Eccoci arrivati al finale di stagione di questa particolarissima serie: Clarice, andiamo a leggere cosa ne pensa la nostra Dory, sarà rimasta soddisfatta? Scopriamolo insieme 🙂 qui gli episodi precedenti.

Progetto grafico a cura di Francesca Poggi
Eccoci giunti al finale di stagione della serie Clarice e devo ammettere che la piega inaspettata che prende la trama mi ha lasciato molto basita ma non entusiasta…!
Andiamo con calma e riprendiamo le fila della narrazione: per tutta la prima stagione Clarice sta indagando con la sua squadra, il VICAP, sugli omicidi di donne che si erano sottoposte a un trial farmaceutico per il Reprisol che, però, causava grossi difetti genetici nei feti durante la gravidanza.
Da questi delitti irrisolti si era giunti a Joe Hudlin, uno spietato avvocato che aveva anche tentato di ucciderla mentre era prigioniera di un’infermiera psicopatica.
Ora tutti i nodi vengono al pettine, Hudlin lavora come legale per la Alastor Farmaceutici, un’enorme impresa fondata dal vecchio Nils Hagen e Clarice riesce a capire che l’inghippo sta tutto lì, poiché, parlando con l’anziano milionario, si rende conto di quanto sia malevolo e spregiudicato.
Con l’aiuto fondamentale della contabile Julia che trova le carte che testimoniano che l’Alastor Farmaceutici sapesse della gravità degli effetti collaterali del Reprisol e con l’analisi di un quadro di Hagen, tenuto nel suo ufficio, che poi si scoprirà essere composto di sangue umano (il suo) e di pezzi di feti morti, il puzzle super incasinato finalmente si dipana e, mi dispiace, ma io dopo tredici episodi, svariati mesi di lenta digestione della serie, ho voluto dirvelo, casomai copritevi gli occhi.
In poche parole, assieme all’unico figlio, Ty, che aveva il compito di procacciargli le donne dal terzo mondo, Nils Hagen le imprigionava in gabbie e poi le metteva incinte salvo poi infilarle in un tritacarne per sbarazzarsene.
Solo che avendo un difetto congenito egli stesso, i feti nascevano morti e lui insisteva, insisteva sapendo che, essendo malato, gli restavano pochi anni di vita.
Tutto qui, direte voi? La trama è talmente intricata, inverosimile, turpe che a me, sinceramente, è scappata una grassa risata…
Siamo partiti da tre donne uccise per un farmaco sperimentale e siamo arrivati a un serial killer che ingravida le vittime perché vuole a tutti i costi un secondo figlio…Bah!
Oltretutto, l’intreccio è mal costruito, tante cose, secondo me, vengono lasciate non dette ed è solo merito del fruitore se si riesce a dipanare questo intricatissimo casino di assassini, figli succubi, alleati che vengono costretti al suicidio e chi più ne ha più ne metta.
Clarice, poi, ha una storia tutta a sé: parte come giovane agente traumatizzata da Buffalo Bill, il celebre assassino seriale che aveva catturato lei stessa, e finisce come figlia di un padre che, con l’andare del tempo e degli incubi, si renderà conto non essere l’eroe che lei aveva sempre descritto ma un individuo codardo e vigliacco che metteva a repentaglio la sua vita di bambina. Proprio per questo, infatti, la madre l’aveva allontanata da casa e non perché, come aveva sempre detto, non la voleva più.
Il finale è di quelli strappalacrime: Clarice torna a casa e bussa alla porta dicendo “Ehi Mama!” sperando, probabilmente, in una riconciliazione dopo molti anni.
Navigando in rete, ho voluto farmi un’idea di quelle che fossero le opinioni generali su questa serie tv anche per confortarmi nella mia idea negativa e devo dire che ho trovato le conferme che cercavo: anche in altri siti di recensione serie e film danno a questo sceneggiato un punteggio pessimo, affermando che il cast molto bravo è stato sprecato e che la storia, seppur partita nel migliore dei modi, non è stata gestita nella maniera giusta.
Se mi guardo indietro ripenso a quelle due puntate che trattavano altri casi e non c’entravano niente con il tema del Reprisol e della Alastor Farmaceutici e mi chiedo ancora che senso avessero…
Io credo che lo spunto di creare una vicenda con protagonista Clarice Sterling dopo gli eventi de Il silenzio degli innocenti poteva essere anche geniale ma avrebbero dovuto pensare a un caso irrisolto per puntata, un serial killer a ogni nuovo episodio per rendere più frizzante la narrazione e non basare tutto su una vicenda che, seppur con il suo finale sadico e turpe, non ha saputo per niente tenermi incollata allo schermo.