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Lo scrigno delle emozioni made in Italy: “Ritorno a casa di mecenario” di Sandra Chelli

Progetto grafico Paola

L’inverno era ormai alle porte. A un uomo in buona salute, sarebbero bastati tre giorni. per attraversare le montagne, che alte si ergevano davanti a lui.
Le sue condizioni non potevano considerarsi ottimali, non per affrontare un viaggio simile.
Il mercenario era stato ferito durante l’ultima battaglia, della quale stentava a ricordare il nome. La morte si era precipitata affettuosa, per accoglierlo tra le sue braccia.
Fedele al suo ruolo, lo aveva corteggiato per ore. In almeno due occasioni, era stato li per cedere. Ma alla fine l’aveva mandata via a mani vuote.
Mai come in quei momenti, aveta temuto di perdere la vita. E questo, negli ultimi tempi, lo aveva costretto a rivedere le proprie priorità.
Aveva trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita, a combattere. Di anno in anno, ogni volta un campo di battaglia diverso.
Non gli importava quale fosse il Signore che pagava. Non guardava al colore della pelle, né guardava quale fosse il paese, che lo arruolava sotto la propria bandiera. A quelli come lui non interessava, non più a quel punto della sua vita.
Era partito con in tasca degli ideali, era partito con il cuore gonfio di buone intenzioni. Aveva lasciato a casa la sua famiglia. E finalmente arrivò a chiedersi, per cosa?
Era partito come un soldato onorevole, ma con il tempo si era ritrovato senza più un ideale. Anche la passione era svanita. Tutto cancellato, dal momento in cui era divenuto uno di loro, un mercenario.
Negli anni si era fatto conoscere, sui campi di battaglia il nemico sapeva chi era. Molti Signori lo avevano voluto nelle loro file. Avevano pagato profumatamente, e lui aveva difeso le loro cause, combattendo come meglio sapeva fare.
Da tempo ormai, aveva smesso di chiedersi se fosse giusto uccidere, distruggere.
C’era stato un periodo in cui, credeva di aver perso la sua anima, ma ogni volta che si guardava dentro, rimaneva sorpreso nel ritrovarla ancora lì, dove l’aveva relegata.
Era solo diventata invisibile, silenziosa. Un osservatrice muta delle sue scorribande, dei suoi atti incivili.
I soldi. I maledetti soldi avevano accecato la sua anima. All’inizio si faceva degli scrupoli, ma poi il tempo aveva cancellato ogni traccia della sua umanità.
Alla fine, tutto gli era sembrato così normale. Aveva visto migliaia di corpi straziati, uomini ancora vivi spezzati in due da una lama. Aveva sentito feriti chiedergli di ucciderli, e porre così fine alle loro sofferenze.
La sua spada aveva spezzato centinaia di vite. Quante volte, affondando la lama in quei corpi, aveva potuto sentire il loro sangue nutrirla. Aveva letto sorpresa, paura e dolore, negli occhi dei suoi avversari.
Era altrettanto sicuro, che qualcuno avesse visto la stessa cosa nei suoi, ogni volta che era stato ferito dal suo nemico.
Le prime volte, quando si trovavo davanti a dei ragazzini, era sempre tentato di lasciarli vivere. Purtroppo la stupidà, faceva credere loro di essere degli uomini. Davo loro la possibilità di andarsene, ma invece di scappare, alzavano indomiti le loro spade e colpivano.
Cosa avrebbe dovuto fare? Si chiedeva subito dopo aver reagito. Morire? Lasciarsi uccidere per farli sentire forti? Si era difeso, solo che il braccio di un uomo, era più veloce di quello di un ragazzo.
Il primo anno, passava le notti a piangere per le loro anime, poi un giorno che non ricordava più, aveva smesso. Alla fine il suo braccio e la sua spada, non fecero più differenze.
Aveva sempre trovato difficile e inutile, intrecciare legami di amicizia con i compagni d’armi. Era stato così stupido, da pensare che la sua vita, valesse più della loro.
Non era mai stato disposto a rinunciarvi, per nessuno. Tanto più, che la loro vita non contava nulla, ognuno pensava per sé.
Si credevamo importanti, ma alla fine, eravamo solo carne da macello. Buoni solo per combattere.
La sua vita era diventata solo un lungo girovagare, di campo in campo. Alla fine di ogni battaglia, l’importante era ritrovarsi ancora in piedi, possibilmente tutto intero.
Per il lavoro svolto, ricevevano una bella pacca sulla spalla e una sonante moneta d’oro.
Quell’ultima ferita però aveva messo un bel sigillo alla parola guerra, avea chiuso con quella vita. Aveva detto basta, non sapendo nemmeno dove avesse trovato la forza per farlo.
La sua mente aveva ritrovato l’antica lucidità, e gli aveva fatto capire, che né i soldi, né una vana gloria, valevano ciò che era stato un tempo.
Era arrivato a non provare più nulla, faceva fatica a sentire i battiti del suo cuore. E quando cercava di parlare con lui, sentiva solo un eco desolante. Non ricordava l’ultima volta che aveva udito il suo battito.
Persino lo stupore non faceva più parte del suo essere. Il mondo non aveva più forme, né colori. I suoi occhi riuscivano a vedere solo il grigio di quella vita vuota.
Riprendere in mano la sua vita, o ciò che ne rimaneva era stata la decisione più saggia che avesse potuto maturare.
Era tempo di abbandonare tutto quel niente. Tempo di tornare alle sue origini. Voleva tornare a casa da uomo valoroso. Voleva che la sua famiglia ritrovasse in lui una buona guida.
Quella stessa famiglia, che aveva lasciato per un motivo, del quale non ricordava più l’esistenza. E le montagne che ora si ergevano davanti a lui, lo facevano pensare a loro.
Quando era partito, aveva lasciato a casa una moglie da lui amata con tutta l’anima, e un bambino che aveva adorato in silenziosa contemplazione.
In quel momento e per la prima volta, si ritrovò a chiedersi se tutto ciò che aveva fatto, avesse avuto un senso.
Le sue sacche erano colme di monete d’oro, eppure non gli avevano portato né gioia, né soddisfazione.
Da quando aveva lasciato il campo, la sua mente sembrava essersi risvegliata dal vecchio torpore. Ogni tanto aveva dei piccoli flashback del suo passato, della sua umanità.
Mentre risaliva il sentiero che lo aveva portato fin lì, gli fece un bellissimo dono. L’aveva rivista, e si che non ricordava più nemmeno il suo volto.
Aveva rivisto quel giorno, quando l’aveva salutata. Aveva rivisto il viso della sua splendida donna, e in quel momento aveva ricordato l’intensità dei suoi occhi azzurri.
Quel giorno le lacrime le lambivano lo sguardo, ma lei era stata più forte, le aveva trattenute, obbligandole a rimanere avvolte tra le sue folte ciglia.
Aveva ricordato il suo silenzio, e tutte le parole non dette per non trattenerlo. Doveva farsi perdonare tutto quel dolore.
Se avesse potuto, sarebbe tornato indietro ad asciugare tutte le lacrime, che poi doveva aver pianto. Sperava di riuscire in quel viaggio, pregava a ogni passo che il Signore lo guidasse fin da lei. Il ricordo che sentiva farsi più forte, era quell’ultima carezza.
Quella che lei gli diede prima di lasciarlo andare via. Ma uno ancora più profondo, era quello del suo ventre gonfio delle loro due vite, del loro amore.
Pianse come uno di quei ragazzini che aveva ucciso. Si, pianse, perché lo aveva smarrito.
Aveva dimenticato che mentre le accarezzava il grembo, la sua mano aveva sentito quel piccolo piedino darle un calcio. A modo suo, anche lui lo aveva salutato.
Come aveva potuto relegare tutti quei ricordi in fondo al cuore? Dio, cosa era diventato?
Stava cercando di tornare a casa, a tutto quello che aveva abbandonato. Si, perché era questo che aveva fatto. Il primo anno era stata dura, ma era partito per loro, per dargli una vita migliore.
Ogni notte sentiva la mancanza delle sue carezze, delle braccia della sua donna, che docili si intrecciavano alle sue. Spesso si era immaginato il volto del suo bambino, sognava che avesse gli occhi di sua madre. Ma il tempo e le guerre, avevano portato via anche quei ricordi.
Con il passare degli anni aveva dimenticato tutto. Calpestando ogni suo ideale, e dimenticando di essere un uomo e un marito. Aveva promesso di dare alla sua compagna una vita serena, una casa e una famiglia.
Il ricordo di un padre morente tra le sue braccia, anche quello andato. A quell’uomo che gli aveva dato tutto, aveva fatto la promessa di prendersi cura delle sue terre.
Ma lui era sempre stato bravo a tirare con la spada. Suo padre lo aveva cresciuto con duri allenamenti. Questo gli aveva permesso di sopravvivere in battaglia, fino a diventare un assassino a pagamento.
Da giovane il padre aveva prestato servizio nell’esercito del Regno. Era stato un eroico condottiero, e in premio il Re, gli aveva donato delle terre. Quelle di cui avrebbe dovuto prendersi cura.
Era sicuro che se lo avesse visto in quel momento, tutto l’orgoglio che aveva provato per lui, sarebbe scomparso all’istante.
Aveva tutto il tempo di pensare, mentre cavalcava verso casa. Ed erano molte le paure che lo assalivano. Dieci anni, tanto era rimasto lontano dalla sua famiglia, dal suo mondo.
Erano molti anche per una donna sola, specialmente se era giovane è bella come quella che lui, aveva lasciato a casa.
Il solo pensiero che avessero potutto patire la fame, o che lei si fosse fatta un’altra vita, faceva più male della ferita che si portava dietro.
Sola e con un bimbo da crescere, e le terre a cui badare. Come aveva potuto essere così egoista?
In sella a un cavallo stanco quanto si sentiva lui, cercava di tornare da lei e da quel figlio mai visto. Ma il mercenario non avrebbe permesso a niente e nessuno di impedirglielo, a costo di spargere sangue per tutta la montagna.
Era ferito, ma era pur sempre un mercenario. Sapeva come uccidere e anche volocemente. La ferita all’addome faceva un male del diavolo, e per quanto lui la curasse, non si era del tutto rimarginata.
Sui campi di battaglia si imparava a riconoscere le ferite, a decretarne la gravità. Era stato fortunato, per quelle come la sua, si sopravviveva, ma serviva assoluto riposo.
Era cosciente che non fosse stata una buona idea, ma doveva solo stare attento agli scossoni. Cosa alquanto difficile da evitare su un sentiero di montagna.
Avrebbe potuto comprare un carro, ma aveva considerato che non fosse il mezzo ideale, per quel viaggio.
Si era ripromesso di fermarsi spesso, così da poter far riposare anche il cavallo.
Ma una volta messo in strada, la voglia di arrivare era stata grande, e la promessa era andata in malora.
Il freddo si era fatto insopportabile e con l’avvicinarsi della sera, la temperatura sarebbe scesa ancora di più. Man mano che si inoltrava su per il sentiero, i ripari aumentavano. Con se aveva delle pelli, che lo avrebbero tenuto al caldo, senza avrebbe rischiato di morire assiderato.
Ogni sera doveva accendere il fuoco. Solo in quel modo, sia lui che il cavallo, sarebbero riusciti a sopravvivere. Doveva pensare prima a lui, dato che la sua vita dipende da quella dello stallone.
Spesso lungo la strada si fermava e si voltava indietro. Non era abituato a vedere il vuoto alle sue spalle. Era una sensazione strana, il non dover sguainare la spada ogni minuto, e difendere la propria vita.
Per non parlare del silenzio che c’era di notte. In tutti quegli anni, le orecchie del mercenario avevano udito urla e pianti. Anche le spade, avevano ormai un suono riconoscibile, mentre fredde e letali dilaniavano le membra dei nemici.
Era strano non sentire nulla di tutto ciò. Nemmeno la notte si riusciva a dormire, i feriti urlavano finché qualcuno non metteva fine al loro strazio.
In quel silenzio si sentiva in pace con sé stesso. La prima notte aveva dormito con un occhio solo, le abitudini dei militari, erano dure a morire.
Dopo tre giorni di cammino poi, ci si era messa anche la ferita al petto. Aveva ripreso a sanguinare, e questo lo aveva costretto a fermarmi.
Sperava che la medicazione durasse di più. Quella volta avrebbe fatto più attenzione.

Quel figlio di una buona donna. Che Dio lo avesse in gloria. La sua spada fendeva l’aria con rabbia, ed era in gamba il maledetto.
L’attacco era stato veloce, ma anche lui lo era stato nello spostarsi. Purtroppo non abbastanza, da impedire alla sua lama di colpirlo.
Poteva dirsi fortunato, perché avrebbe potuto raccontarlo a suo figlio. Ma quel bastardo gli aveva lasciato un bel ricordino, un taglio che gli attraversava il petto da parte a parte.
Aveva compreso subito perché quel giorno, la morte fosse accorsa velocemente, per un attimo ci aveva sperato. E lui ci avevo creduto. Per fortuna si erano sbagliati entrambi.
L’altro non avrebbe potuto raccontare a nessuno di quello scontro, ormai era carne per i corvi. I campi di battaglia, ne venivano invasi dopo ogni scontro.
Sembrava quasi che li osservarssero. Che contassero i corpi, per capire se sarebbero bastati a sfamarli, e poi come richiamati a banchettare, ne arrivavano tanti alti.
Non aveva mai visto quelle bestie nutrirsi dei corpi umani. Ma in guerra si faceva l’abitudine a tutto. Non c’era mai il tempo di seppellire i morti, anche se questi fino a qualche ora prima, erano stati i tuoi compagni.
Chi sopravviveva, pensava solo a ripulire i cadaveri dalle sacche di monete d’oro. Per il resto del tempo, ognuno pensava per sé.

Al mercenario non rimaneva altro che cambiare il bendaggio e pulire la ferita. Solitamente usava l’acqua, e poi procedeva con un bel bagno nell’alcool per disinfettarla. Era talmente abituato che ormai non sentiva più nemmeno il bruciore.
Avrebbe potuto usare solo l’acqua, ma nelle otri ne rimasta poca, e doveva bastare per lui e per il cavallo. Per sua fortuna, tolte le bende, si rese conto che non vi era traccia di infezione.
Il miscuglio di erbe e fango funzionava. I soliti vecchi rimedi da campo, puzzavano più della morte stessa, ma erano efficaci.
Una volta disinfettata la ferita, coprì tutto con delle bende pulite e si rimise a cavallo. In un’altra occasione, sarebbe stato il primo a sconsigliare un tale comportamento, ma la voglia di arrivare a casa offuscava ogni sua decisione.
E pensare che per anni si era dimenticato di loro. Gli sembrava di sentire la terra bruciare sotto ai piedi, impaziente com’era di arrivare.
Rivederli era diventata la sua priorità, quasi ne andasse della sua vita, e non era forse così?
Oltre ai ricordi, anche i pensieri cavalcano al suo fianco, e alcuni erano molto fastidiosi. Una volta si era fatto prendere da un profondo sconforto.
Parlava come uno scemo con se stesso. “Che succede se non trovo nessuno? E se lei se ne fosse andata con mio figlio?” Quel pensiero lo aveva bloccato, e aveva sentito le membra trasformarsi in gelido marmo. Neanche in combattimento aveva avuto tutta quella paura.
La tentazione di rinunciare si era presentata diverse volte, poi improvvisamente, aveva realizzato che sarebbe potuto morire tra quelle montagne, da solo. Nessuno avrebbe pianto per lui, nessuno lo avrebbe cercato.
Anche se pensava di meritarselo, non era quello che voleva. Un’altra notte, una sola notte lo separa da casa sua, dalla sua futura vita.
Al di là di quelle montagne gelide, c’era la sua terra, ciò che era stato un tempo. Non gli importava se il mondo fosse cambiato, non erano di certo le sfide a spaventarlo.
La sua unica speranza era di ritrovarli lì, dove lì aveva lasciati dieci anni prima. Il dolore? Bastava stringere le briglie di pelle tra i denti e passava.
Più si avvicinava a casa, più la consapevolezza di appartenere a quel luogo, e a qualcuno, lo faceva sentire finalmente vivo.
Vedeva il cielo rischiarirsi sopra la sua testa, l’alba illuminare lentamente la terra. Le ombre svanivano per lasciare il posto alla luce e al calore del sole.
Finalmente, davanti a lui poté vedere ciò che dieci anni addietro aveva lasciato, il suo mondo. Quello che in modo sconsiderato, aveva rischiato di perdere. Quello che sperava con tutto sé stesso, diventasse il suo futuro.
Anche da quella distanza poteva vedere i campi coltivati, questo lo faceva sperare in meglio. Qualcuno se ne era preso cura in sua assenza. Vedeva il fitto del bosco che incornicia la mia casa, come una cornice il suo dipinto.
E come se tutte le sue preghiere fossero state ascoltate, vide il fumo uscire dal camino della sua vecchia casa.
Rimase a guardare meravigliato, cercando di catturare il più possibile con lo sguardo. Finalmente poteva rallentare il passo, smontò da cavallo e iniziò a camminare verso casa.
Casa. Quella parola gli riscaldava il cuore, più di quanto avrebbero potuto fare tutti i falò del mondo.
Ridiscendo il sentiero a passi lenti e misurati, gli venne la stupida voglia di contarli. L’aria di casa lo avvolse in un freddo e famigliare abbraccio.
Man mano che i raggi del sole scaldavano la terra, la luce arrivò a illuminargli il volto. Il cavallo iniziò a dare segni di irrequietezza, doveva aver sentito l’odore del fieno, era affamato tanto quanto lui. Fu costretto a lasciarlo andare, per non doversi ritrovare a ruzzolare giù per il sentiero.
Da quella posizione la strada sembrava così breve, ma per colpa della ferita si ritrovò con il fiato spezzato.
Giunto ai margini del bosco, si sedette ai piedi di un albero, a quel punto del suo cammino, poteva anche permettersi un po’ di riposo. Quelle erano le sue terre, la sua casa.
Era talmente stanco, che non si rese conto di scivolare in un sonno profondo. Dormì, come non accadeva da anni, ma poi la voce di un bambino arrivò a svegliarlo.
Da prima pensò si trattasse di un sogno, ma poi quando si sentì strattonare capì di doversi destare.
Non seppe dirsi quanto avesse dormito, ma guardando la posizione del sole, erano passate almeno tre o quattro ore buone.
Davanti a lui il bambino attendeva con le briglie dello stallone tra le mani. Gli aveva riportato il cavallo, dicendogli di averlo trovato vicino alla sua stalla, e che stava rubando il fieno agli altri cavalli.
Per un istante si guardò furtivo alle spalle, poi con un’aria di combutta, gli spiegò che aveva nutrito il cavallo di nascosto, così la mamma non l’avrebbe sgridato.
Il mercenario era rimasto senza, anche il fiato dai polmoni sembrava improvvisamente scomparso, e per una volta non fu colpa della stanchezza.
Avrebbe tanto voluto vederlo in viso, ma il piccolo si era girato di spalle, intento com’era ad accarezzare quello splendido stallone.
Mosse un passo verso di lui, poi dal bosco si sentì una voce di donna, che stava chiamando qualcuno. Dalla fretta con cui il bambino si nascose dietro le sue gambe, capì che si tratta di lui.
Ancora una volta il desiderio di vedere i suoi occhi, più di ogni altra cosa. Quel poco che aveva intravisto del suo viso, era coperto da una cascata di riccioli biondi.
Quando sentì i passi provenienti dal bosco farsi più vicini, il mercenario alzò lo sguardo verso il nuovo arrivato.
Per un istante fu come se il tempo si fosse fermato, come se il passato lo avesse inghiottito. Il suo cuore la riconobbe e iniziò a martellargli nel petto, come non aveva più fatto in quei dieci anni.
I ricordi arrivarono come una valanga a risvegliare la sua mente. E finalmente la rivide. Il giorno in cui l’aveva conosciuta, la prima volta che l’aveva guardata come si guardava una donna. La prima volta che lei aveva ricambiato un suo sorriso.
Dio, riconobbe quello sguardo, lo stesso che lo aveva accompagnato negli ultimi giorni. Che gli aveva dato la forza di andare avanti.
Il mercenario non sapeva come comportarmi, e negli occhi della sua donna, poteva leggere la stessa sorpresa, lo stesso timore, le stesse paure.
Ma quella volta, le lacrime un tempo trattenute, iniziarono a sgorgare copiose, dai suoi meravigliosi occhi azzurri.
Poi il tempo si fermò e si ritrovarono abbracciati, stretti, avvinghiati l’un l’altra. Il suo odore fu come una scossa che lo risvegliò completamente dal suo torpore. Stentava lui stesso a crederlo, eppure riconosceva l’odore della sua pelle, quella che per tante notti lo aveva fatto completamente impazzire di desiderio.
E mentre i loro sguardi erano ancora incatenati, il mercenario si sentì strattonare. Era cosciente che si trattasse del bambino, ma era così preso da lei.
Capì a malapena quando il piccolo, gli chiese il perché la sua mamma stesse piangendo. Ci mise un attimo a elaborare quel pensiero, poi il suo sguardo andò al viso minuto del ragazzino.
Non ci volle molto prima che si ritrovassero tutti e tre abbracciati. Allungò una mano verso quel volto che gli rimaneva ancora nascosto, e gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte.
Aveva gli stessi occhi della madre, lo aveva sempre desiderato e a quanto pare, nonostante la sua stupidità, Dio lo aveva ascoltato.
Non ebbe il bisogno di chiedere se ci fosse stato un altro. Lo sguardo della sua donna era limpido e pieno di promesse.
Era tornato a casa e il suo più grande desiderio, era quello di ripagarla di tutte le sofferenze che, le aveva provocato.
Prese in braccio il bambino e lo mise in groppa al suo cavallo. Stringendosi la sua donna al fianco, si avviarono tutti insieme a casa. Alla loro nuova vita. Era a casa nulla avrebbe contato di più.

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StaffRFS

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