Tradotto da:
– Revisione inglese
– Riediting
Progetto grafico a cura di
Little Red Riding Crop
(Cappuccetto Rosso e il frustino)
Tiffany Reisz
TRADUZIONE AUTORIZZATA DALL’AUTRICE
La vicenda si svolge circa due anni prima di Peccato Originale/L’innocenza.
Protagonisti Nora & Kingsley
Adatto solo a un pubblico maggiorenne.
Padrona Nora aveva bisogno di una vacanza. Lei poteva anche essere quella che frustava i clienti, ma Kingsley, il suo sexy capo francese, era il vero sadico che raramente le concedeva un giorno di riposo. Nora e Kingsley strinsero un ignobile accordo: Nora avrebbe avuto un mese di ferie e un viaggio in Europa se fosse riuscita a intrufolarsi in un club BDSM rivale e se avesse scoperto qualcosa di compromettente sulla proprietaria. Ma Nora avrebbe avuto bisogno di ben più del suo piccolo frustino rosso quando si fosse trovata faccia a faccia con Brad Wolfe, l’unico uomo che si frapponeva tra lei e la libertà.
Cappuccetto Rosso e il frustino
Un racconto della serie Peccato Originale con tante scuse ai Fratelli Grimm.
Novellini.
Nora roteò gli occhi, mentre sollevava i polsi ammanettati e fingeva di grattarsi l’orecchio. Nella maggior parte dei giorni malediva i suoi capelli neri ribelli, a causa della loro massa di onde e riccioli che richiedevano un’ora per essere domati. Ma, in giorni come quello, li adorava.
Con un rapido movimento delle dita, si tolse una forcina e furtivamente la piegò nella giusta forma. In meno di cinque secondi aveva aperto le manette con uno scatto, proprio mentre il detective Cooper piombava sulla sedia dietro la scrivania.
Mentre lo guardava con gli occhi verde scuro fiammeggianti, Nora mise le gambe avvolte negli stivali sulla scrivania, incrociò i piedi alle caviglie e gli lanciò le manette.
Cooper non faceva la ronda da anni, ma aveva ancora i suoi riflessi sviluppati sulla strada. Il bellissimo detective afferrò le manette con la punta delle dita.
“Seriamente, Nora.” Mise in mostra le manette. “Vuoi essere messa sotto chiave?”
Lei inclinò la testa di lato e gli sorrise.
“Non è la domanda che di solito faccio a te, Coop?”
Con un gemito, Cooper si massaggiò la fronte. Prima di quel momento, lei non aveva mai visto un uomo di colore arrossire così tanto. Una parte di lei voleva gattonare sulla scrivania e baciarlo, solo per rendere completa la pubblica umiliazione. Una Dominatrice bianca, minuta ma formosa, in stivali di pelle rossa al ginocchio e minigonna rossa e nera, con corsetto coordinato, che gattonava sulla scrivania di un detective di polizia alto un metro e ottanta e duro come la pietra e gli dava un bacio sulla punta del naso? Fu quasi sopraffatta dalla tentazione di rivelare che il Detective Cooper era, in segreto, un maschio sottomesso. Ma si trattenne. Numero uno, Cooper le piaceva e non avrebbe fatto una cosa del genere a un così bravo ragazzo. E numero due, lei era una professionista. Non concedeva omaggi a nessuno.
“Nora …” Lui si mise comodo sulla sedia e la studiò con un misto di blando disgusto e divertimento a malapena dissimulato. “Non puoi toglierti le manette da sola. È considerata resistenza all’arresto.”
“Allora, dì ai tuoi dannati principianti, che quando arrestano una Dominatrice professionista, sarebbe meglio che ammanettassero le sue mani dietro la schiena e non davanti.”
“Questo ti avrebbe davvero fermato?”
Nora ci rifletté su un momento.
“Probabilmente no. Ma mi avrebbe rallentato. Posso andare adesso?”
“Sei di fretta?”
“Devo andare in alcuni posti. Devo picchiare delle persone. E tu ed io sappiamo che non ho fatto nulla di male. Il sadismo e il masochismo non sono illegali nello stato di New York.”
Cooper aprì un dossier alto quasi quanto il suo tazzone da caffè … il dossier di Nora.
“La cameriera che ha fatto un salto in casa per prendere il suo cellulare e ha sentito “urla strazianti”, come le ha definite, non sarebbe d’accordo.”
“La cameriera non stava pagando per essere picchiata selvaggiamente. Il mio cliente sì. Solo lui può sporgere denuncia e non lo farà perché è terrorizzato da me. Paga un extra per essere terrorizzato da me. Allora, posso andare, giusto? Mi stai lasciando andare, non è vero? Dì “sì, Padrona”.”
Cooper sospirò pesantemente.
“Coop… dillo,” ordinò Nora.
“E va bene. Sì, Padrona. Sei libera di andare,” disse, e Nora tolse le gambe dalla scrivania e iniziò ad alzarsi. “Comunque, il capo è qui fuori e ti sta aspettando.”
Lei crollò di nuovo sulla sedia.
“Le manette … mettimele. Ora. Prigione. Tienimi sotto chiave. Non farmi uscire più. Ti prego, ti prego, ti prego, Coop. Sono io che ti sto implorando. Mettilo a verbale, perché non lo sentirai mai più.”
“È così cattivo, eh?”
Nora, mise il broncio, e sprofondò di più sulla sedia.
“Mi urlerà contro.”
Cooper roteò i suoi occhi scuri.
“Nora … cresci. Sei una Dominatrice. Abbi un po’ di dignità.”
“Ma lui ha quell’accento francese sexy e l’atteggiamento ‘sono molto deluso da te’ e adesso proprio non riesco a gestire tutto questo.”
Nora rivolse al detective un’occhiata implorante.
“Vattene.” Lui fece un cenno con la mano verso la porta. “Fila via prima di mettermi ancora di più in imbarazzo.”
Nora si alzò dalla sedia con un ringhio e fissò Cooper rivolgendogli il suo migliore sguardo da Dominatrice.
“Confermato per giovedì alle otto?” Chiese.
“Oh, diavolo sì,” Cooper sorrise.
Lei afferrò la borsa dei giocattoli che giaceva sul pavimento in prossimità della sua scrivania e se la gettò in spalla. “A presto, Coop. Non fare niente che io non farei.”
“Abbiamo già capito cos’era successo?” Le gridò dietro.
Nora raggiunse il corridoio della stazione di polizia.
“No.”
Non appena Nora uscì all’esterno, una goccia di pioggia le colpì la fronte. Non volendo rovinare i suoi indumenti di pelle, scese agilmente i gradini davanti all’ingresso e si diresse verso una Rolls Royce allungata color argento, ferma con il motore al minimo, di fronte alla stazione di polizia. L’autista scese e le aprì la portiera. Lanciandosi dentro, Nora atterrò sul grembo di un uomo sdraiato sull’ampio sedile posteriore.
L’uomo alzò un sopracciglio e la guardò mentre si metteva seduta. Lentamente la Rolls si allontanò dal marciapiede e l’uomo non le aveva ancora rivolto la parola. Bene, se voleva una gara di sguardi, avrebbe avuto una gara di sguardi. Nora agganciò il suo sguardo a quello di lui e attese. Avrebbe potuto continuare a guardarlo per sempre se fosse stata costretta a farlo. Dopotutto, non c’erano molti uomini a New York, diavolo, addirittura nel mondo, più divertenti da fissare, di Kingsley Edge. Lunghi capelli scuri, stasera trattenuti in una coda di cavallo, profondi occhi marroni, pelle olivastra … Nel suo lungo cappotto militare, gilet ricamato e stivali da equitazione, era così dannatamente bello, che avrebbe voluto schiaffeggiarlo per questo. Ma si trattenne. A Kingsley sarebbe piaciuto troppo.
“Allora?” Chiese poiché lui non aveva ancora detto niente dopo trenta secondi buoni di gara di sguardi.
“Ma cherie … non so cosa fare con te.”
Ancor peggio dell’essere bello, lui aveva quell’accento francese del cazzo che doveva tollerare.
“Non sai cosa fare con me? Non ho fatto altro che il mio lavoro. Non è colpa mia se la cameriera, per caso, ha sentito l’ambasciatore urlare come un ossesso.”
“L’hai fatto sanguinare.”
Nora scosse la testa e guardò fuori attraverso il lunotto posteriore. Dietro di loro vide un SUV con un marito dall’aspetto attraente e normale al volante e una moglie assolutamente insignificante che indicava qualcosa dal sedile del passeggero. Probabilmente, i loro due bambini e mezzo (ndt. media dei figli di una famiglia americana) sedevano sul sedile posteriore con piccole buste di Cheerios e i loro pastelli. Persone normali, si disse Nora. Le persone normali non avevano quel tipo di conversazione con i loro capi.
Era contenta di non essere una persona normale.
“Lascia mance migliori quando lo fai sanguinare.”
“Stasera hai superato il limite,” disse Kingsley, accavallando una lunga gamba sull’altra. “Voglio sapere perché.”
Con riluttanza Nora lo guardò di nuovo negli occhi.
“Ero solo … stressata. Suppongo di essermi sfogata su Sua Eccellenza.”
Kingsley allungò una mano e gliela posò sul ginocchio proprio dove la parte superiore dello stivale toccava la coscia. La sensazione delle sue dita sulla pelle la fece inspirare velocemente, un respiro rapido che Kingsley sentì chiaramente.
“Stressata, ma cherie? O frustrata?” Lui fece scivolare la mano sulla sua gamba, un centimetro più in alto.
“Frustrata,” confessò. “Lavoro tutto il tempo, King. Non ho tempo per … me stessa.”
Lo stomaco di Nora si strinse, mentre la risata bassa e sensuale di Kingsley riempiva l’interno dell’auto.
“Quanti anni hai?” Chiese Kingsley.
“Lo sai quanti anni ho.”
“Rispondimi, cherie.”
Nora espirò rumorosamente.
“Trentuno.”
“Trentun anni … e sei la donna più bella di New York. Non c’è nessun motivo per cui tu debba dormire sola.”
“A parte il fatto, che una certa persona mi fa lavorare continuamente e di conseguenza non riesco ad avere un solo giorno libero.”
Con i suoi clienti ricchi e kinky, in una settimana buona, Nora poteva guadagnare dai 10 ai 15.000 dollari. In due anni Kingsley l’aveva trasformata nella Dominatrice più richiesta d’America. Per avere qualche ora del suo tempo, alcuni clienti arrivavano dall’altra parte del paese o anche da altri paesi. Dato che Kingsley prendeva il quindici per cento di ogni centesimo che guadagnava, lui manteneva il suo carnet di ballo quanto più pieno possibile. E lei stava iniziando a essere stufa di tutto ciò.
“Non faccio sesso con qualcuno se non con me stessa da due mesi.”
Gli occhi di Kingsley si spalancarono per lo shock. Se Kingsley fosse veramente rimasto due giorni senza sesso … no, quella era un’inutile linea di pensiero. Kingsley non sarebbe mai rimasto senza sesso per due giorni.
“Due mesi? Quelle horreur, ma cherie. Sicuramente c’è qualcosa che posso fare per farmi perdonare …”
“Potresti darmi un giorno di riposo. O due. Oppure … ”
“Oppure …?”
Kingsley portò l’altra mano tra le sue ginocchia e delicatamente le separò le cosce.
“King …” disse Nora con tono di avvertimento, un monito a cui Kingsley non prestò attenzione. Lui portò la bocca verso il basso e le baciò il ginocchio nudo. Lentamente, con la bocca, spinse la gonna più in alto.
“Sono al tuo servizio Maîtresse,” sussurrò contro la sua pelle.
Nora gemette dal profondo della gola. Diavolo di un uomo. Tutti quelli che appartenevano al mondo sommerso di New York consideravano Kingsley Edge il Re del kinky. Accento sexy, bel viso, corpo stupendo, passato misterioso… Era nato per essere il perfetto Dominatore e sarebbe potuto esserlo se non fosse stato per un piccolo particolare … segretamente era uno Switch.
Proprio come lei.
“I tuoi ordini, Maîtresse?”
“Continua solo a fare quello che stai facendo. Penserò a qualche ordine tra un minuto o due.”
Lui le fece scivolare le mutandine lungo le gambe, e le cosce di Nora si spalancarono.
“Tu non mi permetti di farlo con nessuno dei miei clienti,” gli ricordò Nora, mentre lui con la punta delle dita le separava le pieghe del sesso. Dapprima le baciò il clitoride dolcemente, poi con maggior forza e avidità.
Kingsley si fermò un attimo per rispondere, “non avevo intenzione di pagare per questo.”
“Bene, perché sono fuori dalla tua fascia di prezzo.” Lei infilò le dita tra i suoi capelli e gli spinse giù la testa. Quando Kingsley, dentro di lei, proruppe nella sua ricca risata francese, Nora ansimò. Una caviglia avvolta nello stivale andò a finire dietro sullo schienale del sedile. Ecco là. Questo avrebbe dato a Mr. e Mrs. SUV dietro di loro qualcosa di cui parlare.
Nora si aggrappò agli interni di pelle, mentre lui le spingeva dentro due dita e trovava il punto G. Lei si contrasse intorno alla sua mano, mentre i fianchi si sollevavano. Kingsley operò tutta la magia che la sua lingua francese aveva su di lei. I muscoli della zona lombare s’irrigidirono. La tensione si accumulò forte e intensa. Dopo alcuni minuti del trattamento Kingsley Edge, lei venne con una forza alimentata dai due miserabili mesi di astinenza che si portava dietro.
Ansimando, alzò la testa e guardò Kingsley mentre si metteva seduto e si passava il dorso della mano sulle labbra umide. Lei desiderò baciarlo, per assaggiare se stessa, per ringraziarlo del piacere e le attenzioni che le aveva dato. Ma era il suo capo. E lei di certo non l’avrebbe ringraziato per un orgasmo, quando lui stesso era il motivo per cui aveva trascorso due mesi senza averne.
“Delizioso,” disse Nora mentre spostava la gamba dal lunotto. “Ma questo compensa solo una settimana circa.”
Kingsley le offrì il suo miglior broncio francese.
“Oh, d’accordo. Due settimane, allora. Ma ci vorrà più del …” Nora s’interruppe, rendendosi conto che, proprio lei, fra tutti, non poteva suggerire come compenso l’equivalente femminile del pompino e decise di escogitare qualcos’altro, “… del sesso orale sul sedile posteriore per compensare due mesi di astinenza.”
Kingsley sospirò mentre si metteva comodo e si sistemava i pantaloni. Chiaramente, aveva voglia di eliminare un’altra settimana o due.
“Per favore …” Nora lo guardò e fece cadere dal viso la maschera della famigerata Dominatrice. “Sono stanca, King. E sono …” Non riuscì proprio a dire la parola. Kingsley aveva detto “frustrata”. Il termine più esatto sarebbe stato “sola”.
Lui studiò il suo viso in silenzio. Doveva aver percepito la verità nelle sue parole e nei suoi occhi. Nora sentì la sua resistenza cedere.
“Sei una donna pericolosa, Nora Sutherlin. Questa è l’ultima volta che assumo qualcuno più manipolatore di me.”
“Ho imparato dal migliore.” Lei gli sorrise, un sorriso superficiale e falso che nascondeva la solitudine che entrambi provavano a causa dell’unico uomo che riusciva a rigirarseli intorno alle dita perfette. Ma oggi, non avrebbe pensato a lui. Oppure non avrebbe pensato a lui mai più.
Nora non disse più niente, mentre osservava Kingsley lottare con quel poco di coscienza che gli era rimasta.
“Un mese di vacanza.”
Nora si afflosciò sul sedile. Avrebbe potuto piangere di sollievo e avrebbe potuto baciare il francese fino a fargli perdere i sensi per la gratitudine, ma …
“Ma.”
“Ma? Avrei dovuto sapere che ci sarebbe stato un “ma”.” Nora si sedette di nuovo eretta e diede al “ma” di Kingsley l’attenzione che meritava.
“Ma, prima ho bisogno che tu svolga un incarico. Porta a termine il compito con successo e dirò al Mondo Sommerso, che i tuoi servizi sono stati richiesti in Europa per il prossimo mese. Ti manderò anche in Europa, in un paese di tua scelta.”
Nora alzò il sopracciglio.
“Di che tipo d’incarico si tratta?” Per ottenere un intero mese di pausa, più un viaggio in Europa a spese di Kingsley, Nora sapeva che, probabilmente, avrebbe dovuto uccidere qualcuno. Due mesi senza sesso ed era quasi pronta a farlo.
“Black Forest. Ho bisogno che tu vada lì.”
Gli occhi di Nora si spalancarono.
“Kingsley … Quello è …”
“Hanno più paura loro di noi, di quanta ne abbiamo noi di loro.”
“Allora perché mandi me, invece di andare tu stesso?”
Kingsley incrociò le braccia sul petto e mise i piedi avvolti negli stivali sul sedile vicino alle sue cosce. Ogni sua mossa sembrava studiata per far vedere quanto fosse rilassato e tranquillo. Lei non se la bevve.
“Non mi farebbero mai entrare. Sono il nemico.”
“E io lavoro per te e questo fa anche di me il nemico,” gli ricordò.
“Il Black Forest sta rubando i miei dipendenti. Il mese scorso hanno reclutato Padrona Irena.”
“Lo so, ma …”
“Oggi Hunt ha lasciato il lavoro.”
Nora aveva sentito che Irena, la Dominatrice russa di Kingsley, era passata al Black Forest, l’unico club BDSM a Manhattan che poteva dare del filo da torcere al Mondo Sommerso di Kingsley. E questo aveva arrecato un danno. Ma perdere Hunt, il maschio sottomesso più sexy di tutta New York e uno dei molti compagni di letto di Kingsley … era una faccenda personale.
“Quindi dovrei andare lì e cosa? Chiedere di riavere indietro Hunt?”
“Il Black Forest è un mistero anche per me,” disse Kingsley. “Nessuno è mai riuscito a incontrare La Grande Dame. Lei non mi richiama e non risponde ai miei messaggi …”
“È intelligente, allora.” Aveva sentito parlare de La Grande Dame o, semplicemente, La Dame, nel Mondo Sommerso. La Dame era una figura alquanto indistinta. Kingsley si collocava come il Re del Mondo Sommerso, il volto del kinky. Non aveva vergogna e viveva in modo così pubblico, che avrebbe negoziato in borsa le azioni del suo impero se l’attività fosse stata legale. Ma La Dame non aveva né un volto né un nome di cui Nora avesse mai sentito parlare. Non poteva essere né toccata né influenzata, e, soprattutto, non poteva essere sedotta da Kingsley Edge.
“È troppo intelligente. Non mi piace non conoscere il mio nemico. Entra nel locale se puoi e scopri qualcosa per me, qualsiasi cosa. Un nome. Un volto. O, quantomeno, convincila a smettere di rubare i miei dipendenti. Portami qualunque cosa e avrai il tuo mese di pausa in Europa. Se riesci a riavere indietro Hunt, lo puoi portare con te.”
“Adesso si che è un’offerta seria.” Nora sapeva che, in realtà, non aveva nulla da perdere. Nella peggiore delle ipotesi, non l’avrebbero fatta entrare, non avrebbe avuto il suo mese di ferie e la vita sarebbe andata avanti come al solito. L’incarico non comportava un pericolo reale, tranne il fallimento. Nessun pericolo reale, eccetto … ma sicuramente non era possibile. Lui non sarebbe stato lì … o si? “Brad non è ancora lì … vero?”
Kingsley non rispose.
“Merda.” Nora collassò su un fianco.
“Un mese, cherie. Sì o no?”
Nora si raddrizzò di nuovo.
“OK, va bene. Ci vado. Ci andrò. Forse, oggi, Brad non sarà lì. Ci vado oggi?”
“Ci stai andando adesso.”
Kingsley accennò col capo al finestrino. La Rolls Royce si era fermata in prossimità di un vicolo buio, nascosto da due alberi sporgenti. Gli alberi avevano ispirato il nome Black Forest. A New York non si vedevano spesso grandi alberi se non a Central Park, tuttavia questi due sembravano essere spuntati dal nulla per svolgere la funzione di guardiani del Black Forest.
Mentre fissava il vicolo buio, l’acqua iniziò a battere sul tetto dell’auto, mentre la pioggia diventava un temporale.
“No. Oggi non va bene. Non posso bagnare i miei indumenti di pelle.”
Kingsley si allungò sotto il sedile e tirò fuori un mantello rosso con cappuccio.
“Non hai più scuse.”
Con un ringhio, Nora afferrò il mantello e se lo avvolse intorno al corpo. Si coprì i capelli con il cappuccio e guardò di nuovo il vicolo.
“Se non torno viva, dì a chi sai tu …”
“Starai bene. Vai. Vite! ”
Kingsley le fece segno con la mano.
Nora sospirò.
“Mi aspetterai qui, giusto?”
“Bien sûr,” disse Kingsley.
Annuendo, Nora aprì la portiera e uscì sotto la pioggia. Per precauzione, portò con sé la borsa dei giocattoli. Gli oggetti nella borsa erano stati concepiti per infliggere dolore … consensuale, ma comunque dolore. Se doveva andare al Black Forest, ci sarebbe andata armata.
Guardando il vicolo buio, si preparò psicologicamente. Poteva farlo. Aveva Kingsley come supporto nel caso qualcosa …
Dietro di sé sentì il rumore degli pneumatici che stridevano sull’asfalto. Kingsley se n’era andato.
Nora poté solo roteare gli occhi.
“Maledetto francese …” borbottò mentre procedeva a lunghi passi. “È di nuovo come la Seconda Guerra Mondiale.”
Essendo tuttora primo pomeriggio, il club non aveva ancora aperto. I tacchi dei suoi stivali risuonarono cupamente sul cemento bagnato e quel suono la seguì fino alla porta verde d’ingresso del Black Forest.
Un raro caso di nervosismo s’impadronì di Nora. Aveva pestato di brutto alcuni dei più grandi e tenaci uomini del mondo, se l’avevano pagata abbastanza per avere quel privilegio. Ma loro lo avevano voluto e l’avevano invitata a farlo … Qui al Black Forest arrivava indesiderata e non invitata. Per consolarsi, dalla borsa dei giocattoli, tirò fuori il frustino rosso e ne strinse l’impugnatura. Non si poteva mai sapere …
Nora saggiò il pomello e constatò che la porta era chiusa a chiave. A quel proposito, nessun problema. Iniziò ad aprire la borsa dei giocattoli per tirare fuori il set dei grimaldelli, quando la porta si spalancò così di colpo che lei boccheggiò.
L’uomo non disse nulla, non fece domande e non fece presentazioni. Naturalmente, lui non aveva bisogno di dire nulla o fare presentazioni. Nora conosceva Brad, l’aveva già visto e incontrato prima … ma, a prescindere da quante volte l’avesse visto, non sarebbe mai riuscita a concepire la mole di quell’uomo. Con il suo metro e novanta e passa, non era più alto del suo altissimo ex–amante. Ma, mentre la maggior parte degli uomini alti erano inclini ad avere un fisico asciutto, Brad era forza muscolare da spalla a spalla, dal collo alla caviglia, e così terribilmente bello con quel sorriso lupesco e i capelli brizzolati, che Nora non sarebbe mai riuscita a guardarlo senza desiderare i fianchi di lui contro i suoi.
Lui è il nemico, ricordò a se stessa severamente. Non fraternizzare con il nemico.
“Non dovresti essere in palestra?” Nora recuperò la sua compostezza in fretta. “Riesco a vederti rimpicciolire a ogni secondo che passa.”
“Guarda un po’ chi c’è …” disse guardando Nora dall’alto in basso. Sembrò prestare particolare attenzione a quello che teneva in mano e al suo caratteristico mantello rosso. “Cappuccetto Rosso e il suo frustino.”
Nora gli lanciò il suo sorriso più brillante, più ampio e più odioso.
“Guarda un po’ chi c’è … il Grande Brad Wolfe. Ci incontriamo di nuovo.”
“E io non sono neanche vestito in modo appropriato.” Brad indossava solo un paio di pantaloni neri larghi e una camicia nera … sbottonata.
“Ho la stessa camicia.” Nora si picchiettò il mento. “Beh, in realtà è un lenzuolo. È della stessa taglia ed è molto comoda.”
“Ho sentito delle storie in merito al tuo letto, Padrona. Leggende urbane.”
“Vivo in Connecticut. Avrebbero dovuto essere leggende suburbane. Anch’io ho sentito parlare del tuo letto. Alberi al posto delle colonne, giusto?”
“Mi stai confondendo con Ulisse.”
Nora alzò un sopracciglio, impressionata suo malgrado.
“Muscoli e cervello … Non l’avrei mai immaginato. Ma, d’altronde, non so niente di te.”
“Sono nato ad Albany. Ho giocato a football alla Rutgers. Avevo una borsa di studio all’Università di Oxford. Amo il kinky. Odio i lavori normali. Sono divorziato e non ho bambini. Ecco, questo è l’inizio e la fine della storia della mia vita.”
“Divorziato, eh? Ex moglie che amava il sesso vaniglia?”
“Come hai fatto a indovinare?”
“Anch’io sono intelligente. Scopavo un borsista dell’Università di Oxford. A proposito … m’inviti a entrare?”
“Dovrei?”
Nora rifletté sulla domanda e decise che l’onestà le avrebbe fatto vincere più punti del fascino.
“No.”
Brad alzò un sopracciglio scuro e non disse nulla. Forse avrebbe dovuto provare con il fascino.
Mentre aspettava che Brad prendesse una decisione, Nora iniziò a far roteare il frustino che teneva in mano, come un bastone. Lo faceva spesso quando doveva bruciare energia nervosa.
Brad semplicemente la guardò. In quanti dannati giochi del coniglio avrebbe dovuto farsi impegolare oggi da uomini incredibilmente sexy?
“Se ti faccio entrare, mi prometti di non rompere nulla … o nessuno?”
Nora ruotò il frustino ancora una volta.
“No.”
“La Dame avrà la mia pelle se ti faccio entrare e lo sai.”
“Allora, speriamo che quel genere di cose ti piaccia.”
Nora gli sorrise di nuovo, il sorriso che riservava alle conversazioni di mezzanotte sussurrate tra le lenzuola nere. Sembrò funzionare. Brad fece un passo indietro e la lasciò passare.
Finalmente all’interno del Black Forest, Nora si prese un attimo di tempo soltanto per guardarsi attorno. Il Mondo Sommerso di Kingsley comprendeva una mezza dozzina di club in tutta Manhattan, ma aveva un solo club che nasceva esclusivamente per quelli con le loro tendenze. L’Ottavo Cerchio, com’era noto ai membri, era stato ricavato dalle rovine di un vecchio hotel dichiarato inagibile. Kingsley non aveva fatto molto per abbellire il posto. Lo squallore del club piaceva alla clientela. Ma, mentre l’Ottavo Cerchio soddisfaceva i bisogni dei ricchi, il Black Forest puzzava di soldi. Lampadari neri con lampadine altrettanto nere, pendevano bassi dal soffitto nero e oro. Sedie e divani in pelle occupavano il pavimento. Una dozzina di porte si allineava al primo e al secondo piano … porte che conducevano alle camere private dedicate alle attività segrete.
“Non ti piace, vero?” Brad la raggiunse e le si mise dietro, così vicino che lei poté sentire il calore della pelle che il suo torace nudo emanava.
“È un po’ borghese, non è vero? Sembra un Rotary Club.”
“È molto più bello di quella merda di buco dove lavori.”
“Precisamente. Non abbiamo bisogno di avere un bell’ambiente per far varcare la soglia ai nostri milionari. Quelle cose le hanno già a casa.”
“Il Black Forest sta andando molto bene.”
“Non deve andare poi così bene, dato che continuate a rubare il personale di Kingsley.” Nora si girò e cercò di obbligare Brad ad abbassare lo sguardo. Avrebbe funzionato, se non avesse dovuto guardare così tanto verso l’alto per indurlo a farlo …
“Kingsley fa lavorare i suoi dipendenti fino allo sfinimento. Non concede giorni liberi, pause e ferie.”
“È un sadico.”
“È un pessimo capo.”
“E La Dame è davvero molto meglio?”
“Effettivamente sì.”
“Allora, devo conoscerla,” disse Nora, dirigendosi verso le scale. “Possiamo parlare dei piani di pensionamento 401k (ndt: fondi pensione aziendali americani) e dell’assicurazione per le cure dentali. Avete la polizza dentistica, giusto?”
Per un uomo con la corporatura di un linebacker (ndt: Il linebacker gioca nel ruolo di difesa nel football americano ), Brad riusciva a muoversi con una velocità impressionante. Si frappose tra Nora e la scala e la fissò.
“Questo non è giusto.” Nora gli mise il broncio. “Se io non posso farti abbassare gli occhi, tu non puoi farli abbassare a me.”
“Sei nel territorio de La Dame. Lei detta le regole. Io le faccio rispettare.”
“Ottimo piano. Mi piacerebbe parlarne con lei.” Nora cercò di spingere via Brad. Non risolse il problema, ma la sua mano rimase sul petto di lui per alcuni deliziosi secondi.
“Nessuno può parlare con La Dame.”
“Allora mi limiterò ad ascoltare.”
“Nessuno può neppure ascoltare La Dame.”
“Allora, su questo punto, hai un capo fantastico. Dai, Brad! Cinque minuti. Tutto ciò di cui ho bisogno, sono cinque minuti con lei.”
“Per cosa? Stai davvero pensando di lasciare Kingsley per questo, come l’hai definito, Rotary Club borghese?”
“Non lo so. Forse. Fammi parlare con La Dame. Se mi fa un’offerta che non posso rifiutare … beh, allora, non la rifiuterò.”
“Sono io che assumo il personale per il club.”
“Bene, allora …” Nora fece un passo indietro e si picchiettò il mento con la punta del frustino. Negli occhi scuri di Brad vide splendere un qualcosa di appassionato e malizioso. “Forse dovresti cercare di assumermi.”
“Attualmente ho Padrona Irena, in aggiunta ad altre quattro Dominatrici e a tre maschi dominanti, me compreso. Non assumiamo più Dom.”
“Peccato. Ho un curriculum impressionante. E un elenco enorme di clienti. Nella mia lista ci sono tutti.”
“Tutti?”
“Tuo padre è nella lista.”
Brad scoppiò a ridere e Nora semplicemente aspettò con un sorriso.
“Dovresti essere punita per aver introdotto mio padre in questa discussione,” disse Brad, sollevando una mano verso il suo viso. Nora non si ritrasse. Avrebbe potuto schiaffeggiarla o pizzicarle il naso. Avrebbe anche potuto baciarla. Lei non si sarebbe opposta a una qualunque o a tutte quelle possibilità.
Ma invece di uno schiaffo, di un pizzicotto o di un bacio, lui semplicemente le accarezzò lo zigomo con il pollice. Lei trasalì per la dolcezza e l’intimità del tocco e fece un passo indietro.
“E questa a cosa è dovuta?” Chiese, portando una mano alla guancia. La carezza bruciava più di quanto avrebbe fatto uno schiaffo.
“Sei bellissima.”
“E tu sei grosso e bello. Però, non mi vedi agire come se volessi diventare intima con la tua faccia.”
“Ti piacerebbe diventare intima con la mia faccia?”
“Io …” Nora si bloccò e deglutì. Aveva bisogno di riprendere il controllo della situazione. Poteva gestire Brad. Poteva gestire qualsiasi uomo. Beh, tranne uno … “Stai cercando di dominarmi, non è vero?”
“Te l’ho già detto. Siamo ben forniti di Dominatrici. Ciò di cui abbiamo veramente bisogno sono alcuni buoni sub.”
La spina dorsale di Nora si irrigidì.
“Io non sono una sub.”
“Non più, giusto?”
Nora gli lanciò un’occhiataccia.
“Dai, Nora. Tutti sanno a chi appartenevi. Non è un segreto.”
“No, non è un segreto. Ma non è qualcosa di cui voglio parlare.”
“Era così brutto essere la sua sub?”
Nora lasciò che il suo sorriso più pericoloso si allargasse sul viso.
“No. Era davvero bello.”
“Allora, dovrebbe piacerti farlo di nuovo.”
“Sei un grande uomo, Brad, ma non abbastanza da prendere il suo posto.”
“Valeva la pena fare un tentativo, giusto? Se vuoi incontrare La Dame, allora devi passare da me.”
“Passare da te? O sotto di te?”
“Ambedue.”
Nora tacque e considerò l’offerta. Non era come se non fosse mai stata una sottomessa. Era stata una sub più a lungo di quanto fosse stata una Dominatrice … Aveva trascorso dieci anni con un collare. Dieci bellissimi anni. Ma non poteva farlo di nuovo. O si?
“Niente collare,” disse in tono definitivo. “Un’ora con te nel ruolo di Top e io in quello di sub. Poi avrò i miei cinque minuti con La Dame.”
Brad si appoggiò alla ringhiera delle scale e la studiò con i suoi occhi azzurri.
“Nora … sappiamo entrambi che non lascerai King per il Black Forest. Perché t’interessa così tanto parlare con La Dame?”
“Ho i miei motivi.”
“Hai intenzione di dirmi quali sono i tuoi motivi?”
“No.”
“Naturalmente, se ti sottometti a me, suppongo di poterti ordinare di dirmi i tuoi motivi.”
Al suono delle parole “sottometti a me”, il cuore di Nora iniziò a battere un po’ più velocemente e il respiro accelerò.
Si leccò il labbro inferiore. L’aspettativa la rendeva nervosa.
“Sì, suppongo che tu possa farlo.”
“Chiamami “Signore” se vuoi incontrare La Dame,” ordinò, incalzandola più da vicino.
“Allora …” Nora si bloccò e fece un respiro, “quali sono le nostre regole qui… Signore?”
“Non ci sono regole.”
“Niente regole? Nemmeno…”
Brad le sorrise con un tale desiderio che Nora non fu certa se avesse intenzione di picchiarla o mangiarla.
“Lo prendo come un ‘nemmeno… ’”, disse Nora. Prese un lungo respiro e lentamente lo emise attraverso i denti. Non avevano bisogno di scendere nei dettagli. Niente regole significava niente regole. E qual era l’unica regola del Dominatore professionista? Niente sesso con i clienti. Ma lei non era una cliente. Era una Dominatrice, una Dominatrice che aveva davvero bisogno di scopare.
Un mese di ferie.
Senza Kingsley.
Niente lavoro.
Europa.
“Okay, andata. Un’ora. Niente regole. Sono tua.”
Brad semplicemente la fissò con le labbra ridotte a una sottile linea dura. Alzò un sopracciglio. Nora sospirò di nuovo.
“Sono tua … Signore.”
“Ora lo sei.”
Brad non esitò, senza dubbio non voleva darle la possibilità di cambiare idea. Con la mano destra l’afferrò per un braccio e, un po’ trascinandola e un po’ accompagnandola, la guidò su per le scale. Nora abbassò gli occhi a terra e si lasciò condurre in una stanza quasi in fondo al corridoio. Brad aprì la porta con un calcio e la spinse dentro. Lei piombò sulla morbida moquette e rimase lì senza guardarlo, mentre lui chiudeva la porta e girava la chiave.
“Quando è stata l’ultima volta che qualcuno ti ha picchiato?” Brad stava in piedi di fronte a lei con i piedi piantati ai lati delle sue ginocchia.
“Molto tempo fa.” Nora iniziò a sorridergli, ma ricordò qual era il suo posto.
“Troppo a lungo. Guardati … sei agghindata come una di quelle ragazze grandi che indossano stivali da donna. E cerchi di giocare con i ragazzi grandi? È imbarazzante. Hai almeno trent’anni?”
“Trentuno … Signore.”
“Sei alta quanto … un metro e cinquanta?”
“Uno e sessanta.”
“Sei una ragazzina, Nora. E qualcuno deve ricordarti che questa città non ti appartiene.”
Brad si chinò e le diede un colpetto sotto il mento, un segnale per dirle che doveva guardarlo. Nora incontrò i suoi occhi e aspettò in silenzio.
“Quindi questo è il modo per farti stare zitta.” Brad le sorrise maliziosamente e dentro di lei il desiderio si unì ad un crescente senso di ribellione. “Dovremmo farti sottomettere più spesso. Vai alla croce. Ora.”
Nora iniziò ad alzarsi, ma Brad le mise una mano sulla spalla e la spinse di nuovo a terra.
“Gattona.”
Lei nascose la sua espressione di esasperazione dietro i capelli e camminò sulle mani e sulle ginocchia fino alla croce di Sant’Andrea fissata al muro.
“In piedi.”
Lei si alzò e aspettò mentre Brad le slacciava il corsetto e glielo toglieva. Dovette mordersi forte la lingua per impedirsi di sorridere compiaciuta, mentre Brad le fissava i seni ora nudi.
“Che spreco …” Brad sospirò mentre le prendeva i seni con le grandi mani. Il calore che emanavano s’impresse sulla sua pelle. Nora quasi sospirò di piacere per il suo tocco, ma non voleva dargli quella soddisfazione. “Una donna così bella … dovresti trascorrere le tue giornate e le tue notti nuda, legata al letto di un uomo, imbavagliata e bendata con il corpo in attesa di essere usato.”
Le massaggiò il capezzolo destro e Nora chiuse gli occhi.
“Invece Kingsley ti tiene imprigionata in indumenti di pelle.” Brad le baciò quel punto sensibile sotto l’orecchio, mentre le apriva la cerniera della gonna. Nora soffocò un respiro irregolare. Non voleva desiderare tutto ciò, tanto quanto lo desiderava in quel momento. Doveva controllarsi, rimanere concentrata, fargli fare quello che voleva in modo che lei potesse ottenere quello che desiderava e andarsene. Ma non riuscì proprio a ricordare quello che voleva.
Brad le tirò giù la gonna e gliela tolse, prima di toccarle delicatamente il clitoride con la punta del dito.
Oh sì. Questo era quello che voleva. Ora se lo ricordava.
Nuda, ma ancora con gli stivali, Nora rimase ad aspettare mentre Brad l’assaliva con il più delicato dei baci sul collo e sulle spalle e il più attento dei tocchi sui seni. Il suo controllo era la forma più pura di tortura, per una donna che non scopava da due mesi.
“Girati,” ordinò, ma non aspettò che lei lo assecondasse. La girò agevolmente e la costrinse ad addossarsi alla croce. Nora appoggiò la guancia contro il legno liscio e attese. Così tanti ricordi le riempirono la mente … ricordi di notti che si era lasciata alle spalle con l’unico uomo … l’unico uomo che avesse mai amato …
“Ti piace?” Chiese Brad mentre le legava i polsi e le caviglie alla croce a forma di X. “L’ho fatta io.”
“È bellissima.” Disse Nora con sincerità. Riconosceva un buon lavoro quando lo vedeva. “È solida. Mi piace la vernice nera. Assomiglia molto a quella che ho nel seminterrato di casa mia.”
“Hai una croce di Sant’Andrea nel seminterrato? Sei più kinky di quanto pensassi.”
Nora si strinse nelle spalle. “Va bene per asciugare il bucato.”
“Adesso, basta. Ti spetta la fustigazione.” Brad si allontanò e Nora fece un gran sorriso contro la trave trasversale della croce.
“Oh … accidenti.”
Nora si preparò psicologicamente, mentre dietro di lei Brad sferzava l’aria con un flogger. Dal suono che produceva, riuscì a capire che ne aveva preso uno robusto. Colpiva l’aria invece di fenderla. Avrebbe fatto male.
Bene.
Il primo colpo arrivò senza una parola di avvertimento, ma lei riuscì a soffocare le grida di dolore o di shock. Il secondo arrivò perfino più forte, ma Nora rimase ancora in silenzio. I sadici e i dominanti amavano forzare una reazione dai loro sub … piacere, dolore, shock, vergogna, non importava, purché il sottomesso li intrattenesse con i suoi gemiti, i rantoli e le suppliche di pietà. Ma Nora non avrebbe dato a Brad quella soddisfazione.
Dopo qualche minuto, lui lasciò cadere il flogger e Nora ansimò il più silenziosamente possibile mentre la schiena le bruciava e le faceva male. Che cosa le avrebbe fatto dopo? L’avrebbe forse fustigata con la canna? Con la frusta? O con la paletta? In passato aveva già provato tutto. Nulla di quello che le avesse fatto, l’avrebbe scioccata o sorpresa.
Udì dei movimenti dietro di lei, il fruscio del tessuto. Ansimò quando Brad le premette il corpo contro la schiena. Non sentì nient’altro che pelle e desiderio contro di sé.
“Adesso so come ottenere una reazione da te.” Brad rise sommessamente al suo orecchio. La sua erezione premeva contro di lei. Nora sentì una goccia di qualcosa di caldo e umido sul coccige.
“Ti prometto … reagirò,” sussurrò, mentre Brad faceva scorrere le mani su e giù lungo tutti i lati del suo corpo … dalla gabbia toracica alla vita, giù sui fianchi e sulle cosce e poi di nuovo su. Fece scivolare una mano tra le sue gambe aperte e le spinse dentro due dita. Entrarono facilmente, il corpo bagnato di lei non gli oppose resistenza.
“Buona reazione.”
“Grazie, signore.”
Brad le morse il collo abbastanza forte da farla trasalire.
“E questa è stata perfino migliore. Mi chiedo che tipo di risposta avrò quando ti scoperò.”
“C’è solo un modo per scoprirlo,” sussurrò Nora mentre Brad spingeva dentro di lei un terzo dito.
“Verissimo … sai Nora, per aver fatto quella piccola bravata, cioè rimanere in silenzio mentre ti pestavo a sangue, ho intenzione di punirti. Penso, forse, di farlo scopandoti così forte da farti urlare per me.”
A quel punto Nora rise.
“Io non urlo, Signore. Faccio urlare gli altri. In effetti, questo è il motivo per cui stamattina sono finita alla stazione di polizia.”
“Non urli? Lo dici come se fosse un dato di fatto,” disse lui, liberandola dalla croce “quando sappiamo entrambi che la prenderò come una sfida.”
Lui la trascinò dalla croce fino a un piccolo letto coperto da lenzuola di seta e cuscini. Lanciò un cuscino al centro del letto, vi spinse sopra Nora e, mentre lei si stendeva a faccia in giù, lo posizionò sotto i suoi fianchi. Nora aspettò mentre lui andava su e giù per la camera raccogliendo oggetti. Era bello … Brad era davvero bello, pensò Nora. Urlare? Lei? Mentre faceva sesso?
Brad tornò al letto e le prese entrambi i polsi in una mano. Intorno ad essi, come prima cosa, avvolse la corda di seta nera e poi li legò a una colonna del letto. Nora udì un suono metallico e sentì Brad che la forzava a spalancare le gambe ancora di più. Le fissò le manette intorno alle caviglie fasciate dagli stivali e le agganciò alle estremità di una barra divaricatrice. Nora respirò profondamente e lasciò che i suoi fianchi si aprissero e si rilassassero per accogliere la barra lunga circa un metro. Brad aveva voglia di spingersi in profondità.
“Stai cercando di farmi urlare di piacere o di dolore?” lo punzecchiò Nora. Con le caviglie così lontane una dall’altra, probabilmente avrebbe sentito Brad fino alle costole inferiori. Bene. Permettiamogli di scoparla in quel modo. Poteva farcela e ce l’avrebbe fatta … solo per trascorrere un mese in Europa.
“Non importa fintanto che urlerai.” Nella sua voce lei sentì una nota di divertita minaccia. Tipico degli uomini sadici, arroganti, sprezzanti e, occasionalmente, brutali. Erano davvero i suoi uomini preferiti.
Brad si mise a cavalcioni sui suoi fianchi e Nora fece qualche respiro lento e calmante. Negli ultimi due mesi nessuno era stato dentro di lei. E da quell’angolazione, in quella posizione … non sarebbe stato facile.
Chiudi gli occhi e pensa all’Inghilterra … Nora ripeté fra sé il famoso consiglio della prima notte di nozze della regina Vittoria. Inghilterra. Francia. Europa. Castelli … celle sotterranee … uomini che non parlavano inglese … i canali di Venezia … acqua che lambiva i fianchi della sua barca … le ruote dei treni che attraversavano le Alpi … i suoni del ronzio …
Ronzio?
Brad spinse una mano sotto i fianchi di Nora e li sollevò di qualche centimetro dal cuscino. Lei sussultò dal piacere mentre lui le premeva un vibratore a farfalla contro il clitoride. Una mano sulla schiena la fece adagiare di nuovo sul cuscino. Il vibratore, saldamente collocato contro di lei, le trasmetteva ondate di beatitudine che si riverberavano attraverso i fianchi, l’addome e le cosce. Al di sopra del ronzio, sentì l’inconfondibile rumore causato dallo strappo dell’involucro di allumino.
Nora affondò il volto nella seta bordeaux, mentre Brad premeva le ginocchia contro le sue. Bagnata e aperta com’era, Nora prese agevolmente tutta la sua lunghezza dentro di sé. Gemette mentre lui la riempiva un centimetro alla volta.
“Questo è un buon inizio,” le sussurrò in un orecchio. “Ritengo, però, che possiamo alzare un po’ il volume.”
Sottolineò il suggerimento con un affondo forte e profondo. Nora ansimò e si spinse contro il vibratore. La sensazione le fece pulsare il clitoride. Strattonò le corde che la legavano alla colonna del letto.
“Non puoi scappare …” Brad tracciò una scia di baci sulle sue spalle. Si mosse lentamente dentro di lei, ritraendosi fino a lasciare dentro solo la punta per poi affondare di nuovo. I rantoli di Nora si trasformarono in gemiti e poi di nuovo in rantoli. Brad le impose un ritmo costante e non si discostò da esso a prescindere da quanto Nora si muovesse sotto di lui. La teneva in bilico sull’orlo dell’estasi, ma non spingeva abbastanza forte da farla andare oltre. Invece continuava ad affondare con precisione e autocontrollo. Sembrava dovesse andare avanti così per sempre. Nora si sentì sollevare dal letto mentre si abbandonava al ritmo del sesso. Dio, tutto questo le mancava. E non solo la penetrazione o la sensazione fisica, le mancava stare sotto un uomo, essere dominata e usata. Quella sensazione non avrebbe dovuto piacerle così tanto. Le faceva venire in mente pensieri terribili. Pensieri di lui … l’uomo che l’aveva trovata, formata, cambiata e amata. L’uomo che aveva lasciato e dal quale non sarebbe mai tornata.
Brad le fece scivolare le mani sulla gabbia toracica e le prese i seni, stringendoli mentre iniziava a spingere dentro di lei più forte. Un tale vigore avrebbe dovuto farla gemere di dolore, ma il vibratore pulsava sul clitoride e tanto più forte lui spingeva, tanto più lei lo desiderava. Il suo respiro si fece più forte, più irregolare, più disperato e affamato. Sentì i grugniti di piacere di Brad nell’orecchio. Lei emise un gemito profondo e gutturale e Brad iniziò a martellare dentro di lei con forza brutale. Il piacere si scontrò con il dolore che si dissolse ancora in piacere. Brad allungò una mano sotto il suo corpo e premette ancora più forte il vibratore contro di lei.
Nora seppellì il viso tra le lenzuola e Brad affondò i denti nella parte posteriore della sua spalla. Quando lei venne, lo fece con un urlo che neppure il letto riuscì ad attutire. Ma neanche il suo grido riuscì a coprire il suono del gemito di Brad, mentre sussultava e rabbrividiva a causa del suo potente orgasmo.
Nora giaceva passivamente sotto Brad mentre lui riprendeva fiato prima di uscire lentamente dal suo corpo escoriato. Le slegò i polsi dalla colonna del letto e le slacciò le caviglie dalla barra divaricatrice. Nora rotolò sulla schiena, guardò la forma nuda di lui dall’alto in basso e rise.
“Ma certo, ridi pure di me mentre sono nudo,” disse Brad mentre avvolgeva la corda e la annodava con cura. Nei suoi occhi Nora vide il divertimento. “Così è sicuro che entrerai nelle mie grazie.”
“Sto ridendo solo perché il tuo soprannome è così appropriato … Mr. Grande Brad Wolfe,” disse Nora esclusivamente con apprezzamento per la sua Brad-dimensione. “Wolfe è davvero il tuo cognome?”
Brad le fece l’occhiolino.
“Nora Sutherlin è davvero il tuo nome?”
“Touché. Così l’ora è passata. E, bastardo, mi hai fatto urlare. Ho vinto? Avrò i miei cinque minuti con La Dame?”
Brad sospirò pesantemente.
“Parlare dell’unico motivo per cui mi hai permesso di picchiarti e scoparti non ti farà proprio avere il mio sostegno.”
Questa volta Nora non riuscì a vedere il sorriso.
“Brad … lo sapevi che sono venuta qui per vedere La Dame. Un’ora con te, cinque minuti con lei. Questo era l’accordo.” Nora si sollevò sui gomiti, sussultando a causa del dolore tra le gambe.
“L’accordo. Giusto.”
“Tu ed io … qui dobbiamo essere professionali,” gli ricordò.
“Io non scopo i miei clienti.” Brad s’infilò i pantaloni con rapida efficienza. “Nemmeno tu, ho sentito. Quello che è successo qui non era una questione di affari.”
“Sì … ed è stato proprio fottutamente divertente.” Lei gli fece l’occhiolino e Brad finalmente fece un sorriso.
“Su questo non posso discutere. Okay, vestiti. L’ufficio de La Dame, la cui porta è nera con il pomello rosso, si trova di fronte a questa stanza nell’altro corridoio. Non preoccuparti di bussare. Entra direttamente.”
“Sarà gentile con me?”
“Dipende dal suo umore. Ci vediamo fuori.”
Brad se ne andò senza darle nemmeno un bacio di commiato. Poi Nora si rese conto di quanto fosse strano per lei desiderarlo ancora. Solo sesso, si ricordò. Solo una transazione. Solo affari.
Facendo attenzione alla sua schiena flagellata, Nora indossò la gonna e il corsetto e s’infilò di nuovo il mantello rosso. Per motivi che non voleva prendere in considerazione, fece con calma. Aveva bisogno di portare a termine quella faccenda per scappare dalla città e dimenticarsi di Kingsley, del Black Forest e, soprattutto, del Grande Brad Wolfe. Avrebbe deposto il suo piccolo frustino rosso per alcune settimane e sarebbe tornata a New York più crudele che mai.
Con passi decisi, Nora percorse il corridoio e si diresse verso la porta nera con il pomello rosso. Dopo un rapido respiro, girò il pomello, entrò e sentì la mascella colpire il pavimento.
Quando finalmente si riprese, riuscì soltanto a proferire un’unica frase.
“Mio Dio!” Disse Nora a La Dame, “ma che grande … frustino che hai.”
Brad accompagnò Nora alla porta del Black Forest.
“Allora, cosa hai intenzione di dire a Kingsley?” Chiese lui, facendo scivolare una mano su e giù lungo il braccio di Nora.
“Gli dirò la verità. Ho incontrato La Dame, le ho parlato e La Dame ha promesso di smettere di rubare il personale di King, se King promette di smettere di mandare spie al Black Forest.”
“Molto bene. Che cosa gli dirai se Kingsley chiede com’è La Dame?”
Nora sorrise a Brad, alla misteriosa Dame, che nessuno aveva mai visto, ma di cui tutti avevano sentito parlare.
“Come ho detto, gli dirò la verità. Gli dirò che La Dame è incredibile a letto.”
“Puoi anche dire a Kingsley che La Dame gli restituirà Hunt, se lui sarà disponibile a concedere al povero ragazzo due giorni di riposo alla settimana.”
Nora quasi svenne per il sollievo.
“Restituirai Hunt? Sono una scopata migliore di quanto pensassi.”
“Rientri tra le cinque migliori scopate della mia vita. Senza dubbio.”
“Grazie, Signore. Anche tu non sei così male.”
Lanciandogli un ultimo gran sorriso da sopra la spalla, Nora lasciò il club e ritornò al mondo reale, alle strade di Manhattan, le strade che non vedeva l’ora di lasciarsi alle spalle. Per tutto il viaggio di ritorno verso casa sua in Connecticut, Nora pensò a Brad e al geniale stratagemma de La Dame, proprietaria del club, che nessuno aveva mai visto, ma che controllava il suo piccolo mondo oscuro da dietro le tende trasparenti del Black Forest. In qualche modo aveva guadagnato la fiducia di Brad e un’occhiata dietro quella tenda. E, ancora più importante, aveva guadagnato il suo mese di vacanza, il suo mese in Europa.
Quella notte dormì a stento mentre cercava di decidere dove andare e cosa fare con tutto quel tempo libero. La mattina dopo fece i bagagli in fretta, afferrò il passaporto e decise di prenotare un biglietto in aeroporto. Il destino avrebbe deciso la sua prossima mossa. Quando fosse arrivata lì, avrebbe scelto una destinazione orientandosi tra i primi voli disponibili in partenza.
Presso la casa di città di Kingsley, prese lo stipendio delle ultime quattro settimane e parcheggiò l’auto nel garage di lui. Sul taxi, disse all’autista di portarla a JFK e di farla scendere a un qualsiasi gate che avrebbe scelto al momento. Nora si adagiò sul sedile e chiuse gli occhi. Libertà … aveva guadagnato un mese di libertà. Niente capo che le diceva cosa fare, dove andare, quali cose fare, chi picchiare. Esattamente quello che voleva, giusto? Allora perché si sentiva così agitata?
Il taxi sobbalzò mentre prendeva un dosso e Nora aprì gli occhi.
“Che succede?”
“Mi spiace, signorina. Lavori in corso. Abbiamo dovuto prendere una deviazione,” disse l’autista.
Nora annuì e guardò fuori dal finestrino. Alla sua destra vide niente meno che l’ingresso del Black Forest. Si mosse a disagio sul sedile, mentre i ricordi di Brad nel suo corpo le facevano crescere il desiderio nei fianchi e nell’addome.
Il taxi iniziò ad avanzare lentamente e a Nora sfuggì uno “Stop!” prima ancora di sapere perché.
Il taxista frenò bruscamente. Nora afferrò la valigia e gettò una banconota da cento attraverso il finestrino.
“Scendo qui. Grazie.”
Nora, in parte camminando e in parte correndo, arrivò alla porta del Black Forest e bussò finché le nocche non diventarono rosse.
La porta si spalancò.
Brad rimase a fissarla. Lo sguardo si trasformò in un sorriso, che poi diventò una risata che riempì il Black Forest.
“Mio … che gran sorriso che hai,” disse Nora, cercando di tenere a freno il suo largo sorriso idiota.
Brad l’afferrò per un braccio, la trascinò nel club e le infilò una mano sotto la gonna.
Un bacio sulle labbra diventò un altro e poi un altro ancora.
“Per …” sussurrò lui, mentre la sua bocca scivolava lungo il corpo di lei, “divorarti meglio!”