Gli Elfi di Babbo Natale erano in fermento. Mancavano solo quattro giorni alla notte più importante dell’anno e i piccoli aiutanti avevano già iniziato a caricare la slitta magica, che avrebbe portato i doni a tutti i bambini del mondo.
Ezechiele, il capo degli Elfi, correva come un pazzo da una zona all’altra del grande laboratorio dove venivano costruiti i giocattoli. Si trattava di una sala a forma circolare, con il soffitto trasparente a cupola, dal quale si poteva ammirare la neve che scendeva copiosa in ogni giorno dell’anno. Il laboratorio era occupato da Elfi impegnati nella costruzione dei balocchi, che venivano suddivisi per genere, tipo, destinazione, etc… Ogni Elfo, poi, depositava i giocattoli su un gigantesco rullo che li avrebbe portati sino alla stanza delle confezioni, nella quale venivano impacchettati e destinati ai bambini in base alle richieste espresse nelle milioni di letterine che arrivavano puntuali ogni anno, in prossimità del ventiquattro dicembre.
Il laboratorio era un tripudio di addobbi rossi e dorati, di macchinari per costruire tutti i giocattoli e di attrezzi di ogni genere e tipo. Al centro troneggiava un maestoso albero di Natale, addobbato con palline di ogni colore e dimensione, la cui punta arrivava a sfiorare la cupola. Inoltre, dal soffitto circolare scendeva una neve finta, che spariva magicamente prima di toccare terra.
Ezechiele, con le braccia poggiate sui fianchi, osservò gli Elfi che lavoravano ininterrottamente, giorno e notte, per costruire i giocattoli. Vestivano con pantaloni a zuava verdi, dello stesso colore del giubbetto, sul quale spiccavano bottoni dorati, mentre le gambe, dal ginocchio in giù, erano fasciate con calze a righe bianche e rosse.
Infine, pienamente soddisfatto, dopo aver dato un ultimo sguardo carico di orgoglio al laboratorio, imboccò il corridoio dalle pareti dorate che portava alle stanze in cui risiedeva Babbo Natale. Giunto dinanzi alla massiccia porta di legno d’abete, decorata con intarsi argentati e rossi, bussò tre volte, come era solito fare.
“Avanti.” disse Babbo Natale.
Ezechiele si preoccupò subito, perché Babbo non aveva il solito tono di voce. Sembrava stanco. Allora spalancò la porta e si precipitò in camera, dove trovò l’anziano steso sul pomposo letto a baldacchino.
Al suo fianco Rosalinda, l’Elfa che si dedicava alle bevande, gli stava servendo della cioccolata calda su una grande tazza rossa.
Babbo indossava una lunga camicia da notte bianca a righe dorate e aveva il naso più rosso del cappello che indossava.
“Accidenti, Babbo, che succede?”
“Etciù, etciù, etciù!” starnutì lui, chiudendo i grandi occhi azzurri.
“Ezechiele, mi sono preso un brutto raffreddore e Rosalinda mi ha appena detto che ho anche un febbrone da cavallo. Non riesco a reggermi in piedi!”
“Coooosaaaaaaaaaa?” ululò l’Elfo, saltellando come un matto ai piedi del letto. “Ma non è mai accaduto, in tutte queste centinaia d’anni, che Babbo Natale si ammalasse!”
Quindi si rivolse all’Elfa, che stava osservando l’anziano disteso sul letto con aria triste e preoccupata.
“Rosalinda, hai provato con le erbe?”
“Certo, ma non funzionano.”
Ezechiele strabuzzò gli occhi. “Non funzionano i medicamenti magici degli Elfi? Ohi ohi, poveri noi, siamo davvero nei guai!”
“Etciùùùù… etciùùùùùù!” starnutì ancora Babbo.
“Mi dispiace Ezechiele, non so che dire. Vedrai che per la notte di Natale sarò in perfetta forma… etciùùùùùùùùùùùùù!”
L’Elfo si avvicinò a Rosalinda, la trasse in parte e si chinò verso di lei.
“La situazione è davvero molto grave, mi sa che dobbiamo adottare il piano innominabile!”
Rosalinda sussultò. “Comeeeeeeeeeeeeee? Non è mai accaduto prima che…”
“Ssstt…. Non urlare, Babbo non deve capire, non per il momento. Glielo diremo a tempi debito. Ma non possiamo perdere altro tempo. Se non dovesse riprendersi per la vigilia di Natale, i bambini non avranno i loro regali, capisci? Sarebbe un disastro, uno sfacelo!”
“Etciùùùù! Che avete da confabulare voi due?”
“Nulla, nulla Babbo. Cercate di riposare, invece. Noi Elfi abbiamo tutto sotto controllo!” disse Ezechiele, abbozzando un sorriso.
“Verrò a trovarla più tardi.”
Poi fece dietro front e uscì correndo dalla camera.
“Per tutte le renne, siamo davvero nei guai, siamo davvero nei guai!” esclamò a voce alta, scuotendo la testa, mentre si dirigeva a passo rapido verso l’ufficio SEGRETISSIMO degli Elfi.
Quando entrò nella piccola stanza rotonda, ricolma di mobili colorati e di p.c. di ultima generazione, due Elfi informatici gli corsero incontro, con le guance arrossate, che spiccavano sul viso pallido.
“Ezechiele, abbiamo un problema! Ci è appena stato riferito che tutte le renne di Babbo Natale hanno il raffreddore e la febbre! Continuano a starnutire ininterrottamente e sono adagiate sulla paglia! Si rifiutano di alzarsi! Ohi ohi, come faremo con i regali? Ohi ohi!”
Ezechiele strabuzzò ancora gli occhi. Anche le renne ammalate?
Senza dire un parola uscì in freta dalla stanza, abbandonò l’edificio e, sotto la neve e correndo come un matto tra le vie illuminate a giorno del villaggio, si diresse verso l’imponente stalla che ospitava le renne.
Vi entrò col fiatone e fu subito accolto dall’Elfo che si occupava degli animali magici.
“Ezechiele, le renne…. Stanno male, hanno il raffreddore e la febbre, non riescono a volare! I medicamenti non funzionano! Cosa possiamo fare? Aiuto aiuto aiuto!”
L’Elfo stalliere iniziò a saltellare come un matto sulla paglia, con le mani tra i corti e ricci capelli color rame.
Ezechiele lo superò e si piazzò dinanzi alle renne, che giacevano sulla paglia inermi, con gli occhi socchiusi e il naso rosso come un peperone maturo. L’Elfo osservò Cometa, la renna che guidava sempre le altre quando la slitta di Babbo solcava i cieli, e sospirò.
No no no, mi sa che dovrò proprio usare il piano innominabile! Non è mai successo prima, ohi ohi, povero me! pensò, sistemando alla meglio sui capelli biondi il cappellino a punta.
“Etciùùùùùùùùùùù!” starnutì Cometa, tirando su col naso.
“Ezechiele… etciùùù…. Non so se noi renne riusciremo a volare… siamo a pezzi!”sussurrò Cometa, con voce rauca.
L’Elfo si grattò il mento per qualche istante, accarezzò Cometa sulla testa e saettò fuori dalla stalla alla velocità della luce. In men che non si dica raggiunse l’ufficio SEGRETISSIMO.
“Amici miei, diamo subito il via al piano innominabile!” gridò, attirando immediatamente l’attenzione degli altri, che lo guardarono con i denti che battevano per la paura.
Nonostante fossero terrorizzati, dato che era la primissima volta che veniva usato quel piano, tutti si misero subito al lavoro, digitando come dei matti sulle tastiere dei loro p.c. Dopo cinque minuti, durante i quali Ezechiele fece quasi un solco sul pavimento, a forza di andare su e giù per la stanza, uno degli Elfi esultò.
“L’abbiamo trovato, eccolo!” urlò, segnando il video del proprio p.c., dove vi era l’immagine di un ragazzino con i capelli neri e gli occhi scuri. “E’ lui, il più buono e bravo bambino del mondo!”
Ezechiele trotterellò felice accanto all’Elfo. Forse il Natale era salvo!
“Dimmi tutto di questo bambino!” chiese, senza riuscire a stare fermo per l’emozione.
“Si chiama Giorgio, viene dall’Italia, da Venezia per la precisione, ha undici anni, è figlio unico, bravissimo a scuola, amico fedele e leale, topo di biblioteca, boy scout, un piccolo genio della matematica, e chi più ne ha, più ne metta!”
Ezechiele alzò gli occhi al cielo, sospirò e, riprendendo il pieno controllo di se stesso e della propria autorità, poggiò le mani sui fianchi e osservò rapidamente tutti gli Elfi presenti nella stanza.
“Bene, andate a prenderlo! Diamo il via al piano innominabile! Io corro ad avvisare Babbo!”
In men che non si dica, due Elfi scattarono fuori dalla stanza e si diressero verso il taxi supersonico a propulsione magica, voluto fortemente da Babbo Natale per consentire spostamenti rapidi ai suoi aiutanti.
Il taxi supersonico era giallo e con le portiere ricoperte da una polverina dorata, che veniva rifornita periodicamente dalle fatine dei boschi. Proprio questa polverina avrebbe permesso al veicolo di volare e, con la propulsione magica inventata dagli Elfi, raggiungere Venezia in meno di dieci minuti.
Questo sistema di propulsione era stato anche applicato alla slitta di Babbo Natale, per consentirle di muoversi più rapidamente sui cieli del Mondo.
E così, poco dopo, i due Elfi calarono il taxi sul tetto di un’abitazione sita sul Canal Grande, in una serata fredda, dove il cielo era meravigliosamente costellato di stelle brillanti.
Si avvicinarono al caminetto, si guardarono attorno più volte, quindi schioccarono le dita. Così facendo, rimpicciolirono alla dimensione di un topolino e si calarono facilmente nel caminetto, utilizzando delle minuscole funi dorate. In men che non si dica raggiunsero la cameretta di Giorgio.
Il bambino stava russando sonoramente. I due Elfi sogghignarono, schioccarono le dita e ripresero le loro dimensioni normali che, tuttavia, li facevano sembrare due nanetti.
“Cof… cof….” tossì uno dei due, cercando di svegliare il bambino. Ma Giorgio continuò a dormire di un sonno beato.
“COF… COF… COF…!” tossì allora più rumorosamente l’Elfo.
Giorgio sbarrò gli occhi e scattò a sedere sul lettino. Quando vide i due Elfi, ritti in piedi dinanzi a lui con le braccia piegate sui fianchi e un sorriso sghembo sul viso pallido zeppo di lentiggini arancioni, cominciò a saltare sul letto.
“Lo sapevo, lo sapevo che Babbo Natale esiste veramente! Lo dicevo io ai miei amici, ma non mi ha mai creduto nessuno!” disse al colmo della gioia, mantenendo però basso il tono della voce per non svegliare i genitori.
Così, i due piccoli Elfi non incontrarono nessuna difficoltà a raccontare a Giorgio che Babbo Natale era ammalato e con lui tutte le renne.
Il bambino si grattò il mento, pensieroso.
“Gran brutto affare, davvero. Avete un piano di riserva?” chiese.
I due Elfi si guardarono per un istante, quindi annuirono contemporaneamente. Uno dei due prese la parola.
“Certo! Abbiamo il piano innominabile! Dobbiamo portarti al Polo Nord, perché tu sei stato scelto tra tutti i bambini del mondo come futuro Babbo Natale, quando quello attuale si stancherà di girare per il mondo…. Sai, sono ormai cinquecento anni che consegna regali e noi Elfi sappiamo che è un po’ stufo. Quindi, che ne dici di venire con noi e di sostituire Babbo?”
Giorgio sbarrò gli occhi e riprese a saltellare sul letto.
“Lo prenderò per un sì.” bisbigliò l’Elfo all’altro, che sorrise.
Poi Giorgio si fermò all’improvviso, scese dal letto e si grattò nuovamente il mento.
“Ma come farò con mamma e papà? Si preoccuperanno sicuramente per la mia assenza.”
“Assolutamente no, caro bambino, loro non si accorgeranno di nulla. Sai, con un pizzico di magia si può ottenere tutto ciò che si vuole, se è per un fine utile e buono.”
Giorgio annuì, quindi si avvicinò alla sedia e si vestì rapidamente con un paio di jeans, una felpa rossa, All Star blu e, infine, afferrò il giubbetto invernale.
“Andiamo?”
Un quarto d’ora dopo il taxi supersonico stava sorvolando il villaggio di Babbo Natale. Giorgio premette naso e mani contro il finestrino. Era incantato e continuava a dire: “Ohhhh, che meraviglia, che meraviglia, quante luci, quante casette colorate, ohhhhh!”
Gli Elfi atterrarono in fretta sulla pedana circolare dalla quale sarebbe anche partita la slitta.
Quando Giorgio si ritrovò dinanzi a Babbo Natale febbricitante, si emozionò, ma gli assicurò che avrebbe compiuto il suo dovere.
Quindi conobbe Ezechiele, che gli mostrò il laboratorio dei giocattoli, l’abito che avrebbe dovuto indossare per la Vigilia, assolutamente su misura, identico a quelli che Giorgio aveva sempre visto nei film di Babbo Natale, e infine, meraviglia delle meraviglie, gli fece vedere la slitta.
Giorgiò spalancò la bocca. La slitta era lunga almeno tre metri, di legno massiccio, con decori argentati e dorati. L’interno era rivestito con un pesante tessuto in velluto rosso e davanti, dove poggiavano le redini, erano appesi dei campanellini di vari colori.
“E ora facciamo una prova” disse Ezechiele, agitando una mano davanti agli occhi di Giorgio per attirare la sua attenzione. “Prova a fare Oh oh oh oh!”
Giorgio lo fissò per qualche istante, si schiarì la voce e provò.
“Eh eh eh eh!” gridò.
Ezechiele alzò gli occhi al cielo. “No, ho detto Oh oh oh oh! Riprova!”
E così i due andarono avanti finché Giorgio non riuscì ad imitare l’Oh oh oh oh quasi perfetto di Babbo Natale, che avrebbe dovuto pronunciare più volte mentre sorvolava il Mondo.
Giorgio, infine, si grattò nuovamente il mento con aria pensierosa.
“Scusa, Ezechiele, ma se le renne di Babbo sono ammalate, chi porterà la slitta?”
Ezechiele sorrise. “Sarà una sorpresa, vedrai.”
Giorgio si strinse nelle spalle a attese con ansia la Vigilia. Che finalmente arrivò.
Vestito di tutto punto con l’usuale abito rosso e tanto di cappello con ponpon bianco, Giorgio fu condotto nella sala della slitta.
Quando vi entrò, sbarrò gli occhi e gli sfuggì un Ohhhhhhhhhhhhhhh di puro stupore.
Dieci cani Aski erano legati dinanzi alla slitta, magnifici nei loro mantelli bianchi e argentati.
“Lo… loro sanno vo… volare?” chiese Giorgio, balbettando per l’emozione.
“Certo che no!” rispose Ezechiele, sogghignando.
Quindi si avvicinò ai cani e infilò la mano destra nell’unica tasca dei pantaloni alla zuava. Ne estrasse una boccetta trasparente, nella quale baluginava una splendente polverina dorata.
“Polvere di fata.” disse.
“Ohhhhhh!” rispose Giorgio, senza riuscire ad aggiungere altro.
L’Elfo cosparse sugli Aski la polverina, che si depositò con delicatezza sui loro mantelli lucidi. Quindi salì sulla slitta e invitò Giorgio a fare altrettanto.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte. Diede una rapida occhiata al gigantesco sacco rosso ricolmo di regali che sostava sul retro della slitta, quindi balzò accanto ad Ezechiele. Afferrò le redini e urlò.
“OH OH OH OH! ANDIAMO!”
Gli Aski ulularono e si sollevarono in fretta dalla pedana. La slitta raggiunse velocemente il cielo blu e limpido del Polo Nord e in meno di cinque minuti già sorvolava la grande città di New York.
Così, tra un Oh oh oh oh un po’ forzato, l’ululato dei cani, e qualche imprecazione di Ezechiele quando Giorgio compiva con la slitta delle manovre azzardate, anche per quell’anno i bambini di tutto il mondo riuscirono a ricevere i regali di Babbo Natale.
Giorgio crebbe e, all’età di vent’anni, fu chiamato a sostituire il vecchio Babbo, ormai stanco.
E ancora oggi solca i cieli del mondo, nelle magiche notti della Vigilia, portando ai bambini di tutto il mondo gioia e serenità.
p.s. A proposito, le renne sono perfettamente guarite e non permetteranno mai più ai cani di sostituirle in una missione così importante e impegnativa! Non so se lo sapete, ma le renne sono animali molto, molto permalosi!
FINE