazione e sente questo Tizio (l’appellativo più gentile che ho trovato da affibbiargli) dire che la bambina, ossia lei, ha una disfunzione cerebrale, che non se ne conoscono bene i motivi, non si hanno delle vere cure, ma alcuni bambini hanno trovato giovamento dall’uso di farmaci.

Ma dico io: stiamo scherzando?! Tu stesso affermi di non sapere questi disturbi da cosa siano causati, e come curarli, e poi proponi di imbottire una ragazzina di medicinali? Qui un applauso alla nonna, la quale afferma categoricamente che non farà prendere nessuna medicina alla nipote. BRAVA!

Naturalmente, quell’idiota di un verme strisciante maschilista cosa risponde?

Allora la iscriva a una scuola di buone maniere. È una bimba carina e con ogni probabilità diventerà una bella ragazza. Non avrà problemi a trovare un marito che si occupi di lei. […] È mia opinione che Georgeanne non sarà mai un’alunna brillante e forse non sarà in grado di condurre una vita autonoma.

Ora, tralasciamo per un momento che tutto questo discorso viene fatto da uno stupido maschilista, che non riesco a capire come sia riuscito a laurearsi, se non con bustarelle varie. Lasciamo perdere anche che siamo nel 1976 e la nonna, poverina, anziana e abitante di un paesino texano, non si rivolge ad altri specialisti per avere ulteriori opinioni, la cosa brutta è che tutto questo discorso viene ascoltato da una ragazzina di nove anni. Ragazzina che già si sente mortificata a scuola perché non riesce a fare cose che i compagni fanno facilmente. Quindi, secondo voi, Georgeanne come avrebbe potuto crescere senza complessi, e in modo sereno, dopo aver sentito cose del genere? Da questo si capisce come mai a ventun anni decide di sposare un uomo, che potrebbe essere suo nonno, solo perché è ricco. L’unico motivo per cui ho continuato a leggere, dopo un prologo che mi ha scatenato l’omicidio (scusate, ma io su certi argomenti sono un po’ sensibile e mi arrabbio subito), è proprio perché è stato solo un’introduzione per farci comprendere meglio le vicende e le motivazioni che si svolgeranno nel libro. Inoltre, l’autrice ha saputo coinvolgermi, facendomi arrabbiare, fin dall’inizio.

I primi capitoli, che parlano della fuga di Georgeanne e dell’incontro con John, sono stati noiosetti e scontati. Lui che, scocciato, non aspetta neanche di assistere al matrimonio del proprietario della sua squadra di hockey, va via e incontra la nostra protagonista. Una Georgeanne che sembra uscita da un paginone centrale di playboy, la quale chiede un passaggio per strada a uno sconosciuto… capito? A uno sconosciuto. Per strada. Chiede un passaggio. Qui mi sono dovuta ricredere e dare ragione a quel decerebrato di un verme, di pseudo dottore, che aveva detto che non sarebbe stata in grado di cavarsela da sola. Però, okay, passiamoci sopra, è un libro romance e questi piccoli espedienti narrativi capitano.

Comunque, John la prende in auto perché: ehi, è un bel bocconcino! Tuttavia, vuole mollare il prima possibile la patata bollente, sul ciglio della strada, non appena si rende conto che sta dando un passaggio alla fidanzata fuggitiva di chi gli paga lo stipendio.

Però, non si sa come, non la molla per strada, ma la porta con sé, addirittura a casa sua, facendole conoscere anche il nonno. Da qui, nonostante lui continui a ripetersi che non si deve avvicinare, anche se attratto, e cerca espedienti per starle lontano, alla fine, ma guarda un po’, passano la notte a fare l’amore. Già, amore dal punto di vista di Georgeanne, che in questi primi capitoli sembra possedere una personalità, di poco al di sopra, di un’ameba.

D’altro canto, per John hanno passato solo un’intensa notte di sesso e il giorno dopo la scarica all’aeroporto, le acquista un biglietto aereo, che lei non ha mai chiesto, e la lascia lì senza ripensarci neanche una volta. Ora, a questo punto, con lei già innamorata persa e tutti i cliché che si sono susseguiti fin dall’inizio, ho continuato a leggere solo per inerzia, con un occhio chiuso e sbadigliando a ogni sillaba. Neanche il fatto che John fosse questo concentrato di muscoli possenti e testosterone mi ha aiutato a superare la noia della lettura. Avrei tanto voluto fermarmi qui e il mio voto sarebbe stato uno. Però, per poter dare un giudizio sincero, veritiero e onesto ho voluto finire il libro… e sapete cosa vi dico? Menomale! A un certo punto non sono riuscita a separarmi dalla storia neanche per dormire: volevo proseguire senza interruzioni per sapere come sarebbe continuato. Insomma, mi capite di sicuro, sarà successo anche a voi di dire: ancora una pagina e poi chiudo, ancora una… e poi trovarvi al mattino con il libro concluso, una notte insonne e una giornata piena da dover affrontare.

Questo libro si è riscattato molto bene, con lo sbalzo di sette anni in avanti, si ritrovano i personaggi più maturi e con personalità più decise. John ha risolto i suoi problemi di autodistruzione, Georgeanne ha affrontato il suo problema e con i giusti aiuti ha risolto tutto. Si viene, finalmente, a sapere cosa era il suo “disturbo mentale” e, dopo averlo saputo, ho aggiunto appellativi ancora peggiori a quell’escremento di essere umano di un dottore.

Sembra che entrambi abbiano una vita soddisfacente, finché John non viene a sapere di avere avuto una figlia da Georgeanne e decide di voler fare il padre. Dopo un inizio in cui non lo vuole assolutamente vicino alla figlia, Georgeanne, ripensando alla sua infanzia e a quanto avrebbe voluto un padre, fa marcia indietro e decide di far conoscere John alla loro figlia, Lexie. È stato divertente vedere come uno scricchiolo di bimbetta abbia rigirato sul suo mignolino un uomo grande e grosso, soprannominato Il Muro, e sia riuscita a fargli fare tutto ciò che voleva. Commovente e romantica la dichiarazione, e proposta di matrimonio, di John a Georgeanne. E, sinceramente, ho adorato quando John ha rimesso al suo posto Virgil, l’anziano uomo che doveva sposare Georgeanne. Ho alzato un bel dito medio e fatto anche qualche boccaccia nei confronti del vecchio signore. Eh, sì, mi stava proprio antipatico Virgil!

Della trama non vi racconto più nulla, soprattutto della parte più interessante, che dovrete scoprire da sole. Però non posso lasciarvi senza farvi sapere che vengono accennati alcuni argomenti molto forti, ma che qui passano in modo lieve e servono solo a spiegare la crescita e dare spessore alla personalità dei protagonisti. Una cosa che mi è dispiaciuta è stato aver trovato due personaggi secondari, Hugh e Mae, intriganti e divertenti, che mi sarebbe piaciuto trovare in un libro a parte. Traendo le conclusioni, come detto all’inizio, questo libro mi è piaciuto, anche se non in tutte le sue parti. Proprio per questo non posso dargli un voto pieno, ma la scrittrice è brava e anche se per me quelle parti sono state noiose e scontate, può darsi che altri non la penseranno come me.

Alla prossima recensione!

Recensione a cura di

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Voto di Cassiopea 3.5

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