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Recensione: Una moglie in regalo di Roberta Ciuffi

Titolo:Una moglie in regalo
Autore:Roberta Ciuffi
Genere: romance storico

La prima volta che Maddalena vede Libero, pensa che lui sia un orco. Un uomo grande e grosso, dai capelli ricci e un orecchino al lobo sinistro. Un fabbro girovago, un mezzo zingaro che vive su un carro coperto. Ma Maddalena è già passata dalle mani di un vero orco, che l’ha fatta precipitare dalla sua condizione di figlia vezzeggiata di una famiglia a ricca a quella di ragazza perduta, abbandonata dai suoi stessi genitori. E conosce la differenza. E, nonostante il suo rifiuto di una vita subalterna per cui prova solo disprezzo e la sua feroce ambizione di tornare a essere quel che era, non può fare a meno di provare qualcosa per quell’uomo saldo come una roccia, che l’ha sottratta a una condizione degradata. Prima di riuscire nel suo intento e tornare tra quella che considera la sua gente, dovrà subire molti colpi e molti fallimenti. E anche quando riuscirà, scoprirà che quel successo le costerebbe più di quanto sia disposta a pagare: le costerebbe il suo cuore.

 

Non conoscevo questo romanzo di Roberta Ciuffi e non ho perso l’occasione di prenderlo al volo con la nuova veste grafica di copertina. Non posso definirlo che con una sola parola: impeccabile!
Ogni opera di questa autrice mi cattura e mi avvince fino all’ultima pagina. Ambientato nell’Agro Romano ai tempi dei grossi proprietari terrieri, dove il fenomeno del Caporalato era particolarmente attivo e all’epoca in cui gli artigiani si spostavano spesso tra le proprietà terriere per poter lavorare, troviamo Libero, un fabbro grande e grosso, con un figlio a carico e che si sposta con un vecchio carretto e un mulo.
Durante una sosta in una locanda, un’oste gli appioppa Matilde, una ragazza con un neonato e un bel gruzzolo come dote al seguito,
La giovane è inizialmente poco reattiva, quasi una larva, ma Libero intuisce da subito che in lei ci sono una grazia e un’eleganza non comuni. Matilde infatti in realtà è una giovane benestante, destinata a un’importante matrimonio, il cui padre (un parvenu ricco, ripulito e presuntuoso) è intenzionato a usare la figlia come un trampolino di lancio nelle buona società romana. Un obiettivo destinato a fallire miseramente, facendo precipitare Matilde nel baratro del disonore. La ragazza sarà quindi allontanata dai suoi stessi genitori e relegata in campagna da lontani parenti come un misero fardello .
Ma se il corpo è vinto, non lo è certamente lo spirito, e l’accomodamento imposto con il fabbro vedovo e il suo figliolo che già l’adora e la chiama mamma, costituirà un intermezzo, una pausa che le permetterà di organizzare la sua vendetta nei confronti di quel nobile rampollo che l’ha rovinata.
Fuggirà da Libero ma sarà proprio lui a salvarla dal secondo stupro della sua vita. Le comprensibili differenze sociali tra il rude artigiano e la delicata dama della buona società, istruita e astuta, si ridurranno sempre di più fino alla presa di coscienza da parte di Matilde che sentimenti possono mutare e che la felicità è a portata di mano, l’importante è non trascurarla.
Molti personaggi caratterizzano e arricchiscono la storia, tra tutti spicca Elda, la bracciante sgarbata e sfacciata che insidia Libero, esempio di donna forte e indipendente e Ritina, la povera orfanella senza una famiglia e senza un futuro che rappresenta l’infanzia violata e maltrattata di quell’epoca.
Una storia bellissima che merita fino in fondo l’attenzione di tante lettrici romantiche.

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