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Recensione di: “Il destino dell’orso” di Dario Correnti

In una valle svizzera, un giorno di luglio, un industriale milanese viene sbranato vivo da un orso. Marco Besana, giornalista di nera con troppi anni di lavoro alle spalle e altrettanta disillusione addosso, è costretto controvoglia a occuparsi di quella strana morte. Sarebbe facile archiviare il caso come un incidente di montagna se Ilaria Piatti, giovanissima reporter, perennemente precaria, non fosse convinta di avere davanti un serial killer. Molto più feroce di qualunque animale. Ilaria e Marco, accompagnati dal cane Beck’s, lasciano Milano e partono per l’Engadina. E lì scoprono una catena di morti orribili e misteriose, tutte apparentemente accidentali: un uomo caduto in un crepaccio, uno carbonizzato nel suo aereo privato, un altro mummificato in un bosco. La sequenza non può essere casuale. Anche se la polizia locale non collabora e in redazione nessuno crede in loro, i due cronisti non si danno per vinti. Sono sicuri di avere di fronte un soggetto molto pericoloso, che uccide le sue vittime con armi non convenzionali, in modi originali e sofisticati.

Oggi vi parlo di un bellissimo giallo ambientato tra Milano e l’Engardina, sulle montagne della Svizzera.

Il tutto inizia con un escursionista ucciso dall’orso M18, detto Fulvio. Marco Besana, cronista di nera in pensione, viene incaricato di scrivere un articolo su quanto è accaduto, poiché il morto, Achille D’Ambrosio, è un importante industriale milanese.

Invitato a una serata mondana insieme alla collega Ilaria Piatti, in redazione soprannominata “Piattola”, conosce una strana e ricca signora, lei gli racconta che l’orso Fulvio non è il vero colpevole della tragedia, l’industriale in realtà è morto per un complotto organizzato ai suoi danni:

Marta lo tiene stretto, allunga il collo e avvicina le labbra al suo orecchio.

Achille è stato avvelenato come tutti gli altri”

Dice sottovoce, e lo fissa con gli occhi pieni di terrore.

A seguito di quest’incontro, Ilaria, di cui Marco si è eletto a mentore, sente odore di scoop, vuole quindi indagare sull’ipotesi stanziata da Marta, che sarà vittima a sua volta di una rapina durante la quale verrà uccisa, fatalità, il giorno dopo la festa.

Comincia così l’avventura dei due cronisti tra le montagne svizzere, dove sono costretti a scontrarsi con il silenzio stampa della polizia in modo da poter racimolare notizie per la costruzione dell’articolo.

Incontreranno personaggi tra i più disparati, tra ricche vedove del jet set milanese/svizzero, guide alpine, counselor che abbracciano la natura e amanti vari.

Bellissimo il rapporto tra Ilaria e Marco, un po’ maestro e alunna, un po’ padre e figlia.

Ilaria è un personaggio un po’ sfigato, bellissima la battuta:

Piattola, ma come ti sei vestita?”

Perché? Non va bene?”

Sembri una poltrona provenzale”

Donna super tenace, si attacca al caso come un cane con un osso succulento, vuole arrivare in fondo e scoprire la causa delle varie morti che, anche se nessuno ci crede, sembrano essere collegate tra loro.

Non racconto altro, anche perché rischio di rovinare la sorpresa! Io sono riuscita abbastanza presto a capire chi era l’assassino, il difficile è stato comprendere come e perché!

Il libro è scritto in modo molto piacevole, l’ho praticamente divorato. Ironico e divertente, ti tiene incollato dalla prima all’ultima pagina.

Molto belli i personaggi femminili, dove incontriamo una vasta gamma di donne tutte diversissime tra loro.

Ho amato molto anche l’intermezzo in cui si racconta la storia di Giovanna Bonanno, detta la Vecchia dell’Aceto. Avvelenatrice del 1700 che avrà una parte importante nella storia.

Quindi, vi lascio con un solo consiglio: prendetevi una serata libera e leggetelo, ne vale veramente la pena!


 

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