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Recensione: “La tomba del tiranno. Le sfide di Apollo: 4” di Rick Riordan

Trasformato in un adolescente mortale, bandito dall’Olimpo e privato della propria sfolgorante bellezza, Apollo deve ora affrontare la perdita più grave: quella di un amico, Jason Grace. Deciso a tributare all’eroe tutti gli onori, l’ex divinità lo conduce al Campo Giove per consegnarlo alla terra cui appartiene. Ma qui lo attende un’amara rivelazione: dopo aver approntato una disperata resistenza contro gli imperatori del Triumvirato, i semidei devono respingere un nemico ancora più spietato di Caligola, Commodo e Nerone messi insieme: Tarquinio il Superbo, l’ultimo re di Roma! Presto attaccherà con le sue armate di non-morti e lo farà nel giorno più propizio, quando nel cielo scintillerà la luna di sangue e l’esercito di ossa sarà al culmine della ferocia. L’unica speranza di salvezza è trovare la tomba del tiranno, che si nasconde nel luogo più imprevedibile del mondo: sotto una luccicante, innocua giostra di cavallucci. Insieme alle amiche Meg, Hazel e Lavinia, Apollo è di nuovo pronto a una sfida. Età di lettura: da 12 anni.

Ben trovati a tutti quanti. Oggi parleremo di una lettura che ho personalmente trovato molto simpatica, non eccessivamente coinvolgente come i precedenti libri dell’autore, ma comunque da non ignorare.
Per secoli il Dio Apollo è stato il dio del sole, abusando del suo potere, importunando giovani creature e distribuendo maledizioni gratuite a chiunque gli negasse i suoi favori. Dispotico, egocentrico, prepotente e crudele, ha sempre procacciato il suo benessere personale, senza pensare alla fragilità della vita umana, senza provare compassione per i fedeli devoti che lo omaggiavano alla ricerca della sua guida e dei suoi favori.
Zeus/Giove, però, ormai stanco del suo comportamento, prenderà una decisione crudele nei suoi riguardi, privandolo della sua divinità e reincarnandolo in un ragazzo mortale, Lester, al servizio della giovane Meg. Apollo/Lester, per recuperare i favori dei suoi pari, dovrà far fronte a una profezia scritta apposta per lui, sconfiggendo i tre antichi imperatori (Commodo, Nerone e Caligola) e l’ultimo re di Roma, Tarquinio, per impedire loro di tornare nel mondo e prenderne possesso. Ma c’è un’altra profezia, o per meglio dire una maledizione, scagliata da Venere su di lui e la bella Reyna, a capo dei semidei di Roma. Una maledizione che ha lo scopo d’impedirgli d’insidiare la ragazza, destinata a grandiosi eventi.
In questo secondo libro della saga il nostro Apollo deve compiere una missione dolorosa: riportare al Campo Giove la salma del suo amico Jason, morto in missione per proteggerlo. Ora Apollo/Lester deve affrontare il dolore umano come non ha mai fatto prima. La perdita, il senso di colpa, la speranza in un finale migliore sono sensazioni e stati d’animo che lentamente gli fanno capire la gravità delle sue azioni: dalla tragedia di Dafne alla crudeltà avuta con la sibilla Cumana, per non parlare di quello che aveva compiuto nei riguardi della madre di suo figlio Asclepio, Coronide. Tutto ciò piomba su di lui come un macigno, atterrandolo nella mente e nell’anima. Ogni prova e ogni disgrazia che i suoi amici devono affrontare, sono il frutto dei suoi errori del passato.
Anche l’attacco dei non morti, guidati da Tarquinio, fa parte del pacchetto, portandolo ad una presa di coscienza alla quale non avrebbe mai aspirato prima.
Apollo arriva al campo, insieme a Meg e alla bara di Jason. Subendo un attacco dagli eurynomos, alcune creature non morte dell’antico re, che non vogliono farli arrivare a destinazione, viene ferito. Con l’aiuto della sua amica e di Lavinia e Hazel, due semidee del campo, riesce a salvarsi, ma la ferita infertagli non è curabile. Imparando il dolore, riuscirà comunque ad affrontare le difficoltà della lotta, rincontrerà vecchi amici come Tyson, Ella e Frank, pretore insieme a Reyna del Campo Giove, e investigherà sulla risoluzione degli enigmi proposti, perché uno degli obbiettivi di Tarquinio sarà quello di rimettere le mani sui Libri Sibillini, scritti dalla Sibilla Cumana e a lui poi sottratti. Quei libri, ora, sono proprio nelle mani di Tyson ed Ella, divenuti loro custodi, e ben protetti dai semidei del campo.
Apollo è conscio di dover proteggere tutti, ma in quella condizione di mortale, per di più con una grave ferita da sopportare, raggiunge la consapevolezza di essere incapace di affrontare le sue responsabilità e di essere la causa delle disgrazie che si sono abbattute sugli unici amici che il fato gli ha concesso.
Riuscirà Apollo/Lester a sconfiggere i suoi avversari e a proteggere il Campo Giove dai suoi acerrimi nemici? Riuscirà a proteggere i Libri Sibillini? Il fato gli consentirà di espiare le sue innumerevoli colpe?
Anche in questo libro Rick Riordan è stato in grado di portarci nella sua dimensione onirica, di semidei e creature fantastiche, regalandoci momenti molto piacevoli e di particolare ilarità. Ho apprezzato molto soprattutto il modo in cui riesce a far accostare un probabile giovane lettore al concetto di perdita e all’elaborazione del dolore, come nel caso del lutto di un familiare o di un amico sincero. Non c’è un personaggio in particolare che mi ha colpito, muovendosi tutti come nel coro di un’opera, fluidi ma compatti allo stesso tempo. La saga però, secondo me, non raggiunge le vette liriche di quella del suo predecessore, Percy Jackson, perdendo un po’ in consistenza. Sicuramente più sarcastica, rimane comunque una lettura dilettevole e simpatica.
Allora mie Fenici, pronte ad avventurarvi nei miti dell’antica Roma?
Arrivederci e a presto!

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