Stanno accadendo strane cose nel piccolo villaggio di Hilltop, remota località dell’Alaska dove l’inverno è così gelido da ottenebrare le coscienze. Da quando, tre mesi prima, è stata aperta Hanover House, una clinica psichiatrica di massima sicurezza che ospita con finalità scientifiche i più feroci serial killer d’America, nessuno dorme più sonni tranquilli e a nulla servono le rassicurazioni di Evelyn Talbot, la psichiatra trentenne e determinata che dirige l’istituto insieme al collega Fitzpatrick. Soprattutto quando nella neve avviene un macabro ritrovamento: i resti di una donna, orrendamente martoriata. Per il giovane sergente Amarok è la conferma di ciò che ha sempre temuto: portare un branco di efferati assassini a pochi metri dalle loro case e dalle loro famiglie è stata una decisione estremamente pericolosa. Ma la sua fermezza si scontra con il fascino fragile e misterioso di Evelyn, il cui passato nasconde il più nero e atroce degli incubi. E mentre una violenta tormenta di neve si abbatte sul paese rendendo impossibili i collegamenti e le comunicazioni, la psichiatra ha più di un motivo per pensare che quel primo omicidio sia un messaggio destinato proprio a lei e che l’ombra del passato la stia per raggiungere ancora una volta.
“Uccidine una e sarà come averne uccise ventuno”
Mark Martin, pluriomicida inglese
Così come ci racconta Evelyn Talbot le psicopatologie sono in aumento; potrebbe esserne affetto il quattro per cento della popolazione, vale a dire una persona su venticinque. Con numeri simili, è possibile che nel corso della propria vita molti incontrino almeno uno psicopatico.
Inquietante ?
Sì, decisamente molto inquietante.
Ma c’è di più: gli psicopatici sono solo il venti per cento dei carcerati in America, ma commettono più della metà dei crimini violenti.
E sono molto difficili da scoprire.
“Noi serial killer siamo i vostri figli, siamo i vostri mariti, siamo ovunque. E ancora molti, fra i vostri bambini, moriranno domani.”
Ted Bundy, serial killer, stupratore, rapitore e necrofilo
Ancora più inquietante?
… da paura!
Brenda Novak inizia ogni capitolo del libro con una citazione appartenuta ad un serial killer condannato realmente esistito, e sebbene questi non compaiono mai nel corso della storia ci aiutano a ricordare come gli psicopatici detenuti ad Hanover House siano “reali”, rendendo ancor più spaventoso il linguaggio e il comportamento dei pazienti della Dott.ssa Evelyn Talbot.
“Il Dottor Fitzpatrick dice che tutti portiamo una maschera. E che negli psicopatici la maschera è più come uno specchio. Riflettono quello che pensano tu voglia vedere, perché dentro hanno il vuoto.”
Una caratteristica che rende unica Hanover House, oltre al nome accogliente (“casa” al posto di “carcere”) e al fatto che i detenuti/pazienti siano selezionati secondo i crimini commessi e i comportamenti manifestati, è che sia focalizzata sulla ricerca e sulla terapia e non sulla pura e semplice detenzione.
Questo è anche lo scopo della Dott.ssa Talbot, la quale ha concentrato la sua vita esclusivamente sul suo lavoro, che consiste nel ricercare il motivo per cui gli spicopatici fanno quel che fanno (come e perché una persona apparentemente normale possa diventare un serial killer), trasformando così il suo passato in una vera e propria missione … un passato non troppo recente che però le ha provocato un danno emotivo ben più grave di quello fisico, tanto che non ha una relazione con un uomo da decenni.
Se tutto questo non bastasse a rendere emotivamente terrorizzante la lettura di Alaska aggiungetevi un inverno lungo e buio passato più in compagnia di documenti e riviste di psicologia che di persone, i ricordi di innumerevoli conversazioni ricche di dettagli agghiaccianti, una bufera di neve che rende impossibili le comunicazioni ed impraticabili le strade, un orrendo ritrovamento nella neve che costringerà Evelyn a rimettere in discussione tutto il suo lavoro e le sue certezze, perchè il suo incubo più buio è tornato a perseguitarla…
In questo àmbito duro, aspro, isolato e implacabile dell’Alaska, l’atmosfera agghiacciante va ben oltre le sole condizioni climatiche: dal prologo spietato fino all’epilogo ricco di colpi di scena, questo libro vi regalerà forti brividi, per una tale tensione narrativa che vi farà sentire in uno stato di costante vulnerabilità e pericolo.
Quello che vi ho descritto fino ad ora però è solo la punta dell’iceberg di ciò che Brenda Novak ha in serbo per voi; pagina dopo pagina vi ritroverete completamente coinvolti nelle vicende della Dott.ssa Talbot e, se amate come me i thriller quanto i romance, sappiate che anche il vostro lato romantico verrà appagato; non potrete non amare il sergente Amarok.
“Un uomo indipendente. Sicuro di sé. Piacevole. Calmo a un livello che lei probabil- mente non avrebbe mai raggiunto. La sua presenza riusciva in qualche modo a lenirle la ferita che portava nell’anima.”
Dopo aver letto questo libro sono stata veramente felice che la serie “The Evelyn Talbot Chronicles” sia finalmente approdata in Italia, aspetterò con impazienza che vengano tradotti e pubblicati anche gli altri capitoli di questa serie.
Un consiglio: mentre sarete immersi nella lettura di Alaska ricordatevi di respirare.
“Quando mi avranno mozzato la testa potrò ancora udire, almeno per un momento, il suono del sangue che mi zampilla dal collo? Sarebbe il piacere più grande di tutti.”
Peter Kurten, il Vampiro di Dusseldorf
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