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Recensione Inedito: “The bones beneath my skin” di T.J. Klune

    Care Fenici, è per noi un grande onore ospitare la recensione di un inedito di TJ Klune, oggi Annemarie, infatti, ci parla di “The bones beneath my skin”, in uscita in America il 26 ottobre prossimo

Nella primavera del 1995, Nate Cartwright ha perso ogni cosa: i suoi genitori sono morti, suo fratello maggiore non vuole avere nulla a che fare con lui ed è stato licenziato dal giornale di Washington D.C. dove lavorava come giornalista. Senza più altro da perdere, ritorna alla baita estiva di famiglia che si trova proprio fuori dalla piccola città montana di Roseland, Oregon, per cercare di recuperare un po’ la direzione della sua vita. La baita dovrebbe essere vuota. Non lo è. Dentro c’è un uomo che si chiama Alex. E con lui una straordinaria bambina che si fa chiamare Artemis Darth Vader. Artemis non è esattamente ciò che sembra. Presto a Nate diviene chiaro di dover fare una scelta: o lasciarsi affogare dai ricordi del passato o lottare per un futuro che non ha mai pensato fosse possibile. Perché quella bambina è speciale. E forze oscure incombono su di loro allo scopo di controllarla.

Ho ricevuto questo romanzo, di TJ Klune, come copia staffetta per la recensione in anteprima. È un onore grande, questo, per me, perché – lo dico immediatamente senza girarci troppo attorno – si tratta di un libro bellissimo. E poter leggere in anticipo qualcosa di così originale, scritto da un autore che venero, è davvero qualcosa di magico.

The bones beneath my skin è, ho detto, un libro speciale. Si tratta della prima esperienza da parte di TJ Klune con il self-publishing e già questo fatto basterebbe a definirlo in questo modo. Ma non è l’unica ragione: “Bones” è differente da tutti quelli che TJ ha scritto fino a oggi, e più avanti vi spiegherò perché.

Ambientato nel 1995, sui monti dell’Oregon, appena fuori una piccola cittadina Rosewell (gli estimatori di TJ Klune riconosceranno immediatamente sia la piccola cittadina, che  Big Eddie, protagonista di Into this river I drown, altro romanzo anch’esso ancora inedito, dalle tinte fosche e fantasy pubblicato qualche anno fa con la Dreamspinner Press), “Bones” si può forse definire un urban sci-fi, che esplora il tema della diversità in modo differente: il romanzo introduce Nate Cartwright, ventinovenne fallito, e apparentemente senza futuro. Scacciato da casa anni prima da un padre omofobo, di fronte a una madre inerme, che il protagonista ha sempre condannato come complice, Nate nel giro di pochissimi giorni si ritrova praticamente ad avere la propria vita in stallo. Licenziato dal giornale dove lavorava come giornalista, riceve la notizia tremenda che i genitori sono entrambi morti tragicamente; si è trattato di un omicidio/suicidio perpetrato dal padre. La tragedia inizialmente lo lascia freddo, ma al contempo sotto shock. Pur non avendo loro notizie da anni, il dolore che prova è così forte da non riuscire a elaborare quel lutto, precipitando in una sorta di silenziosa apatia. Il fratello maggiore, anch’egli sparito il giorno in cui Nate è stato messo alla porta dal padre, perché gay, gli comunica che la baita sui monti nell’Oregon, quella dove andavano da bambini a trascorrere le vacanze estive, e un vecchio furgone scassato sono le uniche proprietà che i genitori gli hanno lasciato in eredità. Nient’altro. Non un biglietto da parte del padre per spiegare il perché di quel gesto, non un messaggio da parte della madre per chiedergli scusa di averlo abbandonato per anni senza mai più contattarlo. E Nate decide di andare proprio in quella capanna di legno, sperduta in mezzo agli alberi, per tentare di recuperare un po’ di consapevolezza e decidere cosa fare della propria vita da lì in avanti. Ma la baita non è vuota: dentro vi sono un uomo armato e una bambina bionda dagli incredibili occhi verdi.

Non racconterò oltre di questa trama articolata e complessa, perché il lettore deve essere lasciato quanto più possibile all’oscuro su di essa: tanto meno saprà, tanto più forte la sorpresa nel leggere.

L’attacco narrativo di The bones beneath my skin è lento, lentissimo. TJ Klune si sofferma a lungo nel raccontare gli antefatti della vita di Nate e, soprattutto, a dipingerne i sentimenti che lo opprimono: tristezza, rabbia, sconforto, solitudine. L’incontro con i due intrusi nella baita non è certamente tra i più conviviali, e la crescita del rapporto tra i tre protagonisti è graduale. La fiducia che si instaurerà tra loro non può essere sdoganata velocemente, Klune non sbaglia a mantenere un passo quasi da bradipo nel mostrare le dinamiche relazionali tra i tre. Il personaggio di Artemis, la bambina “speciale” dagli occhi verdi, è stupendo: solare, irradia luce a ogni parola e Klune è un mago nel descriverla in maniera grafica e tridimensionale. Alex, l’uomo che l’accompagna, è reso altrettanto bene; sembra infatti insinuarsi nell’intimo del lettore, quasi di soppiatto, e dà l’impressione che cresca mano a mano che la storia si dipana, quasi dall’interno.

Il romanzo è sostanzioso, più di trecento pagine, ma la lettura non è mai pesante, mai noiosa anche nelle prime parti più lente. I colpi di scena, i momenti di grande tensione e azione sono davvero avvincenti ed emozionanti. Alla fine si chiude il libro sentendosi appagati e un po’ sognanti, ma soprattutto orfani dei personaggi che si è appena lasciato.

The bones beneath my skin non è un romanzo comico, quella comicità che TJ Klune ci ha abituato ad apprezzare e che tanto amiamo; è permeato di una drammaticità riflessiva latente, anche se alcune pagine di puro lirismo fanno da contrasto all’atmosfera cupa generale dell’intreccio. Klune è un maestro nel parlare di diversità a più livelli, di alieno e non convenzionale e in questo testo lo fa con particolare intensità descrittiva. L’assenza totale di scene sensuali, poi, depura la storia d’amore, che nasce in questo contesto, da ogni scoria di volgarità e la rende forte e potente. Lo stile è luminoso, in grado di mostrare la purezza delle passioni e dei sentimenti narrati.

I received a copy of this novel by TJ Klune as a sample for the preview review. It is a great honor, this, for me, because – I say it immediately without turning around too much – this is a beautiful book. And being able to read in advance something so original, written by an author that I venerate, it’s really something magical.

The bones beneath my skin is, I said, a special book. This is the first experience of TJ Klune with self-publishing and this fact would suffice to define it in a  way. But it is not only the only reason: “Bones” is different from all those that TJ has written up to today and later I will explain to you why.

Set in 1995, on the Oregon mountains, just outside a small town Rosewell, (TJ Klune’s fans will immediately recognize both the small town and Big Eddie,  main character of Into this river I drown, another novel still not translated into italian, full of dark colors and fantasy genre, published a few years ago with the Dreamspinner Press) “Bones” can maybe defined an urban sci-fi that explores the theme of diversity in a different way: the novel introduces Nate Cartwright, twenty-nine, failed and apparently without a future. Thrown out from hisn family home a year before by a homophobic father, in front of a helpless mother that the protagonist has always condemned as an accomplice, Nate in a matter of a few days finds himself practically having his life stalled.

Fired from the newspaper where he worked as a journalist, he received awful news that his parents both died tragically; it was a suicide homicide perpetrated by his father. The tragedy initially leaves him cold, but at the same time in shock. Although he has not heard from them for years, the pain he feels is so strong that he can not process that grief, precipitating into a sort of silent apathy. The eldest brother, who also disappeared the day Nate was knocked out by his father because he was gay, tells him that the mountain cabin in Oregon, where they went as children to spend their summer vacation, and an old battered truck are the only properties that their parents have left to him. Nothing else.

Not a card from his father to explain the reason for that gesture, not a message from his mother to apologize for having abandoned him for years without ever contacting him again. And Nate decides to go right into that wooden cabin lost in the middle of a  wood to try to recover a little  of his awareness and decide what to do with his life from there onwards. But the cabin is not empty: inside there is a man with a gun  and a blond girl with incredible green eyes.

I will not tell more than this articulated and complex plot because the reader must be left as far as possible in the dark about it: the less he will know, the stronger the surprise in reading will be.

The bones beneath my skin‘s narrative beginning is slow, very slow. TJ Klune dwells a long time in depicting the background Nate’s life, and especially to paint the feelings that oppress him: sadness, anger, despair, loneliness. The encounter with the two intruders in the cabin is certainly not among the most convivial, and the growth of the relationship between the three protagonists is gradual, the trust that will be established between them can not be cleared quickly; Klune is not wrong to keep a sloth-like path in showing the relationship dynamics between the three. The character Artemis, the “special” girl with green eyes is wonderful: solar, radiates light with at every word she pronounces and Klune is a master in describing it in a graphic and three-dimensional way. Alex, the man who accompanies her is made just as well; it seems in fact to creep into the deep of the reader’s soul  almost stealthily and gives the impression that it grows as the story unfolds, almost from within.

The novel is substantial, more than 300 pages, but reading is never heavy, never boring even in the slowest parts. The twists, moments of great tension and action are really exciting and emotional. At the end, the book is closed feeling satisfied and a bit dreamy, but especially the reader will feel like an orphan to the characters that has just left.

The bones beneath my skin is not a comic novel, that comedy that TJ Klune has accustomed us to appreciate and that we love so much; it is permeated with a latent reflective drama, even if some pages of pure lyricism contrast the general dark atmosphere of the plot. Klune is a master in speaking of multi-level, alien and unconventional diversity and in this text he does so with particular descriptive intensity. The total absence of sensual scenes then, purifies the love story that is born in this context from every scum of vulgarity and makes it strong and powerful; the style is bright, able to show the purity of the passions and feelings told.

General assessment: Five stars, Sensuality: 1 star, Violence: 3 stars

 

 

 

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