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Recensione: Il principe degli Sciacalli di Rebecca Moro -ciclo Saga dei Quadranti #1-

 

Titolo:Il principe degli Sciacalli

Autore: Rebecca Moro

Serie: ciclo Saga dei Quadranti #1

Editore: Fanucci Editore

Genere:Fantasy

Data di pubblicazione 4 ottobre 2018

In una manciata di giorni e in una lunga notte di sangue, la Schiera degli Sciacalli è riuscita a invadere il più forte tra i Quadranti dell’Impero umano, travolgendo la famiglia del Mastro e il suo stendardo. Nessuno degli storici alleati è accorso in loro aiuto e i Ti-jak, una razza di bestie semiumane dai corpi massicci e ricoperti di squame, hanno falciato qualsiasi resistenza. Gli unici sopravvissuti dei Daven-Furus, il principe Raven e le principesse Sarissa e Ioni, non possono che sottomettersi alla triade a capo degli invasori: Raven diventerà lo schiavo del Jekret, la guida militare, mentre le sorelle saranno date in sposa per rafforzare il seme di quella genia ripugnante ma invincibile. Ciascuno di loro sarà chiamato alla scelta più difficile: mutare a caro prezzo la propria natura, assumendo un ruolo non previsto in un destino avverso e ostile, fino a quando ciò che sembra un abisso senza fine, potrà trasformarsi in un’occasione di rinascita. Dalla fortezza tra le rocce di Rovelia sino alle cime proibite di Lacan, dalla polvere dei deserti alle torri di Mnar, il tempo del Quadrante di nordest scorre inesorabile verso la rovina, ma non è detto che gli invasori siano gli unici nemici. E talvolta persino un’alleanza con le bestie può rappresentare l’ultima speranza di salvezza. Il primo avvincente capitolo della Saga dei Quadranti. Sul campo di battaglia, dove oltre alle armi contano anche i sentimenti, il cruento confronto tra l’uomo e la bestia. Un fantasy che penetra l’abisso più profondo della natura umana per scatenare i suoi demoni, nella tradizione delle grandi saghe epiche e indimenticabili.

Devo fare una premessa, ho acquistato questo libro incuriosita dalle recensioni negative a riprova del fatto che “nel bene o nel male, purché se ne parli” ha ancora senso. D’altronde per un’amante del gore come me, le recensioni esasperate di chi ha trovato troppa violenza nel romanzo non potevano che stuzzicare la mia fantasia.

E la Moro non lesinerà su descrizioni truci e violente, né su stupri e omicidi per la mia gioia, però, lo farà mantenendo un narrato elegante, mai volgare, mai eccessivo. 

 

Il Quadrante dei Daven-Furos è il più florido dell’Impero di Mnar. Il più ricco e il più invidiato. Orgoglio e vanto del Mastro del Quadrante Rufus e della sua famiglia.

Tutto viene distrutto in poche, terribili ore, la Schiera dei Ti-Jak arriva, distrugge, devasta e non lascia nulla alle proprie spalle.

I nostri protagonisti sono i tre figli del Mastro, il principe Raven e le principesse Sarissa e Ioni.

Mentre le due sorelle attendono il proprio destino nascoste, il principe affianca suo padre nella disperata difesa della Rocca. Tutte le sue certezze vengono distrutte quando le difese crollano, il Mastro viene assassinato e lui gravemente ferito. Non ha alternative, non ha scampo e quindi tenta l’unica, disperata, via che gli si prospetta. Compie atto di Devozione e si offre come schiavo del Rar-Ti-Jekret con tutto ciò che rimane della propria famiglia, della propria terra e delle sue genti, nella speranza che la Schiera non distrugga ciò che gli appartiene di diritto.

Da questo momento le storie dei protagonisti e dei loro nemici si intrecciano con i popoli vicini, con vecchi nemici e con amici che forse non si riveleranno tali. I personaggi sono finemente tratteggiati, caratterizzati alla perfezione e l’arco di trasformazione che compiono è notevole. L’unico personaggio statico è forse la giovane Ioni, ma non è un difetto, la sua indole attenta, la sua intelligenza vivace e il suo senso pratico ne fanno un’ ottima figura da subito, e non ha quindi, bisogno di grandi upgrade.

La sorella maggiore Sarissa è probabilmente quella che compie la trasformazione maggiore, vanesia e viziata: il fiore della Rocca non avrebbe accettato altro marito se non un ricco e colto principe di un Quadrante amico. Non comprende la decisione del fratello, non ne capisce l’assoluta mancanza di alternative, nemmeno quando lo vede trascinato al guinzaglio come un cane, ferito, umiliato. Nemmeno quando viene torturato e stuprato. Tutto il suo mondo e le sue emozioni ruotano attorno al fatto che sarà data in sposa al Bemar, il portatore del seme dei Ti-Jak. Sì, questo porterà qualche piccolo e probabilmente letale inconveniente, ma al momento della sua frustrazione, Sarissa ancora non lo sa. Ovviamente non vi parlerò del bellissimo arco di trasformazione di questi due personaggi o lo spoiler sarebbe troppo grande e, invece, vale la pena di leggerlo con i propri occhi.

La parte davvero ostica da digerire, e dalle recensioni che ho letto in giro non sono stata l’unica a ricorrere al bicarbonato, è l’aspetto della Schiera.

Sì, perché sarebbe stato più facile immaginare un nemico potente che poi impari a rispettare e, addirittura ad amare, se il nemico fosse stato un uomo bello e possente, un elfo dall’aspetto efebico, un vampiro sexy da togliere il fiato o un licantropo tutto muscoli e testosterone. I Ti-Jak però sono dei lucertoloni albini di due metri, ricoperti di squame e con artigli che il guanto di Freddy Krueger, al confronto, è un gratta schiena. La Moro però è talmente brava a entrare nella psiche dei personaggi, di Sarissa e di Raven soprattutto, talmente capace nel mostrare le loro emozioni, i loro dubbi, speranze e paure, da far diventare accettabile quelle che dovrebbero essere delle scene raccapriccianti. Ovviamente non mi riferisco agli stupri, quelli raccapriccianti erano e raccapriccianti sono rimasti, ma ciò che avviene dopo, per quanto difficile da accettare, diventa naturale.

La trama intorno ai protagonisti si muove tra intrighi e cospirazioni, volti ovviamente, al potere sul Quadrante e su tutto l’Impero e, per quanto non sia tra le più originali del mondo è ben resa e nessun dettaglio è lasciato al caso.

Quello che davvero mi ha colpito è stata la cura nella creazione dei mondi, delle culture e delle tradizioni di popoli tanto lontani tra loro. La Moro crea un pantheon di divinità, cerimonie religiose, riti, cosmogonie, sacerdoti e superstizioni tanto perfette da essere plausibili. Potrebbe scrivere una serie di spin-off solo sulla sua mitologia. Ciò che ho apprezzato meno invece sono state le descrizioni eccessive di alcuni ambienti e i flashback che non amo in generale, men che meno quando riguardano cose accadute poche ore prima.

Tirando le somme, questo non è un romanzo per tutti, alcune descrizioni e soluzioni possono turbare gli animi sensibili, e non lo dico tanto per dire. Temi come stupro, omicidio, riduzione in schiavitù, una dose niente male della sindrome di Stoccolma non sono adatti a tutti i palati. Ma non sono il focus del libro. Il punto di forza della trama è la crescita dei protagonisti, la loro evoluzione e tutto quello che hanno fatto o subìto per maturarla.

Recensore Polly

 

 

 

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