Tanto tempo fa, i Titani erano prigionieri e gli Dei carcerieri. Atlante sedusse le sue guardie per fuggire e Nike lo punì tatuando il proprio nome sul suo petto. Adesso i ruoli sono ribaltati: Nike è la prigioniera e Atlante il suo guardiano. Impossibile fuggire, da lui e dai suoi sentimenti.
Questa novella è molto semplice, racconta la storia d’amore fra Nike e Atlas (Atlante) e di come i due fuggono dal Tartaro.
Devo dire che l’ho trovata molto equilibrata rispetto al contesto, non c’è una situazione di reale pericolo per i due, per cui il loro rincorrersi, corteggiarsi per poi ritrovarsi è adeguato all’ambientazione creata, mentre nelle altre novelle avevamo situazioni paradossali (come fughe da demoni o essere rinchiusi all’inferno) e nel frattempo i protagonisti si divertivano. Qui assistiamo proprio alla nascita di un amore, che in realtà è già presente ma deve trovare una via per sbocciare; è una storia molto delicata (anche se ci sono delle scene violente) che riscalda il cuore e che si legge con un sorriso.
Altra cosa che mi ha colpito: mentre Atlante, essendo un titano, viene descritto come uomo bellissimo e perfetto, Nike appare una donna di aspetto mediocre, quasi androgina, ma le sue qualità, il carattere forte e la tenacia la rendono meravigliosa agli occhi di Atlante (e quindi del lettore).
Mi ha fatto piacere trovare una storia di questo tipo all’interno della saga benché, a differenza delle altre, sia scollegata dall’intera trama… almeno per ora.
Sua pari, sua nemica, e una stronza di prima categoria. Due dei suoi uomini migliori la tenevano ferma per le braccia e due per le gambe; avrebbero dovuto riuscirci senza problemi, anche perché il collare che lei portava le impediva di usare i poteri immortali e la forza leggendaria di cui era dotata, che comunque, per fortuna, non era pari alla sua.
Eppure nessuna donna si era mai dimostrata tanto ostinata e decisa ad abbatterlo. Nike continuava a lottare per liberarsi, scalciando e mordendo come un animale in trappola.
«Ti ucciderò per questo» ringhiò.
«Perché mai? Non ti sto facendo nulla che tu non abbia già fatto a me.» Atlante si tolse la camicia e la gettò da parte, rivelando i muscoli scolpiti del torace. Proprio al centro del petto, in grandi lettere nere che si estendevano da un capezzolo all’altro, c’era il suo nome scritto a lettere capitali così che tutti potessero vederlo: N.I.K.E.
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