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Recensione: “Away” di Laura Nottari (serie Away #1)

Care Fenici, oggi Cap ci parla di “Away” di Laura Nottari (serie Away #1)

Alla ventitreenne newyorchese Hayley Jones non sembra mancare nulla; bellezza, soldi, vestiti costosi, studi brillanti e uno spazioso loft nell’Upper East Side. È tutto lì, racchiuso in lussuose mura insieme ai suoi hobby preferiti: serie tv, margarita e videogiochi. Dopo la morte dei genitori, però, Hayley si chiude in se stessa. La sua ossessione diventa Il regno di Aishtale, un videogioco GdR scovato online, nel quale si isola per mesi, costruendosi una vita alternativa lontana dal dolore, dalle responsabilità e soprattutto dalla realtà. Tutto questo, però, non può durare, ed è il gioco stesso a ricordarglielo. Per la triste gamer è giunto il momento di aprire gli occhi e crescere, e quale miglior modo per farlo se non in un altro, di mondo? Risvegliata nelle lande del videogame, Hayley si farà strada in una società medievale scandita da regole, usi e costumi incomprensibili. Inaccettabili per una donna di altri, futuri tempi. Il destino e i sentimenti della ragazza di New York si intrecceranno con quelli di Clarence, un umile fabbro. Questi, prendendola sotto la sua ala protettrice, la introdurrà nel borgo di Levongrest, un luogo agli antipodi rispetto a New York ma che, nel bene e nel male, diventerà una nuova casa. Fato e amore, fuga o accettazione, passato e futuro, si ricongiungeranno nel destino di un regno all’apparenza inesistente. La guerra, presto, busserà alle porte del regno di Aishtale. Un altro mondo, un’altra realtà, un amore in cambio di una vita e di un’identità riscritte completamente da zero.

 

Una ragazza dei giorni nostri catapultata nel Medioevo. Una protagonista femminile emancipata e un rude (e fighissimo) fabbro cosa possono avere in comune?

Con questa trama il libro rischiava di apparire “scontato”, l’autrice ha compiuto una scelta coraggiosa e, a parer mio, l’ha vinta. La storia è ben scritta e in grado di coinvolgere il lettore. I personaggi sono per lo più credibili e divertenti. Forse Hayley è un pochino sopra le righe in alcuni atteggiamenti: per quanto sia emancipata, se rischia la vita ogni volta che apre bocca dovrebbe imparare presto quanto possa costarle un simile atteggiamento, invece lei insiste, imperterrita.

Ho trovato qualche refuso di poco conto ma questo self è comunque più curato della maggior parte dei libri che ho letto ultimamente. A volte “self” è sinonimo di lavoro affrettato e raffazzonato alla bell’e meglio, ma non è questo il caso. Forse i lettori sono disposti a passare sopra a tante piccole o grandi imperfezioni, se la storia è avvincente, ma ciò non significa che abbiano il prosciutto sugli occhi, e io ho apprezzato davvero tanto la cura e il lavoro fatto su questo testo.

Un’ingenuità riguardo le età dei personaggi: a trentaquattro anni un uomo di quel periodo non si poteva definire giovane, e anche l’erede del barone, a venticinque anni, avrebbe dovuto già avere un ruolo nel suo regno, non allenarsi ancora come apprendista.

La scrittura è scorrevole, le prime pagine forse arrancano un po’ ma poi gli eventi si fanno interessanti. L’ho letto in due giorni e l’impressione che mi ha lasciato è positiva; capisci che un libro “funziona” non soltanto mentre lo leggi ma anche dopo che lo hai finito, se continui a pensare a qualcosa della storia vuol dire che ti ha colpito.

Naturalmente ho odiato l’autrice perché fa parte di una serie, mille peripezie cercheranno di separare i due amanti e a noi non resta che attendere l’uscita del nuovo libro per scoprire quando e come si ricongiungeranno.

 

 

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