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Recensione: “L’istituto” di Stephen King

«King travolge il lettore con una storia di bambini che trionfano sul male come non ne scriveva dai tempi di It. Entrando nella mente dei suoi giovani personaggi, crea un senso di minaccia e di intimità magici… Non c’è una parola di troppo in questo romanzo perfetto, che dimostra ancora una volta perché King è il Re.» PUBLISHERS WEEKLY È notte fonda a Minneapolis, quando un misterioso gruppo di persone si introduce in casa di Luke Ellis, uccide i suoi genitori e lo porta via in un SUV nero. Bastano due minuti, sprofondati nel silenzio irreale di una tranquilla strada di periferia, per sconvolgere la vita di Luke, per sempre. Quando si sveglia, il ragazzo si trova in una camera del tutto simile alla sua, ma senza finestre, nel famigerato Istituto dove sono rinchiusi altri bambini come lui. Dietro porte tutte uguali, lungo corridoi illuminati da luci spettrali, si trovano piccoli geni con poteri speciali – telepatia, telecinesi. Appena arrivati, sono destinati alla Prima Casa, dove Luke trova infatti i compagni Kalisha, Nick, George, Iris e Avery Dixon, che ha solo dieci anni. Poi, qualcuno finisce nella Seconda Casa. «È come il motel di un film dell’orrore», dice Kalisha. «Chi prende una stanza non ne esce più.» Sono le regole della feroce signora Sigsby, direttrice dell’Istituto, convinta di poter estrarre i loro doni: con qualunque mezzo, a qualunque costo. Chi non si adegua subisce punizioni implacabili. E così, uno alla volta, i compagni di Luke spariscono, mentre lui cerca disperatamente una via d’uscita. Solo che nessuno, finora, è mai riuscito a evadere dall’Istituto. Dopo classici come L’incendiaria e It, King si mette di nuovo alla prova con una storia di ragazzini travolti dalle forze del male, in un romanzo come sempre trascinante, che ha anche molto a che fare con i nostri tempi.

Fonte della trama: Sperling & Kupfer

Una partita a scacchi si gioca oltre i confini del mondo, nel quale bambini e adulti si scontrano nella vita, ognuno sfidando l’altro a individuare le proprie mosse prima che segreti celati tra le mura dell’Istituto possano affiorare in superficie e permettere a un semplice gruppo di bambini di combattere contro il male, di spingersi a lottare contro l’umanità.

Un’ennesimo capolavoro di Stephen King è finalmente uscito in libreria, una storia ai limiti del thriller, con note di fantascienza e sfumature di crudeltà, non si tratta di un libro horror, ma la tensione psicologica che vi si respira è ipnotica.

Il racconto inizia con Tim, un uomo in viaggio, che sta cercando di cambiare la sua vita in seguito a un matrimonio fallito e dopo essere stato costretto a dimettersi dalla polizia; prosegue con Luke che, nel cuore della notte, come in un sogno, viene portato via.

Il romanzo è ambientato nel Maine, luogo in cui alcuni bambini sono stati rapiti e rinchiusi nell’Istituto. I bambini sono ignari dei motivi per i quali si trovano lì, soli. Non possono avere contatti con l’esterno, con i loro familiari, sono semplicemente scomparsi dal mondo, reclutati dal governo, o per lo meno questo è ciò che gli viene detto. Se adempiranno ai doveri che sono stati a loro assegnati riacquisteranno la libertà, gli verrà cancellata la memoria e torneranno alla vita di tutti i giorni. Dovranno anzitutto però percorrere l’iter nella Prima casa, in cui li attendono visite mediche, iniezioni e puntini colorati. Successivamente avranno accesso alla Seconda casa, ma nessun ospite dell’Istituto sa davvero cosa succeda lì, nessuno è mai tornato indietro.

I protagonisti indiscussi di questo romanzo sono un gruppo di bambini: Luke, dodicenne con un’intelligenza superiore alla norma, che ci apre le porte dell’istituto per la prima volta, Kalisha, la veterana che lo accoglie, Nick, il ribelle, George, l’amico scanzonato, Iris, fragile e sfortunata, e Avery, il più piccolo tra loro, il più dotato. Cosa hanno in comune questi bambini? Sono Tk o Tp, telecinetici o telepatici, solo raramente è possibile avere entrambe le facoltà.

Non posso non citare Maureen, il personaggio più ambiguo di tutti, quello che fino all’ultimo, non ti permette di comprendere da che parte sta, e Annie, perchè quando la pazzia superara di gran lunga la realtà può solo essere indice di geniale verità.

Ha delle pecche questo romanzo? Assolutamente sì, mi appresto a dire che se non amate i libri corposi, questo, non fa per voi, ed effettivamente, talvolta è risultato anche ai miei occhi ripetitivo, con descrizioni minuziose. L’autore ribadisce spesso aneddoti e particolari che appaiono ridondanti. Per farvi capire, c’erano pagine che sono stata seriamente tentata di tralasciare per capire come proseguiva la storia.

Da fan sfegatata dello zio Stephen non posso non aver notato i moltissimi particolari che riportavano ad altri romanzi dell’autore, da It a Carrie. Ho apprezzato quanto studio deve esserci stato alla base di una narrazione come questa, tra particolari medici, scientifici e psicologici. La storia nel suo worldbuilding è assolutamente credibile e ingannevole, lo scrittore è capace di farti credere una cosa e il suo contrario nel giro di poche pagine, senza quasi che tu possa accorgertene. Non al pari di grandi classici come “Il miglio verde”, ma commovente al punto giusto, non terrificante come “Carrie”, ma la suspense manda in ansia il lettore. Non vi è la forza dell’amicizia e del sacrificio presente in “It” ma amore e sofferenza uniscono i nostri giovani eroi fino alla fine!

Il Re è tornato? Forse non come avrei voluto, ma questo libro merita davvero di essere letto!

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