Recensione libri

Recensione: “C’era una volta a New York” di Cecile Bertod

L’amore può nascondersi ovunque, anche su una nave che salpa per New York

Parigi. Fin da bambina Sophie ha sognato di sposare un nobiluomo con una rendita sufficiente a garantirle il tipo di vita a cui è stata abituata: circoli esclusivi, vestiti d’alta moda, serate di gala. Ma, malgrado l’indiscutibile fascino, non è ancora riuscita a realizzare il suo proposito e, alla soglia dei ventotto anni, sa di non avere più molto tempo a disposizione. Alric, per quanto vecchio e terribilmente noioso, potrebbe rappresentare l’ultima possibilità per sistemarsi e così, una mattina, Sophie indossa il suo abito migliore e lo raggiunge, decisa ad accettare la sua proposta. C’è però una cosa che Sophie non ha previsto: il suo nome è Xavier. Un piccolo-borghese mai visto prima che irrompe nel salotto di rue d’Orsel deciso a infangare il suo buon nome. Xavier sostiene che Sophie non sia affatto la donna che vuol far credere, ma anzi, che un tempo sia stata la sua amante e ora gli nasconda suo figlio. Xavier non intende lasciarla andare prima di averlo ritrovato. Sotto lo sguardo sgomento di Alric, Sophie viene trascinata via e condotta su una nave che salpa per New York. E da quel momento inizia la sua sorprendente avventura.

Ciao a tutte mie adorate fenici!

Oggi sono qui a parlarvi dell’ultimo libro di Cecile Bertod, una tra le mie scrittrici preferite nel panorama romance italiano.

Ho atteso molto la pubblicazione di questo romanzo – come tutte le altre uscite di questa autrice nostrana – e, ancora una volta, non mi ha delusa!

I due protagonisti non hanno nulla, e ripeto NULLA, dei tratti tipici dei personaggi romance: nessuno dei due, infatti, è vicino alla perfezione.

Sophie, figlia di un Conte, e abituata a ogni tipo di agio che il denaro può concedere, risulta, all’inizio, un po’ antipatica e supponente. Dimenticate le eroine modeste e gentili descritte dalle penne classiche del genere. Sophie è, a mio avviso, molto più realistica. Come ogni altra donna dell’epoca, il suo unico scopo nella vita è contrarre un buon matrimonio che la renda libera dalla famiglia e le conferisca il giusto posto in società. Ma il suo carattere schietto, ai limiti della maleducazione, non l’aiuta nel proposito, anzi, le procura più di un nemico,  e finisce – nonostante  la sua notevole avvenenza – disperatamente nubile e pericolosamente vicina ai trent’anni (una catastrofe per l’epoca).

Sophie lo aveva abbandonato alle sue imprecazioni, preferendo fare colazione nella sala comune. Quando lui le aveva chiesto se in realtà stava cercando di evitarlo, lei gli aveva risposto candidamente di sì.

Ecco, se c’era una cosa che detestava di quella donna, era l’uso spasmodico che faceva della verità. Valore inneggiato, declamato, difeso, probabilmente stampato sull’ottanta percento della produzione letteraria nazionale, ma mai utilizzato da nessuno fino ad allora, se non da lei. Ora, se da millenni ci si guardava bene dal metterne in pratica i dannosi effetti, chi mai era costei per sovvertire una così radicata usanza collettiva? A vantaggio di cosa? Seguendo quali assurdi piani?

Quando ormai è stoicamente rassegnata a sposare un vecchio barone noioso, la sua vita viene stravolta dal giovane e prestante Xavier, un uomo dal carattere forte e  inasprito da una vita difficile che non ha né chiesto né meritato, e incline a trovarsi sempre al posto sbagliato al momento sbagliato.

Questa pessima abitudine lo porta a dover accettare, sotto ricatto, il compito di “rapitore improvvisato” della bella e bisbetica Sophie, prima di proseguire il viaggio verso la nuova vita che lo aspetta a New York e non sentir parlare mai più di lei.

Ma come è solita dire mia madre: “Mai dire mai e mai dire per sempre, che poi Dio scombina i piani”. Le loro strade si uniranno per molto più tempo di quello previsto e con i loro caratteri forti a confronto, ne vedremo delle belle!

«Si può sapere cosa facciamo qui impalati?», chiese a Xavier con fin troppa educazione, considerando la sua terribile emicrania.

«Aspettiamo il nostro turno», rispose lui.

«Per cosa?»

«Per salire a bordo!».

«Ma avete visto quanta gente c’è prima di noi?»

«Avervi al mio fianco mi rende impossibile dimenticarlo».

[…]

«Possibile mai che tutto il denaro versato per la mia sparizione non sia bastato a ottenere un trattamento migliore?»

«Cosa?»

Ehm… Come si diceva, l’idea di massima era quella di resistere in religioso silenzio, ma purtroppo l’attesa sortiva un pessimo effetto sull’irritabilità di Mademoiselle Riou e così anche i più radicati dei propositi crollarono sotto il peso schiacciante dell’incontinenza verbale di cui soffriva già dai primi vagiti.

«Di tutti i rapitori che potevano capitarmi… Anche un ladro di caramelle avrebbe potuto far di meglio, lo sapete?»

Le battute al vetriolo si alternano magistralmente a stoccate sarcastiche degne dei migliori duelli all’alba, in un crescendo di odio e amore irresistibile che ti lascia con un sorriso ebete e la voglia di averne ancora.

C’era una volta a New York mantiene alti gli standard a cui Cecile ci ha abituati, deliziandoci con eventi tragicomici e con la sua pungente ironia che incalza il lettore pagina dopo pagina senza mai risultare eccessiva o pesante.

Non troverete sesso esplicitamente descritto, ma un amore ben raccontato dove il rapporto sessuale è l’apice e non il fulcro della storia.

Le maschere cadono insieme ai vestiti in baci graffianti teneramente concessi, senza forzare parole ed eventi, descrivendo quel tanto che basta a sciogliere le briglie dell’immaginazione.

Una storia da leggere per sognare e, tra un sorriso e una risata, capire che certe volte dietro il sarcasmo si nasconde diffidenza e dietro l’apparente insofferenza si cela la paura di soffrire di nuovo.

A cura di:

Review Overview

Voto Viv 5

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio