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Recensione: “L’assassinio di Florence Nightingale Shore” di Jessica Fellowes (I delitti Mitford #1)

 

 

Il 12 gennaio 1920 l’infermiera Florence Nightingale Shore ore arriva a Victoria Station nel primo pomeriggio, in taxi, un lusso che ritiene di meritare a un passo dalla pensione e dopo una vita di sacrifici. Il mezzo di trasporto si intona, infatti, alla sua pelliccia nuova, regalo che si è concessa per il compleanno e che ha indossato per la prima volta solo il giorno precedente. Dopo aver acquistato un biglietto di terza classe per Warrior Square, Florence Nightingale Shore si accomoda nell’ultimo vagone, dove attende che il treno si metta in movimento. Poco prima della partenza nel suo scompartimento entra un uomo con un completo di tweed marrone chiaro e un cappello, È l’ultima volta che qualcuno la vedrà viva.

Il giorno stesso, sulla medesima tratta, la diciottenne Louisa Cannion salta giù da un treno in corsa per sfuggire all’opprimente e pericoloso zio, che vorrebbe sanare i propri debiti «offrendo» la nipote a uomini di dubbia reputazione. A soccorrerla è un agente della polizia ferroviaria, Guy Sullivan, un ragazzo alto e allampanato, gli incisivi distanti e gli occhiali spessi e tondi che gli scivolano sempre dal naso. Affascinato dalla determinazione della giovane, Guy si offre di aiutarla a raggiungere Asthall Manor, nella campagna dell’Oxfordshire, dove la ragazza deve sostenere un colloquio di lavoro come cameriera addetta alla nursery presso la prestigiosa famiglia Mitford. Louisa riesce a farsi assumere, divenendo istitutrice, chaperon e confidente delle sei sorelle Mitford, specialmente della sedicenne Nancy, una donna intelligente e curiosa con un talento particolare per le storie, talento che le permetterà poi di essere una delle più sofisticate e brillanti scrittrici britanniche del Novecento. Sarà proprio la curiosità di Nancy a spingerla a indagare, con l’aiuto di Guy, sul caso che sta facendo discutere tutta Londra: quello dell’infermiera assalita brutalmente sulla linea ferroviaria di Brighton. Basato sul vero omicidio, rimasto irrisolto, di Florence Nightingale Shore, questo è il primo romanzo di una serie di gialli ambientati nell’Inghilterra degli anni venti e trenta, con protagoniste le sei «leggendarie» sorelle Mitford.

Sono rimasta veramente soddisfatta al termine di questo libro, primo di una serie; era un po’ di tempo che non leggevo un giallo così ben fatto e con queste caratteristiche: Londra, anni 20, quartieri poveri, giovani donne intelligenti e scaltre, un assassinio quasi perfetto, un omicida insospettabile.

In questo giallo-thriller ritroviamo molte caratteristiche che hanno fatto grandi i romanzi di Conan Doyle e Agatha Christie, con una strizzatina d’occhio a Philip Pullman e alla sua eroina Sally Lockart a cui sia Louisa che Nancy somigliano molto.

Ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto, la scrittrice ha costruito su di esso un bell’apparato scenico nel quale si muovono numerosi attori e attrici, permettendo al lettore, di volta in volta, di partecipare alle indagini e di formulare ipotesi nella migliore tradizione del giallo deduttivo. Poca violenza, ma un’equilibrata gestione degli avvenimenti che rendono la suspence immancabile; bello il personaggio del giovane e integerrimo poliziotto Guy, del quale Louisa si innamora, e che studia il caso per conto suo, non esitando a scavalcare i superiori.

Sullo sfondo della prima guerra mondiale, assistiamo a una carambola di scambi di persona, miserie umane nascoste e mascherate dal perbenismo di facciata tanto caro agli inglesi, l’evoluzione della società negli anni post-bellici, la condizione delle donne in cerca della loro indipendenza, la capacità dei nobili di rimanere aggrappati alle tradizioni sono trattati dall’autrice con una leggerezza narrativa da manuale, senza precipitare nel già visto e già letto.

Una bella novità editoriale… aspettiamo con ansia gli altri gialli che seguiranno…

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Voto Pippi Calzelunghe 5

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