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Recensione Roma 46 d.C Vendetta , di Adele Vieri Castellano

 

Contraccambiare il male ricevuto con il male peggiore.

Questo è ciò che ha spinto un uomo misterioso a compiere l’atto più nefando.

Marco Quinto Rufo questa volta non dovrà combattere guerre, né affrontare feroci barbari ai confini dell’Impero perché la vendetta ha bussato alla sua porta e pretende un tributo di sangue.

Non il suo, né quello di sua moglie ma quello di un essere indifeso che il vile, oscuro, nemico gli ha sottratto.

Lui che non teme nulla e nessuno dovrà affrontare il Male Supremo, faccia a faccia, in una partita a due che avrà un solo vincitore ma non un solo protagonista.

Perché in quei giorni oscuri e terribili di sofferenza, l’amore riuscirà a sconfiggere l’odio e un suo germoglio nascerà nel cuore dell’arciere siriano Arash Tahmurat…

 


 

Eccomi pronta a parlarvi di quello che considero, al momento, il più bel libro che Adele Vieri Castellano abbia mai scritto.

Arrivare a una tale conclusione a fine lettura è stato inevitabile. Siamo di fronte ad un libro coinvolgente, completo, ricco di emozioni. Sulla trama non aggiungo nulla, la traccia qui sopra è già completa. Seguire l’evoluzione della storia, il quando e il come fa parte del fascino di questo libro. Cavalcare anche noi al fianco di Rufo, mentre segue tutte le piccole tracce che gli permetteranno di arrivare alla fine della ricerca del suo bene primario, del suo amore rapito, sarà naturale. Come lui, non dormirà praticamente mai durante tutti quei lunghi giorni di ricerca, così per noi sarà quasi impossibile interrompere la lettura, prese dall’assoluta necessità di trovare la piccola Valeria Rufilla.

«Marco» sussurrò e quel sussurro gli provocò un lungo brivido. Allora aprì le braccia e lei vi si precipitò. La strinse a sé ritrovando con emozione il profumo, la consistenza di un corpo che mai avrebbe smesso di amare e attese, consapevole che era accaduto qualcosa di terribile. Le lasciò tutto il tempo, anche se avrebbe voluto gridare per la frustrazione di sapere ciò che la rendeva così disperata.

«Marco, nostra figlia è stata rapita» gli disse infine e il mondo intero crollò, intorno a lui.

Entriamo anche noi, con Livia, a far parte di quel mondo cameratesco, pieno di affetto e di rispetto che lega Rufo ai suoi uomini e devo dire che, nonostante un Brinnone fantastico, un Tassus che svela la sua profonda umanità, un Arash superlativo e sulle cui spalle pesa tutta la parte romance del romanzo, Aquilato mi è mancato profondamente. Il suo legame con Rufo è diverso da quello di tutti gli altri, avrei voluto tanto vederlo al fianco di suo “fratello”. Adele, spero tanto che alla fine riunirai tutti questi fantastici uomini intorno al senatore Rufo, terminando il loro girovagare per l’impero. Ma parliamo proprio di loro, dei protagonisti della storia.

Rufo è il fulcro di tutta la serie dei Romani, l’uomo intorno a cui tutto ruota. Abbiamo imparato a conoscerlo sotto vari aspetti. Il guerriero indomito, il maschio alfa che vuole e pretende, l’amate generoso e fantastico, il fine stratega, l’uomo passionario, il soldato pieno di autocontrollo; mai, però, lo abbiamo visto nel ruolo padre.

Il Rufo che conosciamo in queste pagine è finalmente un uomo completo, e sottolineo, uomo. Il Lupo esce prepotentemente a galla, disposto a proteggere la prole e a vendicarsi, ma non si farà prendere dalla fretta, si muoverà con circospezione tenendo a bada il suo istinto omicida. Dentro quelle iridi di ossidiana, dentro quei pozzi neri che prima, solo Livia poteva comprendere e contrastare, brilla ora una nuova fiamma, un amore diverso, forse ancora più intenso: l’amore di un padre che si è visto portare via il suo cuore, la sua vita. Questo amore ha reso il personaggio di Rufo maturo, comprensivo come non mai nei confronti di una Livia distrutta ma agguerrita, resa indomita dall’amore che solo una madre cova nel suo animo. Rufo e Livia in questo libro si sostegno l’uno con l’altro, schiacciati da questa tragedia. Vediamo quindi non due amanti, anche se il fuoco della passione non si spegne resta sopito nell’animo, ma due genitori che devono darsi forza per la loro figlia, la quale li tiene uniti ma che rischia anche di allontanarli. Livia non ha lo stesso controllo del marito, soffre apertamente, espone i sentimenti con forza, esagerando, passando a volte da un estremo all’altro. Rufo sarà la sua ancora. Solo lui riuscirà ad ammansire questa donna sopraffatta dagli eventi, la terrà saldo accanto a sé, pazienterà fino a quando Livia non sarà solo più madre ma tornerà ad essere compagna. Grande uomo Rufo, grande personaggio.

 

«Fa’ di me ciò che vuoi, non mi importa» continuò e la voce si incrinò del tutto. «Ma sappi che, se mi impedirai di seguirti rinchiudendomi da qualche parte, non ti perdonerò mai. Hai capito, Marco Quinto Valerio Rufo? Mai.»

Perché aveva il fiatone? Fece un sospiro tremulo, la mano non era più così ferma e l’abbassò per nasconderla, scossa da ciò che aveva appena detto.

Prima che riuscisse ad afferrare la maniglia per fuggire via, venne afferrata, spinta con poca grazia e molta risolutezza contro la parete. Gli occhi scurissimi del marito scintillavano, la sua espressione era dolente, risentita.

La durezza di quel muro non l’avrebbe protetta dalla tempesta che sapeva di aver scatenato. Non avrebbe potuto controllarla, né arginarla, ma non ne aveva paura. Temeva di più la sua stessa collera, che si potesse trasformare in risentimento. Lo amava in modo sconfinato, profondo, ma se le avesse impedito di seguirlo tutto sarebbe cambiato.

Con le lacrime che le scorrevano sulle guance, lo fissò:

«Non sto piangendo per Valeria,» disse a bassa voce e tirò su col naso «sto piangendo per noi.»

 

Da quanto potete capire la parte, diciamo così, romance non è preponderante nelle vicende principali del nostro senatore. Non temete però care estimatrici del genere: la storia d’amore c’è, eccome se c’è! L’affascinante arciere siriano Arash, che già abbiamo imparato a conoscere, intreccerà la sua vita con quella di Mirta, ancella di Ecate, il cui destino è legato a quello della figlia di Rufo: Valeria Rufilla. Mirta si dimostrerà una donna degna di un guerriero scaltro e passionario come Arash e la loro storia porta una ventata di felicità tra le righe ricche di tensione che costituiscono il romanzo. Non mancheranno quindi gli sguardi, i baci, il sesso, l’amore e ovviamente il lieto fine che tutti esigiamo.

 

«Sei così bella, ho bisogno di toccarti ma se vuoi che smetta, lo farò.»

Non rispose, non riuscì ma, con un sospiro sognante nella gola, si abbandonò del tutto su di lui.

Nessun invito avrebbe potuto essere più esplicito per Arash, che la voltò e le prese il viso fra le mani. Fu un bacio tenero, dolce, ma così potente da distruggere quasi del tutto il suo autocontrollo. Percepì come suo il brivido che attraversò il corpo di Mirta, con tanta intensità che parve rasentare la violenza.

 

Come ho detto, un libro assolutamente completo, che ci lascia con la soddisfazione di avere seguito un amico in un arduo compito, averlo completato con lui e aver goduto della fine sperata.

Una parola per il cattivo di turno. Se non fosse stato animato dall’odio, dal desiderio di una vendetta assurda, l’avrei amato tanto quanto invece l’ho odiato. Assolutamente psicopatico, sociopatico, sopra le righe, non è solo il desiderio di vendetta ad animarlo ma l’odio contro tutto il mondo, il disprezzo totale della vita umana. Il personaggio che Adele ha costruito è perfetto nella sua cattiveria ed è un vero peccato non aver partecipato alla sua fine.

 

«È stato… come dire, divino. Vederli agonizzare, osservare con scientifico interesse gli effetti del veleno.» Lo sguardo di un serpente sarebbe stato più espressivo. «Sono un sapiente, mi occupo di morte, adesso. Ma forse lo abbiamo sempre fatto quando eravamo sui campi di battaglia, non è così, Rufo?»

«Quindi sei diventato uno studioso.» Anche lui si rilassò ma era solo apparenza, in realtà era pronto come un dardo incoccato.

Fusco sollevò un sopracciglio, la cicatrice si increspò in un ghigno glaciale.

«Oh sì. Studio la morte e la rossa linfa della vita» e, sempre fissandolo, sollevò il pugnale, tirò fuori la lingua e leccò il sangue fresco che macchiava la lama. Leccò con studiata attenzione, gustosa voluttà, socchiudendo appena le palpebre, girando e rigirandola attorno al metallo, su e giù, avanti e indietro. Il suo immondo appetito la rese di nuovo lucida e si godette così immensamente il tutto che, per un istante, chiuse gli occhi.

Il nostro voto massimo è 5 stelline ma avrei voluto dare veramente di più a questo libro: e ora Adele vai con Messalla!!

Recensione a cura di Madau

Editing a cura di Mytra

 

 

 

 

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