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Recensione: Femminicidio di Pascal Engman

 

Titolo: Femminicidio

Autore: Pascal Engman

Editore: Salani

Collana:Le Stanze

Genere: Thriller

Data di pubblicazione:1 Luglio 2021

Un marito violento, uscito di galera in permesso premio, le tracce del sangue della vittima sulle scarpe: il femminicidio della venticinquenne Emelie è a prima vista un caso semplice. Troppo semplice, pensa la detective Vanessa Frank dopo aver interrogato il principale sospettato. Anche perché un filo sottile sembra legarlo alla scomparsa di un’altra donna e all’aggressione di una terza. Cosa sta succedendo sullo sfondo di una Stoccolma notturna e inquietante, dove i quartieri di lusso sembrano nascondere, per le donne, gli stessi rischi dei sobborghi più degradati? In un incalzante susseguirsi di colpi di scena, davanti a Vanessa si scoperchia un fenomeno, quello dei cosiddetti “incel”: una comunità online che abita i meandri più remoti e oscuri del web e che afferma con violenza sempre crescente il proprio odio e disprezzo nei confronti delle donne.

 

 

 

Care Fenici, questo romanzo è sicuramente un caso editoriale interessante; basti pensare che, sin dal titolo, l’autore si propone di trattare uno dei temi più scottanti dei nostri giorni. Il femminicidio è una piaga sociale di ampia portata e di antica radice, origina da diverse cause e in diversi contesti, tanto che non è facile fare un profilo unico, se non tenendo conto del risultato finale: la morte della donna-vittima. Così, quando mi son trovata questo testo fra le mani, ho sentito forte l’impulso di capire come Engman avrebbe reso questo tema spinoso.

La scelta fatta è quella di un filone principale, dove seguiamo una poliziotta e un ex militare. La prima è sola e separata da un narcisistico registra teatrale, che a lei ha preferito una donna più giovane, salvo poi continuare a cercarla; il secondo è immischiato in un passato losco, con una sorella disabile da proteggere e un’amica e vicina di casa quindicenne, a cui fa da fratello maggiore.

Il passato dei due protagonisti li vede coinvolti in un salvataggio di una ragazza e, durante la narrazione, si rincontreranno per poi riunire le loro forze, mostrando come la fiducia e il rispetto fra uomini e donne generi team vincenti.

Vengono, inoltre, introdotte diverse figure maschili, che rappresentano i vari prototipi di uomini violenti o deviati e le loro “controparti” femminili. Abbiamo il conduttore ricco e potente, molestatore seriale, insieme alla moglie-balia, brillante donna in carriera sempre accondiscendente e premurosa; il bad boys, carcerato, con la sua bambolina/sacco da boxe, che viene minacciata di morte quando finalmente trova il coraggio di piantarlo; lo stalker folle, che come un’ombra malvagia segue l’ignara malcapitata, facendola oggetto delle sue perverse fantasie; poi avanti con il collega stronzo, che ruba le idee all’arguta collaboratrice, il capo maschilista e, per completare la carrellata, anche il branco di stupratori.

In questa giungla si muove la poliziotta fra donne stuprate, madri uccise, stagiste scomparse e figlie abbandonate. Una sequela di orrori, che il cosidetto “sesso forte” dispensa a quello “debole” dalla notte dei tempi e da cui si salva solo l’ex militare, che a suo modo riabilita il genere maschile, mostrandone il meglio. La detective, Vanessa Frank, indaga sui vari casi senza lasciarsi ingannare dalle apparenze, sino a disvelare un piano molto più oscuro di quello che poteva apparire all’inizio.

Il libro è ricco di citazioni legate al movimento Mee too e all’esistenza di oscuri gruppi antifemministi, che mirano a schiacciare e annientare la figura della donna. La trama è ricca di eventi, anche se a tratti sembra manchi qualcosa che possa davvero renderlo avvincente. A lungo mi sono interrogata su cosa mi suscitasse questo sottile mal contento e, mi dispiace ammetterlo, credo che le cause siano due. La prima è sicuramente legata alla narrativa nordica con le sue caratteristiche particolari, che non sempre riescono ad appassionarmi; la seconda è, a mio avviso, legata al sesso dello scrittore che, per quanto dimostri una certa conoscenza del fenomeno, non riesce a infondere nelle protagoniste del suo romanzo e nelle loro vicende quel quid in più, che solo una donna può conoscere, quel moto dell’animo così diverso dal sentire maschile.

A parte questa sensazione, che mi ha pervaso tutta la lettura, non posso non riconoscere diversi meriti a questo romanzo, che consiglierei a chi ama il genere. Certo, ha qualche pecca, ma merita il vostro tempo!

 

 

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Emanuela

Emanuela

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