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Recensione: “Royal Kiss” di Lucia Cantoni

Care Fenici Nayeli vi racconta un romance contemporaneo di Lucia Cantoni: Royal Kiss

 

Una scommessa per provare a tutti il suo valore: solo questo rappresenta Liv per Tristan. 
Lei è la facoltosa figlia di un conte, rinchiusa in una prigione dorata e con dolorose esperienze alle spalle. Lui ha dovuto rinunciare a un’istruzione per lavorare come pescatore al fianco del padre per potersi permettere le costose cure psichiatriche della madre.
Liv è il suo riscatto personale in un gioco della seduzione che non prevede di mettere in campo i sentimenti… tuttavia, il destino ha spesso in serbo delle sorprese inaspettate; le loro sono anime affini nel dolore e che solo insieme possono trovare un nuovo equilibrio.
Eppure, i loro mondi sono tanto diversi, quanto inconciliabili e solo la forza del vero amore riuscirà a trasformare un semplice pescatore in un principe.

 

Tristan rimase in silenzio, allungò la mano stringendo la mia e il suo calore mi scorse sotto pelle, risvegliando un angolino sopito della mia coscienza. Le nostre dita danzarono, prima di intrecciarsi e io appoggiai la fronte sul suo braccio. Anche la sua pelle profumava di mare e di libertà, qualcosa che io avevo sempre ammirato da lontano.

Si tratta di un romance contemporaneo con tutto il sapore del Regency: matrimoni di convenienza, intrighi e manipolazioni, divisioni tra classi e donne che devono mantenere la “facciata” casta e pulita.

È un connubio che mi è piaciuto molto e che avrebbe addirittura potuto essere approfondito maggiormente, soprattutto nella seconda parte.

Ci sono un certo numero di fattori di suspense e segreti che attraggono e separano i due amanti, e mi sarebbe piaciuto vederli lottare di più per contrastare i loro reciproci errori e i loro desideri, cercando soluzioni magari più complesse per raggirare gli antagonisti.

Detto questo, ed escluso un paio di refusi (come la pesca delle arringhe), l’ho trovato un romanzo piacevolmente interessante, dallo stile scorrevole ma affatto banale, poetico e romantico.

L’ambientazione, tra barche di pescatori e ville danesi, non è invadente ma è deliziosamente caratterizzante.

I personaggi, di spessore, mi sono piaciuti entrambi, tenuto conto degli ammiccamenti al genere fiabesco-storico, con scene estremamente tenere che tuttavia non scadono nel mieloso e mantengono alcune sfumature ironiche tipiche del contemporaneo.

Come ciliegina, ho adorato la cover, per i colori, le luci, la tenerezza, e per l’ambiguità temporale che avvalora questa sensazione che ho avuto nella lettura.

Cercava riparo in me che avevo fatto della tempesta la mia casa, perché nessuno di quegli uomini con l’armatura foderata di soldi aveva mai affrontato il mare ruggire tutta la sua rabbia. Io ero un sopravvissuto e lei mi stava chiedendo aiuto per imparare a tenere la testa fuori dall’acqua. Mi sentii fiero delle mie cicatrici e un doloroso istinto di protezione raschiò il mio orgoglio.

 

 

 

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