Audrey ha 14 anni ed è da tempo che non esce più di casa. Qualcosa di brutto è successo a scuola, un episodio di bullismo che l’ha profondamente segnata e ora lei è in terapia per rimettersi da gravi attacchi d’ansia e panico che non le permettono di avere contatti con il mondo esterno. Per questo indossa perennemente dei grandi occhiali scuri, il suo modo di proteggersi e sfuggire al rapporto con gli altri. Il fratello invece è un simpatico ragazzino ossessionato dai videogiochi che, con grande disperazione della madre nevrotica, non si stacca un attimo dal suo computer e dal suo amico Linus che condivide la sua stessa mania. Ma quando Audrey incontra Linus nasce in lei qualcosa di diverso… deve poter trovare un modo per comunicargli le sue emozioni e le sue paure. Sarà questa scintilla romantica ad aiutare non solo lei, ma la sua intera famiglia scombinata. Dov’è finita Audrey? è un romanzo caratterizzato da una grande empatia in cui si ride tanto e ci si commuove e in cui Sophie Kinsella riesce magistralmente a alternare momenti di puro humour a momenti più seri e teneri con grandissima sensibilità.
Conosco Sophie Kinsella da molti anni, ho iniziato a leggerla nel 2000 quando pubblicò il primo libro della saga “I love shopping” e l’ho sempre apprezzata per via della sua freschezza e per il suo modo bizzarro di riportare su carta episodi di vita comuni assolutamente esilaranti.
Credo che ognuna di noi si sia fatta almeno una grossa risata leggendo i suoi romanzi.
Quando è uscito il suo nuovo romanzo sono rimasta un po’ perplessa, mi sono chiesta “sei pronta a cambiare genere con lei?” perché in fondo c’è una sostanziale differenza tra il suo classico genere e lo YA….bene, ecco la mia esperienza!
“Dov’è finita Audrey?” è la storia di un’adolescente in piena crisi.
In seguito a un terribile atto di bullismo Audrey Turner ha lasciato la scuola, si è chiusa in casa e per non incrociare lo sguardo delle persone indossa dei grandi occhiali da sole neri.
La sua vita scorre lentamente tra il sonno e la veglia, tra attacchi di panico e veri e propri momenti di follia casalinga, vissuti sempre a debita distanza, soffocando le proprie emozioni e spesso i propri pensieri.
Il suo unico momento di svago è la seduta di terapia con la dottoressa Sarah, che cerca di aiutarla a uscire da una profonda depressione e a sconfiggere quei momenti di panico che spesso la bloccano, assegnandole dei compiti da svolgere a casa.
Il più singolare tra gli incarichi che le sono affidati è senza dubbio il documentario sulla sua famiglia.
Ma come può Audrey sentirsi normale con una famiglia come la sua? La mamma è nevrotica, passa le sue giornate portando avanti una crociata contro qualsiasi apparecchio elettronico, il padre, tanto affascinante quanto poco di polso, asseconda ogni follia della moglie pur di avere un minuto di tranquillità, il fratello Frank invece è il classico adolescente arrabbiato con i genitori che passa la vita davanti ai videogiochi.
E poi c’è Felix, lui è il piccolo di casa, quello che dice sempre le cose come stanno, che è sempre felice. La sua ingenuità e la sua schiettezza mettono spesso al muro gli adulti troppo presi dai loro litigi, riportandoli alla realtà.
Proprio grazie alla sua freschezza è l’unico membro della casa che Audrey riesce a guardare negli occhi senza usare il suo scudo, gli occhiali da sole.
“Mi tolgo gli occhiali scuri e osservo la sua faccetta tonda e aperta. Felix è l’unico che riesco a guardare negli occhi. Gli occhi dei miei genitori….per carità. Sono pieni di preoccupazione e paura e di troppa consapevolezza. E anche di troppo amore, se capite cosa intendo.”
“Gli occhi azzurri di Felix sono trasparenti e limpidi e rasserenanti come un bicchier d’acqua. Non sa praticamente niente, tranne che lui è Felix.”
Un ruolo molto importante lo gioca Linus, amico di Frank, che lentamente riesce ad avvicinare Audrey e a stabilire un contatto con lei.
Prima con dei bigliettini poi con altri espedienti, Linus riesce ad arrivare dove il resto della famiglia non arriva, ovvero a riportare lentamente Audrey alla normalità. Non cerca di farla vivere in un mondo ovattato ripetendole che può continuare a isolarsi finché lo desidera, ma le ricorda che deve prendere in mano le sue paure e i suoi sentimenti ed affrontarli.
La famiglia Turner è singolare, ma allo stesso tempo così vicina alla realtà che è difficile non ritrovarsi a pensare “Questo l’ho fatto anch’io!” “Questo è successo anche a me!”, e sono proprio le situazioni casalinghe piene d’ironia e pazzia che aiutano il lettore a scivolare dolcemente tra le pagine di un libro che nasce come un romanzo divertente e finisce col sorprendere.
Tra risate e lacrime viviamo la paura di Audrey, il suo senso d’insicurezza e di disagio.
Spesso ci troviamo a pensare “Basta scappare, togliti quegli occhiali e torna a essere un’adolescente!” Ma quanto è facile sconfiggere i propri demoni interiori? Quanto lavoro richiede zittire il proprio cervello lucertola e decidere di tornare a vivere come una ragazza normale?
“Ogni volta che restate bloccati dalla paura, è il cervello lucertola che prevale. – Non aspetta di essere sicuro e non pensa, è puro istinto. Il cervello lucertola è assolutamente irrazionale e quindi non ragiona: vuole soltanto proteggerci. Scappa, scappa, immobilizzati.”
“Tutti i miei muscoli sono tesi. I miei occhi guizzano dappertutto spaventati. Se mi vedeste adesso, pensereste che nella stanza c’è un drago. Il mio cervello lucertola è in tilt totale. E anche se mi ripeto freneticamente di ignorarlo, è abbastanza difficile quando dentro la testa hai un rettile preistorico che batte forte e urla: scappa!”
Audrey non vive in una famiglia molto equilibrata e questo di sicuro non la aiuta a ritrovare la serenità. C’è però da dire che l’affetto non manca e nonostante la gran dose di follia che accompagna le giornate dei Turner, nessuno dimentica mai di avere delle parole gentili per lei. Ma è davvero questo ciò di cui ha bisogno?
“Ora come ora i miei momenti sono scanditi da un pendolo lentissimo. Va avanti e indietro, avanti e indietro, ma l’orologio non fa tic tac. Non vado da nessuna parte.”
Il bullismo, la depressione nei giovani, gli attacchi di panico, quante volte vi è capitato di leggere un libro che tratta questi temi divertendovi e finendo di leggere l’ultima pagina con il sorriso sulle labbra?
Non perdetevi questo romanzo che è si uno YA, ma è anche un ottimo strumento per aprire gli occhi sui problemi che troppo spesso i giovani, e non solo loro, affrontano in silenzio.
Pochi, come Sophie Kinsella, riescono ad unire temi difficili come questi a momenti di vera e propria follia domestica, durante i quali è davvero difficile trattenere le risate e non pensare che forse è proprio vero,“forse è la normalità quotidiana a rappresentare la vera follia.” (L. Pirandello)
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