Traduzione Ely – Beth Qhuay – Revisione inglese Piperita Patty – Editing: Tayla – Riediting: Samanta -Progetto grafico Franlù
Un racconto su Zach e Grace.
(Gli eventi hanno luogo approssimativamente 12 anni prima di ‘Peccato Originale: l’innocenza’)
Grace camminava avanti e indietro nel corridoio da cinque minuti cercando di trovare il coraggio per bussare alla sua porta. Non riusciva a credere a quanto fosse codarda. Dopo tutto, loro avevano già…
Fermò la direzione dei suoi pensieri prima che potesse andare ancora più avanti… Se pensava a quella notte, si sarebbe sbriciolata per terra e lo spazzino avrebbe dovuto ripulire i suoi pezzi l’indomani mattina.
Prendendo un respiro profondo, Grace si avvicinò a passo deciso alla sua porta, ricordandosi che era stato lui che aveva chiamato e le aveva chiesto di fare un salto lì, e bussò. Nei quindici secondi tra la bussata e l’apertura della porta, Grace ebbe il tempo di vivere, morire e sistemare il suo corto vestito blu scuro, che aveva scelto perché una volta lui le aveva fatto i complimenti.
La porta si aprì e Grace gli fece un sorriso nervoso.
“Ciao,” disse, sentendosi un’idiota.
“Se ti faccio entrare, mi prometti di non violentarmi di nuovo?”
Arrossendo, Grace roteò gli occhi e contrasse le labbra. Lo guardò aspettando sulla porta d’ingresso del suo appartamento. Indossava dei jeans e una maglietta nera… non lo aveva mai visto prima in nient’altro che giacca e cravatta… e sorridendole in maniera un po’ diabolica, il suo insegnante Zachary Easton, era senza ombra di dubbio l’uomo più attraente che avesse mai visto nella sua vita.
“Nessuna promessa,” disse lei e si ritrovò a sentirsi improvvisamente a suo agio con lui.
Almeno lui lo era abbastanza da scherzare riguardo a quella sera. “Non sono affidabile.”
“Beh, sei gallese dopotutto. Non ti posso lasciare vicino ai miei libri. Ruberesti tutte le consonanti e le useresti tutte nel nome di una dannata città.”
Grace rise concordando tristemente. Era cresciuta vicino Yr Wyddgrug. Per trovare una vocale in quel casino di consonanti, devi prendere una lente d’ingrandimento.
“Gira voce che tu fossi uno scouser (N.d.T. espressione colloquiale per definire gli abitanti di Liverpool, abitualmente associati in maniera denigratoria a criminali), Professor Easton. Non puoi essere lasciato vicino l’argenteria.”
Le fece un mezzo sorriso e incrociò le braccia al petto.
“Penso che probabilmente sia più prudente per te abbandonare il “Professore” a questo punto, Grace,” disse lui e tutto il divertimento scomparve dal suo tono. Non freddo o arrabbiato… sembrava semplicemente molto autoritario.
“Va bene… Zachary?” disse lei, insicura se Zachary fosse il modo in cui voleva essere chiamato.
“Zach o Zachary. Ma non Zechariah a meno che tu non sia anche mia nonna.”
“Non quando mi sono alzata stamattina. Hai intenzione di farmi entrare? Altrimenti, prenderò una sedia per sistemarmi sul corridoio.”
“Entra. Ma ti sto tenendo d’occhio,” disse e restrinse i luminosi occhi azzurri verso di lei. “Mi aspetto di avere ancora tutte le mie consonanti domani mattina.”
“Nid yc eich llyfrau rwyf eisiau,” disse lei. Non sono i tuoi libri che voglio.
“Non è giusto. Conosco il francese e un po’ di spagnolo. L’ebraico, naturalmente. E abbastanza yiddish da mettermi in difficoltà. Quindi tieni il gallese per te,” punzecchiò lui, mentre lei lo seguiva dentro al suo appartamento.
“Ebraico. Davvero?” chiese lei. Si era aspettata il francese e lo spagnolo. L’ebraico fu una sorpresa.
“Sono ebreo. O come mio fratello il Rabbino mi chiama, mezzo… ebreo.”
Grace rise. Zachary di certo non sembrava devoto a nient’altro che la letteratura.
“Ebreo, non lo avrei immaginato,” disse, per nulla preoccupata, solo sorpresa. C’era così tanto che lei non sapeva di Zachary.
“Non lo avevi notato?” La guardò e ammiccò. Improvvisamente la sua implicazione divenne chiara e Grace si sentì diventare paonazza.
“In effetti, non ho guardato,” protestò. E anche se l’avesse fatto, non era sicura cosa cercare. Fino allo scorso venerdì sera, non solo era stata una vergine, ma non aveva neanche mai avuto un ragazzo. A scuola era la ragazza tranquilla che andava in libreria a scrivere, invece di andare a pranzo con gli amici. Aveva dato pochi baci, qualche sfioramento con i ragazzi, ma quell’uno o due tizi che l’avevano avvicinata, sembravano troppo giovani in confronto a lei. Ma adesso era quella che si sentiva come una goffa teenager, in presenza di questo bellissimo uomo più grande.
“Non fartene una colpa. Non è una delle parti del corpo più attraenti che Dio ha inventato.”
Ogni parte di te è bellissima, pensò Grace, gettando uno sguardo in giro per il suo appartamento e sperando che parlare di parti del corpo fosse per il momento, finito.
Il suo appartamento, come la conversazione, non era esattamente ciò che si aspettava. Il suo ufficio a scuola era angusto e caotico, pieno di libri e libri, ma non conteneva nulla di personale. Ma il suo appartamento aveva… gusto. Aveva mobili in pelle e un delizioso tappeto scuro che copriva il pavimento di legno chiaro. C’era poca, se non addirittura nessuna, illuminazione dall’alto… solo lampade ovunque. La luce nella piccola cucina era accesa, poteva vedere una rastrelliera per il vino e bicchieri appesi da sotto l’armadietto. Zachary si diresse verso la cucina, lasciandola in piedi nel mezzo del suo soggiorno ben arredato. Qualcosa riguardo al posto la lasciava perplessa. Ma non riusciva proprio a individuarlo con precisione. Poi si rese conto che non assomigliava per niente agli appartamenti di nessuno dei suoi amici. I loro appartamenti erano pieni di un miscuglio di mobili riciclati, con biciclette all’entrata e panni sporchi ovunque. L’appartamento di Zachary era così… adulto. In quel momento, in piedi nella sua casa… quella fu la prima volta che sentì i loro tredici anni di differenza. Nel suo ufficio venerdì sera erano stati amanti… un uomo, una donna, due corpi che si incontravano. Adesso si sentì di nuovo come una ragazza e lui era un uomo molto cresciuto.
“Vino?” disse lui dalla cucina.
“Sì, grazie.”
“Preferisci rosso o bianco? Penso di poter avere un rosato in frigo. Merlot o chardonnay?”
Rosso o bianco o rosato… Merlot o Chardonnay…? Aveva bevuto vino prima, a un matrimonio o due. Ma non ricordava di che tipo fosse. Nessuno dei suoi genitori erano davvero dei bevitori di vino. Potevano aver fatto la luna di miele in Francia, ma non avevano assunto nessuna abitudine francese lì.
“Oh, sorprendimi,” disse, cercando di sembrare disinvolta, quando in realtà non voleva rendersi ridicola scegliendo la cosa sbagliata.
Zachary uscì dalla cucina portando due bicchieri di vino… uno di un giallo pallido, uno di un rosso sangue.
“Prendi lo Chardonnay,” disse. “È molto buono.”
Lei allungò la mano e prese il vino rosso. Zachary la guardò per un momento prima di sorridere.
“Quello giallo è lo Chardonnay, vero?” chiese.
“In effetti, sì. Ed è un bianco, non un giallo.”
Grace fece un respiro debole. “Me ne devo proprio andare, adesso. Ci vediamo la prossima settimana… o da qui a cinque, dieci anni.”
“Grace, basta. Siedi. Per favore.”
Con riluttanza Grace posò il bicchiere di vino sul tavolino da caffè di fronte al divano e si sedette circospetta. Zachary si accomodò accanto, a qualche centimetro di distanza. Si tirò giù l’orlo del vestito sulle ginocchia e lo appiattì contro le cosce.
“Nervosa?” chiese lui.
“Assolutamente a mio agio. Perché lo chiedi?”
Lui rise, e che bellissimo suono ebbe quella risata… Grace lo guardò, guardò il modo in cui gli angoli dei suoi occhi si incresparono un po’ e l’intera faccia divenne viva. Decise subito che desiderava passare il resto della sua vita facendolo ridere in quel modo.
“Per nessuna ragione in particolare.” Si appoggiò al divano e incrociò la caviglia sul ginocchio. Si chiese se lui sapesse che forse era l’uomo più bello sul pianeta. Se lo era sempre chiesto… le persone belle si rendono conto che sono belle, o si vedono solo i difetti? Quando si guardava allo specchio non vedeva nient’altro che difetti… ridicoli capelli rossi e un viso e un corpo coperto da lentiggini.
Lentiggini… figurati! Ginocchia affilate quanto coltelli, seni piccoli, e dannate lentiggini. Anche quando avrebbe avuto ottant’anni, avrebbe avuto ancora quelle ridicole lentiggini. Ma Zachary… lui era arte. No… era poesia. Sapeva che giocava a squash e a tennis, insieme a qualcuno degli altri giovani professori. Riusciva a vedere le vene vigorose nel suo avambraccio e una parte di lei voleva baciarle dal polso al gomito. Nella sua t-shirt attillata poteva vedere quanto fossero ampie le sue spalle. Il suo viso… lo riusciva a vedere anche a occhi chiusi… era impresso nella sua mente come il contorno di una mano calda premuta su una finestra in inverno… la linea mascolina della mascella, naso e mento forte, e occhi che ardevano così azzurri, come la parte più calda di una fiamma.
“Hai intenzione di cominciare, o dovrei farlo io?” Chiese lui.
“Cominciare cosa?” Fare l’amore, sperò.
“Parlare di venerdì sera?”
“Giusto,” disse, annuendo. “Forse dovresti iniziare tu.”
Lui sospirò e si piegò in avanti. Sollevando il bicchiere, iniziò a bere il suo Chardonnay… quello bianco… e fece un lungo sorso.
“Grace,” cominciò, riposando il suo bicchiere, “venerdì sera. Innanzitutto, stai bene?”
Battendo gli occhi, Grace lo guardò.
“Beh, naturalmente. Sì, sto bene.” E per “bene” lei intendeva «insopportabilmente felice al punto di aver forse bisogno di essere internata in una struttura di igiene mentale», ma non si preoccupò di chiarirlo.
“Bene. Ti ho pensato. Grace, mi dispiace tanto…”
“No, per favore,” disse lei, alla fine trovando il coraggio. “È stata senza dubbio la cosa più fantastica che mi sia mai capitata e se dici che sei ‘dispiaciuto’, sarebbe come se stessi dicendo che non sarebbe dovuto accadere. E se ti senti così, bene. Non dirmelo proprio. Per favore, Zachary.”
Lui la fissò per un lungo momento prima di sorridere un po’ e prendere un altro sorso del suo vino.
“Non sono dispiaciuto che sia accaduto,” disse e il sollievo fu così profondo che Grace quasi sprofondò nel divano. “Mi dispiace che sia accaduto… in quel modo. Sopra una pila di esami nel mio minuscolo ufficio, non è il modo per una ragazza per perdere la sua verginità.”
Grace arrossì di nuovo, ma non permise che il suo imbarazzo la facesse stare zitta. Lui voleva parlarne. Bene, ne avrebbe parlato.
“Con l’uomo di cui è innamorata… quello è il modo in cui una ragazza dovrebbe perdere la sua verginità.”
Zachary la studiò con occhi indagatori, sorridendo di nuovo e prendendo un altro sorso del suo vino. Lei si allungò e ne prese uno del suo. Fece di tutto per non dover fare una smorfia per il gusto amaro.
“Non avrei dovuto dirlo, immagino?” Disse Grace posando il bicchiere.
“L’hai detto venerdì notte. Non è un segreto. E posso onestamente dire che c’è una grossa parte di me che gode nel sentirlo.”
“Ma non puoi dirlo a tua volta, vero? Va bene. Davvero, lo è. Non ti sto chiedendo di essere ricambiata.”
“Cosa stai chiedendo?”
Di essere ricambiata, pensò, ma non lo espresse ad alta voce.
“Venerdì sera,” cominciò e si fermò. “Venerdì sera, l’ultima cosa che mi aspettavo quando venni nel tuo ufficio era che mi avresti baciato, più o meno… Ho diciotto anni. Dovrei essere capace di parlarne senza sentirmi un idiota.”
“Grace, io sono, ero il tuo insegnante. Non sono mai andato una volta a letto con una studentessa. Non ne ho mai avuto l’intenzione. Potrei perdere il lavoro per questo, un lavoro che amo. Eppure sono qui con te, da soli nel mio appartamento perché da venerdì sera… no, sin dall’ultimo dannato semestre, sei praticamente l’unica cosa a cui riesco a pensare. Adesso chi è l’idiota?”
“Hai due dottorati. Si può affermare con sicurezza che tu sei il più intelligente qui.”
“C’è educazione e c’è saggezza. L’una non è sufficiente a presupporre l’altra. Ma adesso stiamo diventando filosofici e non ne abbiamo le capacità. Il Professor Rasmussen mi ucciderà se invado il suo territorio.”
“Sassy Rassy… Non vorrei neppure entrare nei suoi libri neri.”
“Sassy Rassy?” chiese Zachary. “È così che voi studenti lo chiamate?”
“Non davanti a lui, naturalmente.”
“Sono terrorizzato a immaginare che soprannome mi sono guadagnato.”
Grace sollevò le sopracciglia con finta innocenza. Glielo voleva dire, ma voleva anche avere qualcosa con cui tenerlo in pugno.
“Ho davvero un soprannome, vero?” chiese. “Dio, ho bisogno di più vino.”
Allungò una mano verso il bicchiere di rosso di lei e prese un lungo sorso. Poi un altro.
“Non è brutto. Né non lusinghiero. La maggior parte delle ragazze sono un po’ troppo affezionate a te…”
“Uno sfogo di malattia mentale sembra essere scoppiato tra le giovani donne di Cambridge.”
Grace rise, ma perseverò. “Così quando parli a qualcuna di noi su qualcosa e poi te ne vai, tendiamo a essere un po’ sventolanti e accaldate.”
“Malattia mentale e fisica.”
“Noi lo chiamiamo un Attacco di Zach,” disse lei, facendo una smorfia.
Zachary gemette e collassò all’indietro contro il divano.
“Questo è un momento finale di carriera per me, Grace. Non sarò più capace di parlare di nuovo con un’altra studentessa.”
“Sei giovane. Ci sono altre opportunità di carriera per te. Forse il modello.”
“Ho già inviato le valutazioni. Non pensare di adularmi per avere voti più alti.”
“Non ti ho avuto questo semestre, se ben ricordi.”
“Mi hai avuto venerdì sera, se ben ricordi.”
Grace rimase senza parole, momentaneamente scioccata. Il luccichio perfido nei suoi occhi la fece di nuovo sbriciolare per terra.
“Non che mi stia lamentando,” aggiunse frettolosamente.
“Se non credevo alle chiacchiere sullo scouser prima, lo faccio adesso,” disse Grace, scuotendo la testa. “Ora stai deliberatamente cercando di imbarazzarmi, vero?”
“Non posso farne a meno. Sei così bella quando arrossisci.”
Quello fece arrossire ancora di più Grace. Non riusciva a credere che lui pensasse che anche lei fosse bella.
“Penso di volere indietro il mio vino se hai intenzione di continuare questa conversazione.”
Zach tirò possessivamente il bicchiere di vino verso di lui e dopo agitò il dito.
“Mio. Io bevo. Tu parli. Dimmi, per favore, cosa si è impossessato di te per trascurare di dirmi che eri una vergine, prima e durante quel momento in cui ti stavo violentando sul mio tavolo.”
“Quindi adesso sei tu lo stupratore? Questo è confortante. E niente si è impossessato di me. Non mi è proprio venuto in mente di parlarne. Non importava. Tutti hanno una prima volta. Volevo che fosse con te.” La prima, la seconda e la milionesima, aggiunse nella sua mente. “Per via di, sai, il sopracitato.”
“Il sopracitato? Credo che tu sia l’unica persona al mondo che abbia mai detto di essere innamorata di qualcuno riferendosi a lui come “il sopracitato.”
“Scusa,” disse prontamente. “Mio padre è un avvocato, ho preso dal suo gergo, temo.”
“È piuttosto poetico. Non devi scusarti. Ma ciò risponde a malapena alla mia domanda. In nessun momento ti è venuto in mente di dirmi, Zachary, è tutto bello e perfetto ma preferirei per la mia prima volta non stare sopra agli esami nel tuo ufficio? Forse invece potremmo andare nel tuo appartamento? O in un hotel? O in qualunque posto che non coinvolga tagli da carta in parti sensibili?”
“Non penso di avere nessun taglio da carta. Non lì comunque. E avevo paura che ti saresti fermato. Sai che lo avresti fatto.”
“In quel momento. Ma non per sempre.”
Grace lo fissò. Non riusciva davvero a credere a ciò che stava ascoltando.
“Stai dicendo che volevi che fossimo amanti?”
Per tutto il tempo aveva pensato che venerdì sera fosse stato una coincidenza, una pausa fortunata. Zachary era solo e stanco e annoiato quando lei era comparsa disperata e pronta. Il sesso con qualcuno probabilmente sembrava preferibile rispetto al dare un voto a un altro esame. Ma adesso sembrava che lui stesse dicendo che non riguardava il sesso, riguardava lei…
“No,” disse semplicemente Zach. Il cuore di Grace sprofondò, ma non lasciò che nulla a parte gli occhi tradisse la tristezza che il suo conciso “no” le infliggeva. “Sto dicendo che voglio che noi siamo amanti. Non tempo passato.”
“Non tempo passato?”
“Assolutamente no. Hai qualche obiezione all’idea?”
Le mani di Grace si mossero nervosamente sull’orlo della gonna. Sentì come se delle ali fossero spuntate dalle sue spalle e stessero minacciando di trascinarla fuori verso cielo.
“Assolutamente no,” sospirò lei.
Zachary posò sul tavolo il bicchiere di vino e spostò il suo corpo per guardarla in faccia.
“Vieni qui,” disse.
Grace si alzò dal suo posto e fece i due passi necessari per chiudere la distanza tra loro. Stendendo le braccia, Zachary la prese per la vita e se la tirò giù in grembo. Lei si mise a cavalcioni sulle sue cosce e lo affrontò faccia a faccia.
“Ora se abbiamo intenzione di farlo,” cominciò lui, “dobbiamo avere qualche regola di base.”
“Lo so,” disse lei. “Non dirlo a nessuno, eccetera.”
“Bene, apprezzerei se su questo non tirassi fuori una comunicazione nel Sunday Times. Ma l’azione è stata già fatta e dovremo accettare qualsiasi conseguenza ci sia. Non era ciò che intendevo. Regola numero uno…”
“Stai usando la tua voce da professore,” disse Grace, godendo del calore che la sua vicinanza le trasmetteva. “Solo perché tu lo sappia.”
“Molto bene allora,” disse, e lei guardò mentre lui tratteneva un sorriso. “Lezione numero uno allora… Devi dirmi tutto. Non funzionerà se mi nascondi le cose. Se faccio qualcosa che non ti piace, devi assolutamente dirmelo. Se ti faccio del male o ti metto a disagio, ho bisogno che tu me lo dica. Me lo prometti?”
“Sì, Professor Easton.”
“Stai per metterti nei guai se continui a farlo.”
“Scusi, Professor Easton.”
“Dovrò baciarti solo per impedirti di farlo, vero?”
“Molto probabile, Professor…”
Il resto della frase fu interrotta da Zachary, che la afferrò dolcemente per la nuca e portò la bocca di lei alla sua. Si erano baciati venerdì sera… Baciati appassionatamente. Ma quel momento era così annebbiato nella sua memoria. Era successo tutto troppo velocemente. Zachary che alzava lo sguardo dal suo lavoro. La domanda nei suoi occhi seguita immediatamente dalla comprensione che non doveva chiedere, sapeva già la risposta. E poi la porta che si chiudeva e la sua schiena contro di essa mentre lui le divorava la bocca, il collo e le spalle con la sua. Ricordò le sue mani sotto la gonna scivolare dentro le mutandine pochi minuti dopo il loro primo bacio. Per tutto il tempo lei pensò di dover dire qualcosa, di rallentare le cose, avvertirlo… ma non riusciva a farlo. Quest’uomo era il suo sogno. Di notte si era svegliata quando la luna era alta e aveva sussurrato il suo nome dentro i cuscini. Aveva visto la sua vaga sagoma argentea contro le lenzuola accanto a lei nel letto. Non poteva rischiare di perdere ciò che poteva essere la sua unica possibilità di stare con lui. E tutto ciò che le stava facendo, lo aveva già sognato. Non sembrava come la prima volta quando l’aveva seduta sul tavolo e le aveva aperto le gambe. Sembrava la millesima.
Ma ora sapeva che questo momento non era la sua sola e unica possibilità di stare con lui. Costrinse il suo cuore a rallentare, costrinse il suo respiro a calmarsi. Aprendo la bocca, toccò le sue labbra con la lingua… il vino rosso era di gran lunga più dolce ora che si mischiava con il suo sapore.
I suoi baci furono deliberati e profondi, e il calore si raccolse dove le loro bocche si incontravano e le sprofondò attraverso finché si assestò nel profondo del suo stomaco. Le sue mani le massaggiarono i fianchi e le cosce mentre si baciavano e Grace si spinse il più possibile vicino a lui. La seta della sua biancheria intima premuta contro la stoffa ruvida e la cerniera dei suoi jeans.
Lo sentì ansimare un po’ quando spinse i fianchi verso i suoi.
“Scusa,” disse frettolosamente e si spostò indietro. “Non intendevo…”
“Grace, lezione numero due… mai scusarti per aver spinto qualsiasi parte del tuo corpo contro la mia erezione.”
“Hai davvero intenzione di darmi lezioni?” chiese lei, sorridendo sulle sue labbra.
“Sì, ma mi aspetto assolutamente che tu mi dia un po’ di lezioni in cambio.”
Grace scosse la testa mentre faceva la sua prima incursione nel toccare lui. Pose le mani sui suoi forti bicipiti e le fece scorrere lungo le braccia fino alle spalle.
“Cosa potrei eventualmente insegnarti?”
“Tu puoi insegnarmi Grace. Penso di prendere il mio terzo dottorato su di te.”
Inspirando lentamente, Grace si piegò in avanti e avvolse le braccia attorno le spalle di Zachary in un abbraccio. Non riusciva a credere che quest’uomo, di cui aveva sognato sin dal primo giorno a Cambridge, alla sua prima lezione con lui, la stesse baciando, toccando, dicendo che voleva sapere tutto su di lei.
“Non sono un soggetto troppo interessante,” disse mentre Zachary faceva scivolare una mano sotto il suo vestito blu scuro e le accarezzava le ossa pelviche. Odiava quanto era ossuta. Lui era considerevole – alto e muscoloso e riempiva i suoi jeans perfettamente. “Cosa vuoi sapere?”
“Dimmi come ti piace essere toccata. E dove?”
Il nodo nello stomaco di Grace si strinse. La riteneva veramente così esperta da dirgli cosa fare?
“Devo davvero ricordarti che ho fatto sesso una sola volta in tutta la mia vita? Se è così, sono felice di ricordartelo… ho fatto sesso una sola volta in tutta la mia vita.”
“Ma sicuramente non sono stato la prima persona che ti ha toccato.”
“Più o meno,” disse lei. “Sono abbastanza noiosa in quel settore.”
“Non ti sei nemmeno mai toccata?” chiese lui prendendole il sedere con entrambe le mani.
“Oh Dio.” Grace seppellì la testa nella piega del suo collo. “Mi stai uccidendo. Non puoi ottenere il tuo dottorato su di me se sono morta.”
Ridendo, Zachary tirò fuori le mani dal suo ampio vestito estivo e la prese di nuovo per la vita.
“Molto bene. Se non hai intenzione di dirmelo, dovrò scoprirlo da me.”
Dolcemente, fece ruotare entrambi in modo che lei fosse sulla schiena, sotto di lui. Scivolò un po’ di lato e la baciò di nuovo a lungo e lentamente mentre con la mano vagava sul suo petto e sul collo. Lei rabbrividì quando le sue dita le solleticarono la clavicola.
“Le piace il tocco leggero,” le disse nell’orecchio.
“Le piace davvero,” concordò Grace.
“Le piace che le vengano toccati i seni?” Chiese lui mentre lentamente le faceva scivolare le spalline del vestito lungo le spalle. Immediatamente Grace si pentì di aver indossato un vestito che richiedeva che non portasse il reggiseno. Le luci nel soggiorno di Zachary erano basse, eppure si sentì molto imbarazzata ed esposta quando lui tirò giù il vestito sotto i seni. Chiuse gli occhi mentre lui faceva scorrere delicatamente le dita sui suoi seni. Sfiorò i capezzoli e li sentì indurirsi per il desiderio e il bisogno.
“Stai ansimando, Grace.”
“Mi dispiace. È solo…”
“Lezione tre… mai scusarsi per il fatto di ansimare.”
“Ci sarà un esame più tardi?”
“Sì, ma non ti preoccupare,” disse Zachary mentre si sollevava sopra di lei. “Lo hai già superato.”
Grace cominciò a dire qualcosa, ma poi Zachary prese uno dei suoi capezzoli in bocca e lo succhiò con delicatezza. Lei si inarcò sotto di lui, battendo le palpebre dallo choc del piacere. Zachary si spostò piano da un seno all’altro, baciando i capezzoli finché i suoi seni sembrarono pieni e gonfi. Fu solo quando lo sentì ridere dolcemente che Grace ritornò di nuovo in sé.
“Cosa?” domandò.
Alzò la testa e vide Zachary guardarla con un gran sorriso.
“Anche i tuoi capezzoli hanno le lentiggini.”
Grace si coprì la faccia con la mano.
“Ti maledico, mamma irlandese,” disse, scuotendo la testa.
“Non osare. Non ho mai visto seni più belli in vita mia. Non ne avevo idea che le lentiggini potessero essere così eccitanti, finché non ho visto te.”
“Eccitanti? Quanto vino hai bevuto prima che arrivassi?”
“Abbastanza per distendere i nervi.”
“I tuoi nervi? Eri nervoso? Per me?”
“Certo che lo ero. Nessun individuo sulla terra non sarebbe nervoso se una ragazza così bella come te passasse per una visita.”
“La misteriosa malattia mentale di Cambridge sembra che abbia contagiato anche te.”
“Spero di non esserne mai curato,” disse Zachary, prima di affondare di nuovo la testa nei suoi seni. Chiudendo ancora una volta gli occhi, Grace lasciò cadere all’indietro la testa e decise di rilassarsi. Zachary sapeva cosa stava facendo. Non riusciva neanche a cominciare a immaginare con quante donne era stato. Ha avuto anche una fidanzata per molto tempo… una splendida dottoressa bionda, nella categoria medico, chiamata Isla. Grace ricordava di aver visto lei e Zachary pranzare insieme sul prato in un giorno di settembre. Non si era mai considerata una persona violenta, ma Grace ricordò di aver pensato quanto le sarebbe piaciuto abbassare lo sguardo e vedere un manciata di capelli biondi e insanguinati nella sua mano. Era stato devastante vedere la sua fidanzata, una donna di circa trentacinque anni, che era senza dubbio tanto brillante quanto era bella. Ma per qualche ragione, Isla era scomparsa dalla vita di Zachary e a febbraio, Grace era andata nel suo ufficio con un nuovo poema su cui stava lavorando. Volendo fare l’adulta, gli aveva chiesto se lui e Isla avessero dei piani piacevoli per il giorno di San Valentino… lei e la sua compagna di appartamento stavano andando a ballare. Lui era trasalito e aveva detto, che gli unici piani che Isla aveva per lui per il giorno di San Valentino erano probabilmente di bruciarlo in effigie.
Grace si era sforzata di essere solidale, ma non doveva esserle riuscito molto bene perché Zachary l’aveva guardata in maniera insistente… l’aveva guardata come se lei fosse la ragione per cui Isla voleva bruciare Zachary in effigie.
Adesso dovette chiedersi se forse lo era.
Le piaceva abbastanza quel pensiero.
La mano di Zachary vagò dai suoi seni lungo lo stomaco e scivolò di nuovo sotto il suo vestito. Questa volta la sua mano dedicò solo un po’ di secondi alle cosce e ai fianchi, prima di arrivare a fermarsi tra le sue gambe. Con il pollice, le stuzzicò il clitoride mentre faceva dei cerchi lenti sopra la sua biancheria intima. Toccò per molto tempo. Lei pensò di doverlo fermare, di fare qualcosa per lui, ma era così meraviglioso che gli lasciò continuare le sue attenzioni. Il cuore di Grace batteva a gran velocità e qualcosa le aggrovigliò stretto lo stomaco… stretto… più stretto… Zachary aumentò la pressione del suo tocco e si spinse dentro di lei. I suoi fianchi si sollevarono dal divano e venne con violenza con un rantolo tremolante.
“Grace, hai appena avuto un orgasmo sul mio divano,” disse Zachary mentre spostava la mano da lei e la baciava sotto l’orecchio.
“Mi dispiace. Non intendevo. Io…”
“Lezione numero quattro,” cominciò Zachary.
“Fammi indovinare… niente scuse per gli orgasmi.”
“Potrebbe essere la regola più importante.”
Grace si girò di fianco e Zachary la tenne vicino e stretta a sé. Si sistemò di nuovo il vestito sentendosi improvvisamente a disagio.
“È stato fantastico,” disse mentre lui le baciava la guancia e la fronte. “Posso fare qualcosa per te?”
“Sicuramente.” Fece scorrere la mano lungo il fianco di lei.
“Cosa posso fare?”
Zachary portò la mano sul lato del viso e le sollevò il mento per incontrare i suoi occhi.
“Puoi venire con me nella mia stanza da letto e lasciare che faccia l’amore con te,” disse, con voce bassa e inebriante. Non aveva mai visto prima la fiamma blu nei suoi occhi, ardere in modo così vivo e violento. “Come si deve stavolta. Lo farai per me?”
“Sì, professor Easton,” disse lei, facendo un gran sorriso per nascondere quanto fosse agitata.
“Lezione numero sei,” disse lui prendendole la mano nella sua e baciandole il dorso in modo galante. “Quando sono dentro di te, devi chiamarmi Zachary.”
“Mi piace davvero quel nome.”
“Allora stanotte dovrò darti ampia opportunità di dirlo. O se tutto va come spero, gemerlo.”
Grace si sedette e fece per alzarsi. Ma prima che potesse mettersi in piedi, Zachary lo era già. Non la lasciò camminare, invece la sollevò e la portò attraverso il soggiorno verso una porta dall’altra parte della stanza.
“Hai davvero intenzione di portarmi a letto?” chiese mentre si aggrappava alle sue spalle.
“Hai avuto una prima volta non proprio perfetta. Mi piacerebbe correggerla, se non ti dispiace.”
“No,” disse lei, premendogli la guancia sul lato del collo.
“Ti dispiace?”
“No… la mia prima volta, è stata perfetta. È stata con te.”
Nelle sue braccia, Grace non solo sentì il sospiro di Zachary, ma lo percepì anche. Mordendosi la lingua, decise di non dirgli più cose esageratamente infervorate. Ma considerando che la stava portando nel suo letto, non era sicura di quanto sarebbe durata quella decisione.
Una lampada era già accesa nella sua stanza… una piccola lampada al lato del letto che gettava una luce soffusa e bassa attorno la stanza.
“Hai lasciato una luce accesa… sapevi che sarebbe successo, vero?” Chiese mentre Zachary si piegò e la distese sul letto. Si sedette accanto a lei e le scostò i capelli dalla fronte.
“Non posso dire che lo sapevo. Ma direi che lo speravo. Calda abbastanza? Comoda?”
Grace annuì e Zachary si allungò verso il basso e le fece scivolare i sandali dai piedi. Le fece scorrere le mani sulle gambe nude e le fermò al centro del suo stomaco. Lei lo sentì stringersi e aggrovigliarsi sotto la leggera pressione.
“Zachary, devo dirti una cosa.”
“Qualsiasi cosa,” disse lui. “Lezione numero uno, ricordi?”
Sorridendo, mise le mani su quelle di lui dove erano ancora ferme sul suo stomaco.
“Venerdì sera… dicevo sul serio quando ho detto che l’ultima cosa che pensavo accadesse, quando sono venuta nel tuo ufficio era che tu e io… che avremmo fatto l’amore. Non ero veramente preparata.”
“Emotivamente?”
“No. Ero più che pronta da quel punto di vista. È solo che, non uso contraccettivi. Voglio dire, adesso sì. Sono andata alla clinica della scuola lunedì, ma venerdì sera… Mi dispiace.”
Grace si morse il labbro inferiore quando alzò lo sguardo verso Zachary. Aveva paura di rovinare tutto, rovinare il momento. La sua faccia era imperscrutabile come una maschera. Lentamente lui annuì.
“Come ho detto, ci prenderemo cura delle conseguenze quando arriveranno. Avevo un preservativo nel portafoglio quella sera ed ero troppo preso in quel momento per usarlo. Se succede qualcosa, non sei per niente tu quella da incolpare. Stasera, nessuno di noi sarà così stupido,” disse, aprendo il cassetto del comodino. Tirò fuori una scatola di preservativi… una scatola molto grande.
Ridendo e arrossendo, Grace si girò di fianco e tirò le ginocchia verso il petto.
“Sto avendo problemi a camminare solo pensandoci,” disse lei e rise di nuovo. Alzò lo sguardo verso Zachary e aspettò che anche lui ridesse. Non lo fece.
“Ti ho fatto male quella sera?” chiese.
“Zachary…”
“Lezione uno,” le ricordò.
Sospirando, Grace annuì lentamente.
“Sì, mi ha fatto male. Ero un po’ indolenzita il giorno dopo. Ma solo un poco. A malapena uno scenario tipo ‘La Campana di Vetro’.”(N.d.T. Bell Jar o la Campana di Vetro è un libro autobiografico di Sylvia Plath sulla depressione e le conseguenze).
“Mio Dio, hai davvero citato Sylvia Plath nella mia stanza da letto?”
Grace si sciolse in una risatina allo sguardo di choc e orrore sulla faccia di Zachary.
“Ho appena infranto una delle regole, vero? Stavo confidando di tenerti questa cosa segreta … ma la Plath è una dei miei poeti preferiti.”
Zachary sospirò in modo esagerato.
“Herr Dio, Herr Lucifero,” cominciò Zachary.
“Attenzione, attenzione. Dalla cenere io sorgo con le mie rosse chiome e mangio gli uomini come aria,” Grace finì la strofa con un drammatico mono tono.
“Una fan della Plath dai capelli rossi… in che cosa mi sono cacciato? Beh, sono sollevato che non abbiamo avuto uno scenario da ‘Campana di Vetro’,” disse lui. “Penso che se facessi l’amore con una ragazza e lei finisse in ospedale con un’emorragia a causa di questo, diventerei un monaco.”
“Sei ebreo, ricordi? Voglio dire, mezzo… ebreo.”
“Non ci pensare.” Zachary sorrise abbassando lo sguardo su di lei e non disse niente per un momento.
“Che c’è?” chiese lei mentre sembrava che la studiasse.
“Non ricordo di aver mai avuto una ragazza così bella come te nel mio letto e voler parlare con lei così tanto quanto voler fare l’amore con lei.”
Grace arrossì per il complimento.
“Adoro anch’io parlare con te. Non sono mai stata capace prima di parlare di poesia con nessuno. Apprezzo davvero che tu mi stia concedendo così tanto quest’anno. So che leggere le mie sciocchezze non è il tuo modo preferito di trascorrere le ore d’ufficio.”
Zachary stese il braccio e le fece scorrere la mano tra i capelli.
“‘E nonostante ci fosse un freddo stritolante e il vento stesse fischiando, e l’inverno le stesse alle calcagna/ lei non scappò e non voleva farlo./ Non aveva neanche notato che stava piovendo.’”
Grace si sollevò a sedere e incontrò lo sguardo di Zachary.
“Questo è tratto da una mia poesia,” disse lei. La poesia, chiamata “Con Lui” era una di quelle poche stupidaggini che gli aveva mostrato lo scorso autunno. “Hai imparato a memoria la mia poesia?”
“Pensavo fosse bella. ‘Freddo stritolante’ anziché ‘freddo pungente’ e l’immagine di un tardo autunno che sembra un inverno che è a caccia di te come un lupo… è una poesia meravigliosa. Certo che l’ho imparata a memoria.”
Un groppo le si formò in gola e Grace si piegò verso di lui e avvolse le braccia attorno alle sue spalle. Lui la attirò vicina e la strinse a sé.
“Lezione numero uno,” sussurrò lei. “Dirti tutto, giusto?”
“Sì,” le disse dolcemente all’orecchio.
“Ho scritto quella poesia su di te.”
“Davvero?”
Grace annuì in silenzio.
Zachary si tirò indietro il minimo indispensabile per guardarla negli occhi. Si guardarono tra loro per un solo singolo momento perfetto prima che lui portasse la bocca su quella di lei. Grace si aggrappò a lui mentre si baciavano. La stanza sembrava ondeggiare sotto di lei come un mare in tempesta. Lui era la sua barca e sapeva che fino a quando si fosse tenuta a lui, ce l’avrebbero fatta.
Grace si irrigidì quando Zachary raccolse la stoffa del suo vestito nelle mani e cominciò a tirarlo su.
“Per favore,” disse lui in un sussurro intimo. “Lascia che ti veda. Tutta.”
Annuendo, lei non disse niente. Alzò solo le braccia e lasciò che le togliesse il vestito. La spinse giù sulla schiena e le fece scivolare la biancheria intima lungo le gambe e lanciò da parte il piccolo pezzo di cotone bianco.
La fissò per molto tempo e lei si sforzò di non dire nulla mentre la guardava.
“Zachary?”
“Perdonami,” disse lui mentre si allungava su di lei. “Penso di aver smesso di respirare per un momento.”
La sua bocca fu di nuovo su di lei. Grace si avvolse attorno a lui desiderando assorbire tutto il suo calore nella sua pelle nuda. Anche se era completamente vestito e lei indossava nient’altro che le sue lentiggini, si ritrovò quella sera, a sentirsi sorprendentemente disinvolta per la prima volta. Essere nuda con lui sembrava così naturale.
Mentre si baciavano, Grace esplorò la sua schiena con le mani. Aveva delle scapole magnifiche. E la valle lungo il centro della schiena… poteva passare lì tutta la sua vita.
Zachary si spostò dalla sua bocca verso il collo e baciò il suo percorso di nuovo verso i seni. Indugiò sui capezzoli per un momento prima di spostarsi ancora una volta più in basso. Fece scivolare una mano tra le gambe e le aprì le cosce.
“Zachary…” ansimò quando lui vi affondò la testa.
“Mi fermerò se mi dici di farlo, Grace, ma preferirei che non me lo dicessi.”
Grace fece un respiro veloce e non disse nient’altro. Usando le sue dita, Zachary la aprì e prese delicatamente tra le labbra il suo clitoride. Le lenzuola si aggrovigliarono tra le dita nervose di Grace mentre Zachary faceva l’amore con lei con la bocca. Era strano e meraviglioso e terrificante tutto allo stesso tempo.
“Te la stai anche lontanamente godendo?” chiese Zachary, sollevando la testa e sorridendole.
“Ci sto provando,” disse lei, incapace di allentare la sua stretta mortale sulle lenzuola. “Mi dispiace. Sono solo nervosa.”
“Troppo e troppo presto?”
Lei scosse la testa. “Non voglio che ci fermiamo. Per favore.”
Zachary girò la testa e posò un rapido bacio sopra la sua coscia prima di sollevarsi strisciando di nuovo sul suo corpo.
“Perdonami,” disse baciandole ancora il collo e il petto. “Sei stata la mia prima vergine. Dovrai insegnarmi come controllarmi.”
“Non sei mai stato con una vergine prima di me?”
“Nessuna. Anche la ragazza con cui ho avuto la mia prima volta era stata con un ragazzo prima di me.”
“Ragazzo? Quanti anni avevi?”
“Molto meno di diciotto” disse e fece un gran sorriso. “Ecco perché non ho mai pensato che tu potessi essere più controllata di quanto ero io da adolescente. Dimmi cosa ti piacerebbe che facessi. Qualcosa che non ti lascerà bianca come un fantasma.”
“Beh c’è qualcosa di un po’ inquietante sul fatto di essere l’unica persona nuda nella stanza.”
Afferrò la stoffa della sua maglietta e Zachary colse il suggerimento. Si allontanò giusto il minimo indispensabile per strapparsi via la maglietta e lasciare che raggiungesse i vestiti di lei sul pavimento. Allungandosi sotto di lei, Zachary tirò giù le coperte e gliele avvolse attorno al corpo. Grace alzò lo sguardo al soffitto mentre Zachary sbottonava i jeans e si spogliava completamente. Strisciò sotto le coperte con lei e le si distese di nuovo sopra. Lei ansimò un po’ per il piacere del suo caldo petto nudo premuto contro i suoi seni.
Sembrando percepire i suoi pensieri, la mano di Zachary vagò lungo il suo corpo e fece scivolare un solo dito dentro di lei.
“Questo non fa male, vero?”
Lei scosse la testa. “No. L’opposto, in effetti.”
Fece dei cerchi lenti dentro di lei e Grace sentì di diventare più bagnata, più lui la toccava. Un secondo dito raggiunse il primo e Grace istintivamente aprì ancora di più le gambe.
“Ancora niente dolore?” chiese lui.
Lei scosse la testa. Sembrava stretto adesso, ma non doloroso. Sentiva come se il suo corpo si stesse tendendo e stesse cercando di attirarlo dentro, più profondamente. Lo voleva dentro di lei… dentro il suo corpo, dentro il suo cuore.
La curiosità ebbe la meglio su di lei e Grace si allungò e avvolse la mano attorno l’erezione di Zachary. Lui sussultò al suo tocco e lei fece per ritrarre la mano.
“Lezione numero… dannazione, ho dimenticato a quale numero siamo arrivati,” disse col fiato corto.
“Non lo ricordo nemmeno io. Cinque? Sei?”
“Lezione numero qualcosa. Ciò che stai facendo adesso è una cosa meravigliosa e non dovresti fermarti. Sussultare a riguardo, è un buon segno.”
“C’è così tanto da imparare sul sesso,” disse lei. “Dovrò proprio buttare giù degli appunti.”
“C’è ancora di più da imparare quando cominciamo davvero a farlo.”
“Quando?” chiese lei, ansiosa di provare ad averlo di nuovo dentro di lei. Gli fece scorrere le dita su e giù adorando quanto fosse duro, quanto fosse liscia la sua pelle.
“Adesso, penso,” disse Zachary e Grace lo accarezzò ancora una volta. “Assolutamente ora,” disse lui senza fiato.
Si allontanò da lei e prese un preservativo dalla scatola. Lei provò ad ignorare il suo nervosismo mentre lui lo faceva scivolare indossandolo e si mise in posizione sopra di lei.
“Apri le gambe più che puoi,” disse, toccandole il lato del viso.
Lei assecondò, scivolando sotto di lui e spalancando le gambe. Zachary la aprì con le dita ancora una volta e spinse qualche centimetro dentro. Lei sollevò i fianchi ed entrò completamente dentro di lei.
Grace trasalì e tutto il suo corpo si irrigidì per il dolore. Velocemente e con prudenza, Zachary uscì da lei.
“Mi dispiace,” disse lei frettolosamente.
“Grace, sei l’unica amante che ho mai avuto che si è scusata primo, per aver avuto un orgasmo e secondo, per essere stretta.”
“Suppongo che non mi sia permesso dire mi dispiace per aver detto mi dispiace.”
“No, non puoi.”
“E adesso?” chiese, pregando che quel “fermarsi” non fosse la risposta.
“Rinunciamo alla posizione del missionario. Non una delle mie preferite, comunque. Girati,” le ordinò e Grace nervosamente si girò sullo stomaco.
“Sei sulla pancia e sto per tirare fuori il lubrificante, ma per favore non preoccuparti. Non ho intenzione di sodomizzarti. Non ancora, comunque,” disse e la baciò dietro la spalla.
“Questo è un conforto,” disse lei mentre tirava uno dei cuscini di Zachary verso il petto. Mentre lui si allungava di nuovo verso il cassetto, premette il naso nel cuscino e inalò. Le sue lenzuola profumavano proprio come lui… calde, mascoline e pulite.
Zachary si spinse di nuovo contro di lei e le prese il ginocchio nella mano, avvicinandoglielo al petto. Lo sentì aprire il tappo del lubrificante e sussultò quando sentì il liquido gelato nelle sue dita.
“Lo so,” disse lui e rise dolcemente. “Cercherò di riscaldarti più velocemente che posso.”
“Sto bene,” disse lei, sentendosi in imbarazzo solo per essere distesa lì mentre lui le applicava copiose quantità di liquido. Mise il tubo da parte e fece di nuovo scivolare due dita dentro di lei.
“Sto cercando di aprirti un po’. Dimmi se ti faccio male.”
Grace era troppo imbarazzata per rispondere. Annuì a malapena mentre abbracciava più stretto il suo cuscino al petto. Le dita di Zachary si allargarono dentro di lei. Le girò e la allargò di più.
“Qualche dolore?”
“No,” sussurrò. “Nessuno.”
Sentì la sua mano che girava ancora e questa volta capì che le stava spingendo dentro un terzo dito. Il suo corpo si ribellò all’inizio non volendo lasciarlo entrare. Ma respirò attraverso il disagio e presto Zachary ebbe tre dita profondamente dentro di lei.
“Zachary…” ansimò.
“Sì?”
“Hai detto che dovevo gemere il tuo nome quando saresti stato dentro di me. Sto seguendo gli ordini,” disse.
“Brava ragazza.” Le baciò di nuovo la spalla, a lungo e intenso e lei sospirò di desiderio.
Zachary tirò fuori le dita. Lo sentì di nuovo all’entrata del suo corpo.
“Rilassati,” le disse all’orecchio. “Cerca di non irrigidirti.”
“Proverò,” promise. Si spinse lentamente dentro di lei, riempiendola centimetro dopo centimetro. Sentì il suo muscolo che si contraeva di nuovo attorno a lui ma questa volta niente dolore.
“Meglio?” Chiese lui.
“Molto.”
Lentamente cominciò a muoversi dentro di lei. Si tirò quasi completamente fuori prima di scivolare di nuovo dentro.
“Ti piace in questo modo?” chiese, spostandole i capelli dal collo e accarezzandole la schiena.
“Sì,” ammise lei. In passato, quando questo atto era per lei solo una fantasia, si era sempre immaginata distesa sulla schiena con Zachary sopra. Adesso vedeva quanto fosse superficiale quell’immagine. Per qualche ragione, essere sullo stomaco con il petto di lui sulla schiena e la sua bocca sull’orecchio sembrava molto più intimo che la posizione del missionario.
“Sono contento. Questa è la mia preferita.”
“Diremo che è anche la mia.”
Mentre le si muoveva dentro, Zachary esplorò il suo corpo con le mani. Non era completamente sulla pancia. Con la gamba piegata al ginocchio, Zachary poteva allungarsi attorno a lei e prenderle i seni nelle mani. Le accarezzò le braccia e il fianco prima di scendere e trovare di nuovo il suo clitoride.
La velocità delle sue spinte aumentò. Lo sentiva scivolare e muoversi completamente sopra di lei. Le mani adesso erano su entrambi i lati della sua testa. La discussione si era fermata. Adesso tutto ciò che sentiva erano i respiri affannati di lui che si confondevano con i suoi.
Voltò la testa di lato e guardò la sua mano sinistra mentre afferrava le lenzuola. Si allungò e gli toccò la mano, avvolgendo le dita attorno al suo pollice. Lui spostò la mano sulla sua e intrecciò le dita sopra e tra le sue. Guardando le loro mani allacciate, decise che non aveva mai visto un’immagine più bella nella sua vita. Avrebbe scritto una poesia su questo. L’avrebbe chiamata “Amore.”
“Grace…” mormorò e lei sentì tensione nella sua voce.
Continuò a spingere. Grace chiuse gli occhi e inarcò la schiena per prenderlo ancora più profondamente dentro di lei. La pressione crebbe nel suo stomaco, i suoi muscoli si strinsero attorno a lui, e venne con un tremito silenzioso.
Zachary spinse dentro di lei. Riusciva a sentire che i suoi muscoli erano tesi come barre d’acciaio. Sapeva che stava cercando di stare attento con lei quanto poteva e lo amava per questo. Lui era una così strana combinazione di seduttore e protettore… la combinazione perfetta.
Un gemito basso sfuggì dal profondo della gola di Zachary. Spinse un’altra volta, tutto il suo corpo sembrò irrigidirsi e poi le si rilassò sopra con un sospiro.
Restarono distesi in silenzio per molto tempo riprendendo fiato. Zachary era ancora dentro. Le loro mani erano ancora intrecciate.
“A proposito della lezione numero uno,” disse Zachary dopo un minuto o due.
“La lezione sul dirci ogni cosa?”
“Quella. Dovresti sapere una cosa, Grace.”
“Cosa?” Chiese lei, spingendosi ancora di più nelle sue braccia. Nessuna poesia l’aveva mai commossa come questo momento.
“Ti amo anch’io.”