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Recensione in ANTEPRIMA del libro: “La misura della felicità” di Gabrielle Zevin

Trama

Dalla tragica morte della moglie, A.J. Fikry è diventato un uomo scontroso e irascibile, insofferente verso gli abitanti della piccola isola dove vive e stufo del suo lavoro di libraio. Disprezza i libri che vende (quelli che non vende gli ricordano quanto il mondo stia cambiando in peggio) e ne ha fin sopra i capelli dei pochi clienti che gli sono rimasti, capaci solo di lamentarsi e di suggerirgli di «abbassare i prezzi». Una sera, però, tutto cambia: rientrando in libreria, A.J. trova una bambina che gironzola nel reparto dedicato all’infanzia; ha in mano un biglietto, scritto dalla madre: Questa è Maya. Ha due anni. È molto intelligente ed è eccezionalmente loquace per la sua età. Voglio che diventi una lettrice e che cresca in mezzo ai libri. Io non posso più occuparmi di lei. Sono disperata. Seppur riluttante (e spiazzando tutti i suoi conoscenti), A.J. decide di adottarla, lasciando così che quella bambina gli sconvolga l’esistenza. Maya è animata da un’insaziabile curiosità e da un’attrazione istintiva per i libri – per il loro odore, per le copertine vivaci, per quell’affascinante mosaico di parole che riempie le pagine – e, grazie a lei, A.J. non solo scoprirà la gioia di essere padre, ma riassaporerà anche il piacere di essere un libraio, trovando infine il coraggio di aprirsi a un nuovo, inatteso amore…

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Arrivata all’ultima pagina, ho riflettuto a lungo su quali fossero gli aspetti che avrei voluto approfondire in questa recensione. Il dolore causato dalla perdita di una persona amata, che ti consuma fino a renderti l’ombra di ciò che eri un tempo e che ti imprigiona in una gabbia di solitudine e insofferenza impenetrabile? Il senso di smarrimento e la sconfitta di una mamma che affida la propria bambina a un estraneo per offrirle un futuro migliore? Il risentimento di una donna per i tradimenti subiti e il rimorso di un errore che ha segnato irrimediabilmente non solo la sua esistenza? Sì, potrei parlarvi di questo. Potrei raccontarvi anche della rinascita di un uomo che si riscopre capace di amare, quando ormai la sua vita non era altro che un lento e inesorabile scivolare nel baratro. Avevo deciso, ero pronta a scrivere la mia recensione, a dirvi tutto sulla commozione che avevo provato nel leggere del rapporto tra questo libraio e una bambina, arrivata per caso a sconvolgere la sua monotona e solitaria esistenza, abbandonata proprio nel luogo che rappresentava il tempio dei suoi ricordi e la gabbia dalla quale sentiva di non poter fuggire. Poi mi è tornata alla mente una scena del romanzo: un uomo si mette a curiosare tra i cassetti e nell’armadio della donna con la quale ha appena passato la notte. E il mio sguardo si è spostato d’un tratto sulla libreria nel mio studio. Voi direte, a noi cosa vuoi che importi? Probabilmente avete ragione voi, ma il punto è che in quel preciso momento ho pensato che se qualcuno mettesse il naso nel mio armadio non mi sentirei tanto esposta come se lo facesse con i miei libri. Perché i libri parlano di noi molto più di ciò che indossiamo. Un abito ci permette di mostrare al mondo l’immagine che noi scegliamo di fornire, a volte fedele al nostro modo di essere, altre volte meno; è una maschera, una corazza che poniamo tra noi e gli altri. I libri, però, parlano alla mente, al cuore e all’anima dei lettori, instaurando con ognuno di loro un dialogo unico e irripetibile; forse è per questo che entrando in casa di qualcuno si ha l’istinto di sbirciare subito nella sua libreria (o almeno per me è così), perché si pensa, in quel modo, di avere gli strumenti per comprenderlo meglio, per costruire un ponte che ci colleghi con ciò che sta oltre la sua apparenza, oltre la sua corazza. Ciò che più ho amato in questo libro è l’amore per la lettura, la possibilità per chiunque di trovare, nel variegato mondo della letteratura, il proprio angolo di paradiso, quello in cui fermarsi e lasciarsi trasportare dalle parole in un mondo che può esistere solo lì, tra quelle pagine che catturano una parte di noi per custodirla, offrendoci il dono di riassaporare in ogni momento emozioni e pensieri che altrimenti avremmo perso per sempre. Per questo ogni lettore ricorda con affetto, e forse con un pizzico di nostalgia, il primo libro letto, o magari quello che lo ha accompagnato in un momento particolare della sua vita, come il più fedele degli amici. Consigliare a un amico un libro che abbiamo amato, che ci ha fatto commuovere fino alle lacrime, o magari ridere fino a star male, significa donare all’altro una parte di noi, quella più nascosta e fragile. Sono una di quelle persone che frequenta la stessa libreria da anni e, leggendo “La misura della felicità” non ho potuto fare a meno di ripensare a quando, da bambina, entravo lì dentro e mi mettevo a curiosare tra gli scaffali, prendendo i libri tra le mani, sfogliandoli e imparando giorno dopo giorno a considerarli una parte fondamentale della mia vita. Non sono più una bambina, ma l’amore per la lettura non mi ha mai abbandonata, anzi si è accresciuta col tempo. E chi, come me, ama i libri, ama lasciarsi incuriosire e appassionare dalle storie e dai loro personaggi, non può non leggere questo libro, non può non rivedere una parte di sé nella passione e nella dolcezza di cui queste pagine sono intrise.

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RedEagle

 

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Veronica.Lady Shanna

Admin Founder Romanticamente Fantasy Sito. Mi piace leggere e grazie a quest'amore ho conosciuto tante splendide persone. Adoro quasi tutti i generi di libri... e anche per quelli che non sono i miei preferiti di solito tendo a non giudicarli prima di averli letti questo per avere una mia opinione personale e non lasciarmi influenzare da quanto sento in giro come commenti e recensioni. Infatti, tendo a prendere quest'ultimi come linee guida non come verità assolute...

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