Mai sottovalutare un acquazzone di primavera.
Quando Rey Morales, studente all’università di La Salle, Philadelphia, esce a festeggiare l’ultima vittoria della squadra di baseball, può solo aspettarsi una serata rilassante insieme ai compagni e tifosi, piena di musica e birra. Ma la pioggia continua a cadere incessante, e Julien, l’uomo più affascinante di tutto il locale, si offre di accompagnarlo sino al campus.
Che c’è di male ad accettare quel passaggio?
Al suo risveglio, Rey si ritrova senza vie di fuga e senza difese.
Un uccellino chiuso in gabbia,
con un padrone esigente che vuole prendersi cura di lui.
209 notti che valgono una vita.
Quando Matthew Forsyth, ambizioso sostituto procuratore della città, si vede assegnato il caso Morales, può solo pensare che sia iniziato uno dei periodi più fortunati della propria carriera. Niente di meglio che un processo facile e sensazionale, per garantirsi promozioni e successo.
Che c’è di male ad accettare quell’incarico?
Peccato che non sia così facile capire chi, tra la vittima e l’imputato, sia l’individuo più pericoloso in aula.
209 notti su cui manca una verità certa.
Due presunti colpevoli.
Un processo che nessuno vuole vincere davvero.
Una gabbia invisibile che imprigiona ancora.
E un’unica domanda: chi tiene davvero la chiave?
“Non è una storia d’amore”, cita la sinossi, e questo è assolutamente vero.
È la storia di un rapimento da parte di Julien, un pazzo perverso politicamente ben inserito, alla ricerca di un giocattolo sessuale. Questo pazzo è allo stesso tempo istruito e previdente, e organizza i dettagli della scomparsa del povero Rey in modo tale che, nonostante la sua fuga imprevista, non sia affatto chiaro a Matthew, il procuratore che si occupa del caso, chi sia la reale vittima tra i due.
Le giurie tendevano a considerare con maggiore gravità i reati compiuti da soggetti gay, come se vi fosse una componente marcia di partenza in loro, oppure dimostravano meno empatia verso le vittime gay, visto che in qualche modo potevano essersela cercata.
A differenza di quei romanzi dark così intensi e coinvolgenti da portare il lettore in un buco nero sconvolgente e asfissiante, “Gabbia per uccellini” è un romanzo saldamente ancorato alla realtà: lucido, scabroso, dove i fatti tragici che accadono al protagonista Rey sono illuminati con una luce chirurgica e sempre messi in relazione con la realtà quotidiana, grazie all’alternanza tra la fase del rapimento e quella del processo. Un’altalena di momenti agghiaccianti e altri colmi di speranza, che strizza l’occhio all’ambivalenza “punizione e ricompensa”, “dolore e piacere” dei rapporti di sottomissione.
Julien aveva proprio lasciato un solco, era penetrato così in profondità in Morales, che, nonostante tutto, il ragazzo ne percepiva pure il vuoto.
È proprio questo tenere vivo il contatto con la realtà che arriva a generare nel lettore un senso di stordimento, di repulsione e di disagio per qualcosa che non può capitare solo nei romanzi, ma, al giorno d’oggi, in effetti, avviene sul serio. Ogni volta che la storia torna a mostrarci la gabbia, il senso di soffocamento cresce, diventando sempre più insopportabile.
Gabbia per uccellini è più vicino a un genere crime/legal (alla Criminal Minds, per intenderci) che a un thriller psicologico, senza per questo nuocere allo spessore caratteriale dei personaggi, e senza tralasciare gli effetti devastanti di un rapporto di prigionia e isolamento totale della durata di molti mesi.
E mentre riprendevano a salire, il padrone gli riservò un sorriso speciale. Non uno degli abituali ghigni sprezzanti, ma uno di quei lampi rari e preziosi che gli distendevano i lineamenti del viso, illuminando la notte di Rey e rendendola un nuovo numero da ricordare. La notte numero centottantadue.
Proprio questo, in effetti, è uno degli aspetti che mi sono rimasti più impressi: l’autrice (bravissima, peraltro, e dallo stile molto pulito, scorrevole e corretto) è riuscita a non stereotipare il protagonista, che pur essendo “uomo, giovane e vittima”, mantiene fino alla fine delle sfaccettature che gli conferiscono una sua personalità, che lambisce ma non ricalca quella di un personaggio preconfezionato, e richiama in modo molto efficace quella di un uccellino in gabbia, un uccellino con il becco affilato.
Bello, bello fino alla fine, e non spoilero oltre.
Ho assegnato tre fiamme alla sensualità. Non perché sia volgare o descrittivo o troppo erotico, ma per il fatto che i rapporti sono ovviamente non consenzienti, quindi non adatti a tutti i tipi di lettori (come del resto non lo sono i vari telefilm che trattano di crimini sessuali).
A poco a poco si rassegnò a quell’uso feroce del proprio corpo, sperando che tutto si concludesse – volesse il cielo – con nulla più di uno schizzo caldo addosso.
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