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Lo scrigno delle emozioni : “Amore perso” di Sandra Chelli

progetto grafico Franlù

Annalisa fissava sgomenta il telegramma tra le sue mani. Elena, la sua amata Elena non c’era più. Erano i genitori di lei a dargliene notizia. Non si vedevano dall’estate del 2001 quando, insieme, erano partite per l’Isola D’Elba.

Quella era stata la vacanza più bella della loro vita. Dopo quindici anni di amicizia, Annalisa aveva trovato il coraggio di confessarle il suo amore, peccato che lo avesse fatto proprio a ridosso della partenza.

Ricordava ancora, quando sulla banchina del porto di Piombino, rimase più di un’ora a fissare la valigia ai suoi piedi. Mancava mezz’ora alla partenza. Lei era indecisa se partire o tornarsene a casa. A un tratto il suono di un messaggio in arrivo sul cellulare.

Pensò subito che fosse di Elena. Doveva aver deciso di non partire. D’altronde, come darle torto. La sua confessione era stata una vera tegola sulla testa. Quel secondo che le servì per visualizzare il messaggio, fu il più lungo della sua esistenza.

Era pronta a tutto, anche a perderla. Non era però pronta al suo disprezzo, questo non lo avrebbe potuto sopportare.

“Voltati, sono dietro di te” riportava il messaggio.

Annalisa era pietrificata, ma non per la paura, bensì per la gioia. Era venuta. In quel momento non le era importato di cosa avesse spinto Elena a partire con lei. Era lì, questo la ripagava di tutta l’angoscia di quei giorni.

Si era voltata lentamente, chiedendosi in che modo, la metà del suo cuore l’avrebbe guardata. Fu un sorriso timido quello che illuminò il viso di Elena, che piano piano le si avvicinò e la prese per mano. Era sempre stata una loro abitudine: camminare tenendosi per mano. Gli dava un senso di appartenenza.

Bagagli in spalla andarono verso l’imbarco. Annalisa era accorta che la mano di Elena, era rimasta salda nella sua. Provò una sensazione di euforia, per la prima volta capì cosa significava sentirsi completa.

Non parlarono, non cercarono di riparare a quei giorni di lontananza. Per Elena non doveva essere stato facile prendere quella decisione, Annalisa accettò il suo silenzio, come il più grande dei doni. Dopo tutto, avevano davanti a loro due settimane per parlare.

Sempre tenendosi per mano salirono sul ponte e rimasero a fissare le acque tagliate dalla prua della nave. I gabbiani volteggiavano sulle loro teste, quasi volessero accompagnarle in quei silenzi.

Il viaggio durò un’ora, quando scesero a Porto Ferraio lo sguardo di Elena era diverso. La macchina dell’albergo le stava aspettando, non ebbero nemmeno il tempo di guardarsi intorno. Una volta sbrigate le formalità con la reception salirono in camera.

Una grande e luminosa camera matrimoniale. L’avevano prenotata prima che la realtà sconvolgesse la loro amicizia, quando ancora esistevano dei muri.

Quando la porta si chiuse dietro le loro spalle, un velo d’imbarazzo scese improvviso sui loro volti. Annalisa era rimasta ferma, silenziosa, ad osservare la donna che amava da quindici anni. Elena aveva lasciato andare la valigia sul letto.

Se ne era staccata quasi con timore, come se fino a quel momento l’avesse usata come protezione, poi senza dire una parola aveva iniziato a disfarla. Le tremavano le mani e questo ad Annalisa non sfuggì. Provò ad avvicinarla, ma lei la fermò con un gesto della mano, non era ancora pronta per quel genere d’intimità.

L’osservava mentre con precisione maniacale, metteva anche l’ultimo abito nell’armadio poi, senza alcun preavviso Elena le si avvicinò. Era a un soffio da lei, così vicina che Annalisa, poté sentire il calore del suo alito sul viso. In quell’istante anche se per pochi secondi, percepì il suo cuore fermarsi.

«Non ero pronta… Quando mi hai confessato il tuo amore io non ero pronta.»

«Elena.»

Lei posò leggero un dito sulle labbra di Annalisa e la zittì. La voglia di baciarglielo fu istantanea, ma si fermò.

«Quando mi hai detto che dovevi parlarmi di una cosa seria… Lo so che può sembrarti stupido, ma io l’ho quasi sperato.»

“Quasi sperato?” Aveva proprio detto così, la sua amata aveva proprio pronunciato quelle parole.

Gli occhi di Elena si fusero con i suoi. Annalisa convinse le sue mani a non muoversi, non voleva spaventarla, ma il desiderio di stringerla a sé e lasciarsi andare era troppo grande.

Fu lei a baciarla, fu Elena a mettere fine al supplizio. Le sue labbra inaspettatamente si posarono lievi sulle sue. Un bacio timido, molto lontano dall’audacia che Annalisa stava bramando.

Annalisa aspettò, pensò che forse era stato l’imbarazzo a farla agire così. Ma il bacio diventò più intimo, audace. E allora, tutti i timori di Annalisa svanirono, quel bacio altro non era che un chiaro invito. Elena la desiderava alla sua stessa stregua, ed era pronta a condividere tutto, anche quel mondo a lei ancora sconosciuto.

Rimasero chiuse in camera per due giorni. Le parole lasciarono il posto alle carezze, dapprima timide ma poi sempre più intime. Ad Annalisa non era sembrato vero, di poter abbracciare Elena nella sua nudità, e non doversene vergognare.

Si scoprirono complici e amanti, vissero il loro sentimento senza preoccuparsi delle chiacchiere e delle conseguenze. Il loro mondo era così lontano, su quell’isola nulla avrebbe potuto rovinare quel sogno.

Il terzo giorno uscirono dalla camera, avevano voglia di mescolarsi alle altre persone, di godersi il sole e l’aria. Si ritrovarono a camminare tra le strette viuzze del centro, disseminato di piccoli negozietti d’artigianato.

Uno in particolare aveva attirato l’attenzione di Elena, qualcosa nella sua vetrina aveva catturato il suo sguardo. Posti su una piccola mano di cristallo c’erano un bracciale e un girocollo. Erano formati da leggeri fili di acciaio, tra i vari incroci erano state incastonate delle piccole pietre blu, stupende come gli occhi di Elena.

Annalisa l’aveva osservata, mentre il suo sguardo rimaneva incantato da quel semplice gioiello. Era rimasta in silenzio, aspettando che si decidesse a entrare, ma Elena non lo fece, sospirò e tornò da lei.

Le loro mani non si lasciarono un attimo. Di giorno si stringevano come delle catene e di notte si lasciavano andare a carezze piene di passione. Sì! Si amavano. Finalmente tutto ciò che avevano desiderato per tanto tempo era tra le loro dita, o almeno così aveva creduto Annalisa.

La settimana all’Isola D’Elba volò, qualche ora prima dell’imbarco Annalisa lasciò l’albergo scusandosi con la sua donna, perché era così che lei considerava Elena. Glielo aveva anche sussurrato diverse volte mentre facevano l’amore.

Si aggirò per le vie in cerca di quella vetrina, arrivò mentre una ragazza stava alzando la serranda, doveva sbrigarsi non voleva che Elena svegliandosi trovasse il letto vuoto accanto a sé. Entrò nel negozio sperando che il gioiello fosse ancora lì. Quando lo vide in vetrina tirò un sospiro di sollievo, comprò entrambi i pezzi, non si preoccupò del costo, nulla era troppo per Elena.

Annalisa non aveva bisogno di concentrarsi, le bastava chiudere gli occhi, e riusciva ancora a sentire il calore di quel bacio. Di tutti i baci e delle carezze che si erano scambiate durante quella vacanza. Così come ricordava ancora il ritorno a casa.

L’imbarazzo di Elena una volta tornata alla vita di tutti i giorni. Le loro mentalità così diverse sembrarono non trovare più una giusta via di mezzo. Annalisa voleva vivere il loro amore alla luce del sole, ma lei no. Elena era troppo succube della sua famiglia. Quando la madre si rese conto di cosa era accaduto, riuscì a convincere la figlia che si era trattato solo di una sbandata, uno sbaglio, come ne accadono molti.

Come fu facile per lei lasciarsi plagiare. Le due amanti si videro per l’ultima volta pochi giorni dopo il loro rientro. Poche parole, dette con evidente imbarazzo, bastarono ad Annalisa per capire che quella vacanza, era stato tutto ciò che Elena si era concessa.

Le aveva regalato il paradiso, e lei si era illusa di poter veramente vivere il sogno. Aveva compreso amaramente, che tutto sarebbe tornato come prima. Ci aveva pensato per giorni, ormai non riusciva a concepire, di poter vivere ancora in quella città.

Come avrebbe potuto andarsene in giro, vedere quegli stessi luoghi che avevano vissuto insieme. Tutto le parlava di Elena, non aveva trovato soluzione migliore… partire.

Quella decisione le aveva dilaniato l’anima, continuò a tormentarla, fino a quando del suo cuore non ne rimase che polvere.

E adesso? Pensava davvero di aver dimenticato, erano passati anni da allora, lo pensava… fino a quel momento. Insieme al telegramma c’era una scatolina blu. Aprendolo aveva trovato al suo interno un bracciale e un girocollo, formati da leggeri fili di acciaio che incastonavano delle splendide pietre blu, come gli occhi di Elena.

Ricordava il giorno che li aveva comprati. Quel piccolo negozietto sull’isola d’Elba. A Elena erano piaciuti tanto e lei non era riuscita a trattenersi dal regalarglieli. Li aveva tenuti con se tutto quel tempo.

Non lo aveva ancora visto, ma nella scatolina vie era stato celato anche un piccolo biglietto. Le erano salitele lacrime agli occhi nel riconoscere in quelle parole, la scrittura di Elena.

“Perdonami. Non ho smesso un solo giorno di amarti. Ti prego… indossali. Sarà il mio modo per non separarmi più da te. Ho lasciato che la mia famiglia prendesse il controllo della mia vita. Non sono stata abbastanza forte da urlare a tutti che era te che volevo, te che amavo.

Sono stata codarda. Ho pagato amaramente la mia decisione, ti ho persa per sempre. Adesso finalmente potrò stare con te, se mi vuoi ancora.”

E mentre le lacrime scivolavano lungo il viso, Annalisa indossò i gioielli, semplici ed eleganti come lo era stata Elena. Non importava quante altre donne fossero passate tra le sue braccia, Elena nel suo cuore era rimasta la donna della sua vita e lo sarebbe stata per sempre.

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StaffRFS

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