Forse è colpa del jet lag. Jason Greene pensava di avere tutto dalla vita: il lavoro dei suoi sogni in un rinomato studio legale di Filadelfia, una fidanzata bellissima, e tanti soldi da non sapere neppure come spenderli.
Quando scopre la futura sposa a letto con un altro, è costretto a riconsiderare la sua vita e tutte le scelte fatte fino ad allora. Senza quasi riflettere, deciso a fuggire da tutto e da tutti, prende un aereo per Parigi, con la speranza di trovare lì un po’ di pace.
Ma il periodo di riposo di Jason si tramuta in un viaggio del cuore quando incontra Jules, un violinista jazz in difficoltà e con un grosso peso sulle spalle. Nella città dell’amore, non ci vuole molto prima che i due si trovino a dividere il letto. Eppure, come entrambi capiranno presto, nessuno può sfuggire al proprio passato. Prima o poi, dovranno guardare in faccia la realtà.
Jules: un ventiduenne francese, cantautore jazz, con un contesto familiare difficile.
Jason: avvocato americano trentenne, in ritiro per due mesi per rialzarsi dopo la rottura con la sua fidanzata.
Un incontro casuale e destinato a sfumare nel nulla, se non fosse che Jules è testardo e sfrontato, insistente come una piccola peste… un gosse (come lo chiama amorevolmente Jason).
Jason non ha mai approfondito il suo interesse per gli uomini, trovando più facile assecondare l’interesse per il mondo femminile. Tuttavia, è una cosa che non può più ignorare, dopo l’incontro con l’esuberanza e la spontaneità del giovane violinista francese.
“Jason rimase in silenzio e Jules si sporse in avanti, dandogli un bacio leggero sulle labbra. A Jason si mozzò il respiro e si indurì per quel tocco impalpabile. Voleva ridere, piangere, prendere Jules tra le braccia. In quel breve istante, voleva abbandonarsi. Abbandonare tutto. Voleva continuare a sentirsi come lo aveva fatto sentire la musica di Jules: vivo e libero. Non voleva che finisse.
No riuscendo a trovare una spiegazione per l’incredibile sensazione che stava provando, per l’eccitazione del suo corpo e, allo stesso tempo, incapace di trattenersi, ricambiò il bacio. Le labbra di Jules sapevano di vino, di uomo, e Jason si rese conto che ne era affamato.”
Jason è un perfezionista che ama il controllo, Julien un ragazzo che vive alla giornata e se la cava come può. L’attrazione tra loro esplode fin da subito, in modo forte, ma allo stesso tempo dolce e rispettosa, dato che Jason è alla sua prima esperienza con un uomo. Mentre il giovane conduce l’avvocato su un terreno nuovo, la sua maturità e solidità spingono Julien a mostrare le sue debolezze, la sua vulnerabilità come non ha mai potuto fare in passato.
Scopriranno quindi di aver bisogno l’uno dell’altro. Si aiuteranno ad affrontare le questioni irrisolte del loro passato, a trovare soluzioni per il presente, a dirsi “ti amo”, in inglese o in francese (molto intriganti le parole in lingua inserite nel contesto), e tutto avverrà in modo naturale e dolcissimo, una bellissima favola.
Ma il tempo sta per scadere e, quella che in vacanza pare una storia di vero amore, potrà resistere alla vita vera o rimarrà solo una stupenda parentesi di cui portare ricordo?
Ho adorato questa storia. Prima di tutto, mi sono innamorata dei personaggi (entrambi, ahimè). Qualcuno direbbe che sono troppo positivi, privi di difetti, ma io trovo che l’autrice abbia semplicemente mostrato il loro lato innamorato, lasciando ai ricordi il compito di raccontarci i loro lati oscuri.
“La sua voce si spezzò e Jason lo sentì irrigidirsi.
Con un po’ di esitazione, incerto su come reagire davanti alla visibile emozione di Jules, Jason rimase fermo a guardare l’acqua scorrere e sparire nello scarico. Dopo uno o due minuti d’imbarazzante silenzio si voltò, afferrò il ragazzo e se lo strinse al petto. C’era stato un tempo in cui anche lui aveva affrontato la vita con il cuore in mano, e rifletté sulla grande contraddizione che era Jules: un giovane sfacciato, sveglio e dolce che portava il suo carico di sofferenza.”
In secondo luogo, ho adorato com’è scritto. I dialoghi sono il mio ideale di dialogo perfetto: vivi, realistici, teneri da sciogliersi come zollette, riga dopo riga, battuta dopo battuta.
Ho amato il modo delicato in cui l’autrice scava sotto la superficie, nei momenti introspettivi, per caratterizzare i personaggi.
“Una domanda interessante.
Jules non era tipo da preoccuparsi di una cosa del genere. Faceva semplicemente ciò che riteneva giusto in quel momento, affrontando le conseguenze in seguito. Era ciò che lo aveva attratto di Jules, qualcosa in cui avrebbe desiderato assomigliargli.
“Sai” ammise, aprendo gli occhi e guardandolo, “non lo so neanch’io. Quando suonavo, non appena cercavo di fare qualcosa di più difficile, era come se si innalzasse un muro altissimo. Mi sembrava che se mi fossi lasciato andare, avrei cominciato a sbagliare e fare delle brutte figure.”
“Sei un perfezionista.” Era un’affermazione semplice, ma Jason non poteva di certo negare che fosse vero.
“Già. Me lo dicono tutti.” Ancora una volta, il ragazzo aveva colto nel segno. A Jason piaceva il modo in cui Jules lo metteva di fronte alla verità. Era molto simile a Rosalie, sotto quell’aspetto.
“Non sei d’accordo?”
“Sì, sono un perfezionista.”
Jules non disse nulla, ma si sporse per dargli un bacio. Jason lo accettò senza alcuna resistenza.”
Ho trovato questo romanzo come una danza sensuale ed erotica. Mai volgare, mai violento, si muove dolcemente tra le scene accompagnando il lettore sempre per mano, nella consapevolezza che ciò che è nato tra i due è qualcosa di vero e di forte.
E non dimentichiamo l’aspetto erotico: il (tanto) sesso, pur essendo fantasioso ed esplicito, mantiene sempre toni sensuali, più che selvaggi.
“Jason sapeva bene cosa volesse Jules, ma decise invece di allungare le braccia e appoggiare le mani accanto alle sue, sopra il tavolo, così che il suo petto fosse premuto contro la schiena del ragazzo. Con il mento gli scostò i lunghi capelli neri dal collo e cominciò a leccargli la pelle morbida dietro l’orecchio sinistro, facendolo rabbrividire.
“Ti prego”, sussurrò Jules.
“Ti prego? Ti prego cosa?”
“Ti prego scopami.”
L’altro aspetto che mi ha portata ad amare questo romanzo è il ruolo che l’ambientazione e la musica assumono. Parigi, così come Milano e Grenoble, risultano città colorate, tangibili, vissute, pur essendo descritte in modo non invadente, del tutto lontano dall’effetto “guida turistica”. Ne sentiamo gli odori, le voci che parlano una lingua straniera, vediamo la pioggia cadere sui marciapiedi, le luci filtrare dalle vetrate delle chiese.
Ma la vera magia è il modo in cui la musica entra nella storia. Densa, significativa, è parte e soluzione del dramma, quasi fosse un vero e proprio personaggio che anima la trama.
“Mosse l’archetto sulle corde lasciandolo sospeso per un istante prima di far vibrare delicatamente il re. Il suono del violino guizzò come la fiamma di una candela in una brezza invisibile, poi crebbe e infine si fuse con le note pacate del pianoforte.
Era sensuale, invitante. Jules chiuse gli occhi e si lasciò catturare completamente dalla musica, mentre la lenta, armonica progressione del piano tesseva quella melodia evanescente con gli altri strumenti.”
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